Porta del Vento winery

DSC_0065

Oggi ti porto in un posto memorabile, di quelli che ti s’attaccano al cuore attraverso un’immagine, un odore, un refolo di vento e un raggio di sole; ti porto mano manuzza a pochi chilometri da Palermo sulle colline di Camporeale a circa 600 m sul livello del mare, nell’azienda vinicola Porta del Vento di Marco Sferlazzo.

cipresso

DSC_0077
Ho approfittato dell’evento enoturistico dell’anno, Cantine Aperte 2018, per godere da vicino la bellezza della coltivazione della vite fino al suo prodotto finito, il vino. Dall’ingresso all’azienda, un filare di cipressi sempervirens accompagna fino alla cantina, scherma il vento che tipicamente soffia in questa vallata -da cui il nome-, e dà riparo alla ginestra in piena fioritura dal giallo abbacinante e dal profumo forte che ritroverò, dopo, anche nel vino.  Conosco bene la permacultura e il metodo di progettazione di gestione ecosostenibile degli spazi urbani e agricoli e i suoi tre principi fondamentali:

  1. la cura per la terra
  2. la cura per le persone
  3. stabilire limiti al consumo e alla riproduzione, e ridistribuzione del surplus

ma non avevo mai visto sul campo l’attuazione di questi e l’amore per la vite.

vigna

DSC_0050
Nel vigneto di Porta del Vento la coltivazione segue le regole della permacultura, in sinergia con il territorio e con le associazioni colturali, ottenendo un vino biologico certificato. Delle piante di rose sono collocate ad inizio del filare, usate come sentinelle per avere evidenza immediata di eventuali patologie, parassiti e carenze minerali. L’osservazione e l’interazione con la coltivazione è costante, anche l’integrazione è valorizzata; alcuni alberi di noce esistenti, collaborano al completamento del sistema agricolo, le erbe vengono lasciate crescere tra i filari a protezione del dilavamento del terreno, valorizzando la diversità della moltitudine di erbe spontanee.

DSC_0097

Per evitare l’uso delle concimazioni chimiche Marco ricorre alle risorse che la natura mette a disposizione gestendo più specie vegetali e sfruttando la simbiosi sotterranea delle stesse; ecco che, nella nostra passeggiata nel vigneto, scorgo delle piante di fave per migliorarne la fertilità. Mi sono documentata e ho letto che le leguminose sono in grado di produrre una grande quantità di biomassa che serve a reintegrare la parte organica del terreno dopo l’impoverimento della vendemmia. Non so ancora come, ma provvederò a documentarmi meglio.
Un’altra considerazione che mi preme raccontarti è legata all’ultimo dei principi fondamentali della permacultura, quello della limitazione della produzione; “la resa è bassa” ci racconta Marco , “circa quaranta quintali per ettaro”. E la scelta di coltivare un vitigno di catarratto con piante vecchie di cinquant’anni comporta la maturazione d’uva di buon livello, anche quando l’annata è sfavorevole ma la produzione è ridotta. La vendemmia viene fatta a mano e l’uva appena raccolta viene trasferita in cantina per la fermentazione e le successive lavorazioni.

botte

porta del Vento_00006

DSC_0042

DSC_0051

DSC_0037

Dopo il tour tra i filari con cambiamenti di dislivello e panorami mozzafiato, siamo passati con grosse aspettative e affamati di sapere, alla degustazione raccontata da Marco e supportata con il cibo delizioso preparato dalle mani sapienti di Mira. Esperti padroni di casa e incantatori di ospiti, raccontano la loro avventura dello spirito tra sudore e sacrifici per allargare la base agricola, renderla sostenibile ed etica; io penso che abbiano centrato l’obiettivo.

catarrattocalicecalice e sottopiatto

perricone

perricone 2voria bianco

voria rosè

calice ambrato gli arancioni

l’annosa questione, masculu o fimmina

arancine abburro e voria bianco_00005

Oggi Santa Lucia è; in tutto il mondo si festeggia ‘sta Santuzza in moltissimi modi.
In Sicilia non si mangia pasta e nemmeno pane, alcuni  panifici addirittura non aprono nemmeno; in teoria dovrebbe essere una giornata di digiuno e invece si concentrano tante di quelle leccornie memorabili. Sicuramente vige un imperativo; FRIGGERE!

Ora ti cuntu du’ cosi: io sicula sono!
E questa è una, l’autra cosa che t’ha diri è chista, assettati.
Appena diciottenne menn’eppi agghiri fora a studiare, lassai Messina, mia città natale e fici cinc’anni a Firenze; penso che ‘sta cosa mi aprì ‘u ciriveddu. Mi sono convinta che i campanilismi siano una cosa detestabile, sono un’assertrice del bello e del buono in ogni latitudine; sono una persona mite e dove vado mi adeguo, non scasso i cabasisi a nuddu se nessuno li scassa a me.
Fatta ‘sta premessa ti dico che i venticinque anni di vita vissuta fino a ora li passai ‘n Paliemmu dove campo ancora, a Dio piacendo. Ora l’annosa questione che mi vede nel menzo è la solita: in quasi tutta la Sicilia quelle palle di riso condite sunnu masculi e a Palermo, invece, sunnu fimmine. In effetti quello che cunta l’accademia della crusca mi convince ‘n’anticchia e cioè che la palla tonda un’arancia pare e quindi, a rigor di logica, è una piccola arancia, dunque arancina. E ci sta. Ma quelli a punta? Ammia mi parunu masculi!
Comunque, io su ‘sta cosa ci babbìo assai e vorrei che ci babbiassero tutti, appellando queste succulente bombe fritte come chiù ci piaci.
Mancia e zittuti, in primisi picchì non si mangia con la bocca china e in secundisi picchì, se t’assetti allato ammia, ti dugnu in mano un calice di vino e t’arricrii. Pensavo a un vino mosso, un frizzante bello allegro rosato per le arancine accarne e bianco per quelle abburro, secunnu mia si maritano perfettamente.
Anzi, picchì non ci facciamo una bella gita alla cantina Porta del Vento sulle colline del territorio di Camporeale? E’ in provincia di Palermo, un luogo memorabile; che fa, organizziamo? Ah, si il vino, Voria si chiama.

arancine abburro e voria bianco_00003arancine abburro e voria bianco_00004

Arancini di riso accarne e abburro
Difficoltà: difficile
Preparazione: 1 ora
Cottura e riposo: 2 ore circa
Ingredienti per 4 arancini grandi o 6 chiù nicareddi

Per il riso:

500 g di riso per risotti, ho usato il carnaroli
2 foglie d’alloro
50 g di parmigiano grattugiato
50 g di ricotta infornata
25 g di burro
80 ml di salsa di pomodoro pronta
Un uovo
pepe
sale

Prepara il riso portando a bollore abbondante acqua salata con l’alloro, cuoci il riso e portalo a metà cottura, scolalo e condiscilo con i formaggi, il burro, l’uovo sbattuto e il pepe. Dividi il composto in due parti e condisci una parte con la salsa. Fai raffreddare completamente, per almeno due ore. Nel frattempo prepara il ragù

 Ingredienti per il ragù:

150 g di tritato misto, vitello e maiale
mezza cipolla rossa
mezza carota
mezza costa di sedano
250 ml di salsa di pomodoro
2 foglie d’alloro
50 ml di vino bianco secco
mezzo cucchiaio di estratto di pomodoro
50 g di piselli sgranati
20 g di olio extra vergine d’oliva
un pizzico di zucchero
un pizzico di bicarbonato di sodio
noce moscata
sale
pepe

Trita finemente la cipolla con il sedano e la carota; poni il battuto dentro una casseruola e soffriggi con l’olio, metti la carne e fai insaporire; sfuma con il vino e aggiungi il concentrato di pomodoro. Amalgama mescolando. Unisci i piselli, la salsa e le foglie d’alloro, una grattugiata di noce moscata, il sale, il pepe, lo zucchero e il bicarbonato di sodio. Copri con un coperchio lasciando un cucchiaio di legno tra il coperchio e il tegame, abbassa la fiamma al minimo e fai pippìare per circa un’ora.

 Per il ripieno e la finitura:

100 g di provola dolce tagliata a dadini ( ti servirà anche per farcire quelli al burro)
200 g di farina di rimacinato
400 g d acqua
pan grattato
Olio extra vergine d’oliva oppure olio di semi

Realizzazione degli arancini:

Intanto t’ha diri ‘na cosa: bagnati le mani per la preparazione di ogni arancino e prepara la finitura; una ciotola con la pastella preparata amalgamando la farina con l’acqua, aggiusta di sale, n’anticchiedda e una con il pangrattato, poi prendi  una cucchiaiata di riso condito con la salsa, mettilo in una mano messa a conca, plasmalo allargandolo, riempiti con un cucchiaio di ragù e un paio di dadini di provola. Copri tutto con altro riso e forma l’arancino realizzando una palla. A ‘sto punto diventa arancina! Un’arancia piccola. Passa le arancine dentro la pastella e poi nel pangrattato e ponile su un piatto.

Arancini al burro

arancine abburro e voria bianco_00000

25 g di burro a dadini
25 g di prosciutto cotto tagliato a dadini

Recupera il composto di riso e formaggi rimasto e realizza gli arancini abburro con la stessa modalità usata per quelli accarne  realizzando una forma allungata per distinguerli e farcendoli con pezzetti di formaggio, qualche dadino di burro e qualche quadratino di prosciutto cotto; passali dentro la pastella, nel pan grattato e infine friggi in una casseruola dai bordi alti e piena d’olio bollente per pochi minuti, fino a doratura girando delicatamente con due forchette o una schiumarola.

arancine abburro e voria bianco_00002

arancine abburro e voria bianco_00001