soffici pancake russi

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I blini sono delle frittelle russe, molto simili ai pancake, chiù nicareddi, da provare assolutamente. Sono preparati con  farina di grano saraceno, latte e yogurt; sono un delicato supporto a gusti risoluti, accippati, come il caviale e il salmone affumicato; almeno così vorrebbe la tradizione d’iddi. I francesi, invece, preferiscono ridurre il pesce in un composto spalmabile, fa molto chic, secunnu mia. Io fici come la testa mi fici riri.
Ho realizzato una finitura a base di pesce azzurro, accattai uno sgombro e l’ho cotto in un tegame, dopo averlo eviscerato, con un battuto di sedano, carota e scalogno poca acqua e un cucchiaio d’olio; poi l’ho sfilettato con tantissima pacienza e l’ho condito con un cucchiaio d’olio extravergine d’oliva e qualche goccia di lime. A parte ho lessato in acqua salata, 250 g di asparagi, mondati e lavati, dai quali ho prelevato solo le punte, il resto l’ho utilizzato per condire un piatto di pasta a base di verdure. Ho impiattato distribuendo sui blini una foglia di basilico, parte del pesce cotto e insaporito e un paio di punte d’asparagi. È un antipasto leggero e scenografico. Se non ti va di stare a pulire e cucinare il pesce, puoi ovviare con dello sgombo in scatola al naturale, non sarà la stessa cosa ma megghiu di nenti.

per 12 blinis
100 g di farina di tipo 0
50 g di farina di grano saraceno
150 ml di latte
150 g di yogurt greco
burro
un uovo e due albumi
un pizzico di zucchero
8 g di lievito in polvere o se preferisci 4 g di lievito di birra
scalda il latte, appena appena, mescola lo yogurt; aggiungi le farine, lo zucchero, il tuorlo e il lievito. Sbatti a neve gli albumi e poi aggiungili al composto con movimenti dall’alto verso il basso per non smontare il composto. Copri e fai lievitare per circa un’ora in un luogo tiepido. Ungi un padellino con un velo di burro e cuoci, a fuoco basso, un cucchiaio colmo di pastella. Appena sulla superficie si formeranno dei buchetti è il momento di girare le frittelle per cuocerle dall’altro lato. Poni su un piatto al caldo e cuoci la pastella rimasta allo stesso modo. I  blini vanno serviti tiepidi quindi ti consiglio di prepararli in anticipo perché ci vuole tempo, almeno un’ora per cuocerli tutti, e poi di scaldarli in forno prima di servire.

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tutto in un piatto

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Non avevo mai usato le foglie di cavolo nero, assaggiate forse una volta in vita mia, posso dirti che sono ottime e resistenti anche dopo scottate. Infatti si prestaru ad avvolgere un ripieno delicato di zucca e pesce spada. Ci puoi fasciare chiddu chi voi. Io avevo una fetta di pescespada che ho ridotto a fettine sottili e tagliato a misura per realizzare gli involtini, ho semplicemente cotto e aromatizzato la zucca e lessato del riso basmati; ‘stu piatticeddu mi vinni tutto a scinniri, facile facile e unico.

involtini di foglie di cavolo nero, zucca e pescespada
per 4 cristiani:

200 g di foglie di cavolo nero
600 g di zucca decorticata e tagliata a cubetti
220 g di pesce spada tagliato sottile, quasi un carpaccio
2 cm di zenzero grattugiato
6 foglioline di salvia tritate
1/2 cipolla
uno spicchio d’aglio degerminato
100 ml di acqua
50 ml di vino bianco secco
80 g di mollica di pane raffermo condito con cipollina, pomodoro, parmigiano e un filo d’olio extra vergine d’oliva (*)
240 g di riso basmati
una foglia di alloro
olio extra vergine d’oliva
scotta le foglie di cavolo nero in abbondante acqua salata per una decina di minuti. Scolale e mettile ad asciugare su uno strofinaccio pulito. In una padella metti un giro d’olio con la cipolla e l’aglio tritati finemente; soffriggi per qualche istante, poi aggiungi la zucca, mescola unisci l’acqua, un po’ di sale, il pepe, la salvia e lo zenzero, copri con un coperchio e cuoci per circa 20 minuti. Tre minuti prima della fine della cottura, togli il coperchio aggiungi il vino e alza la fiamma per fare evaporare. Su un tagliere stendi le foglie di cavolo a due a due, disponi una fettina di pescespada e qualche dadolata di zucca preparata, avvolgi l’involtino e passalo sulla panatura. Adagia ogni involtino su una placca foderata con carta forno e inforna a 180°C per circa dieci o quindici minuti. Nel frattempo prepara il riso cuocendolo in acqua salata aromatizzata con una foglia di alloro, scolalo e servi su ogni piatto distribuendo la zucca e gli involtini.

(*)in una ciotola condisci 60 g di pane grattugiato con 20 g di parmigiano grattugiato due pomodorini e un pezzetto di cipolla tritati finemente, aggiungi un filo d’olio, un pizzico di sale e una macinata di pepe, mescola per amalgamare.

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millefoglie per te e per me

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Nnì stiamo squagghiannu, tutti, da nord a sud lungo tutta la penisola. E va beh, dice che è estate, propongo un letargo estivo. Non ci catamiamo, piuttosto tampasiamo casa casa cercando un po’ di frescura.
C’è chi consiglia financo, di non ridere perchè s’annunca sudi.
Ora ti fazzu ‘na dumanna: ma non dobbiamo mangiare? C’è chi dice di mangiare solo cose fresche, frutta e verdura, cose crude per evitare di aumentare la caloria già presente accendendo fuochi o forni. Ah si, bere molto.
Io bevo molto. Vino, nella fattispecie, fresco e bianco magari leggermente mosso, cala che è una meraviglia.
Mangio anche, si ma mi scinni un magone a manciari sempre ‘i stissi cosi. Se ti accolli di accendere il fuoco per saltare in padella ‘n’anticchia di radicchio e il forno per cinque minuti di cottura allora questo piatticeddu semplice sta per te!

per 6 cristiani:

800 g di pesce spada tagliato a fettine sottili
mezzo bicchiere di vino bianco secco
rucola
due cespi di radicchio
mezza cipolla rossa
400 g di pomodorini
olio extra vergine d’oliva
sale e pepe
in una padella metti un giro d’olio e la cipolla tritata, fai appassire leggermente, aggiungi il radicchio tagliato a fettine sottili, fai appassire e sfuma con il vino, aggiungi i pomodorini tagliati a metà o a fettine se usi il piccadilly. Cuoci ancora pochi minuti, dieci minuti basteranno. Aggiusta di sale, spegni e metti da parte. Fodera una teglia con un foglio di carta forno e realizza i millefoglie di pescespada alternando fettine di pesce spada condito con poco sale e condimento al radiccchio. Inforna a 170°C per 5 minuti o fino a quando il pesce ti sembrerà dorato. Ti serviranno pochi minuti, te lo prometto, il pesce cuoce in pochissimo tempo, è sottilissimo.
Con una paletta preleva con delicatezza le torrette di pescespada, adagiale sui piatti singoli aggiungi la rucola, un giro d’olio e una spolverata di pepe e servi immediatamente.
Se hai della frutta secca da cospargere tritata sulla sommità, ci fai un figurone, ti consiglio nocciole o pistacchio.

 

tapas

vongole allo scherry

Qualcuno ha detto che un siciliano “pensa e sente come un arabo, agisce come un greco, concepisce la vita come uno spagnuolo”.
Ha un malo carattere aggiungo io, appassionato e mutevole, entusiasta e pessimista, generoso e rassegnato, complesso fino allo sfinimento. Il siciliano è stato agghiuttutu dalla stratificazione storica, s’ammucciau in un retroterra intriso di momentanei caput mundi, sotto la cappa dello scirocco che da sempre si impossessa di cielo e terra. Ma iddu isa ‘a testa, con la tipica fierezza, vorace di sentimenti di orgoglio e sofferenza in uno stato di non-tempo in questa bedda terra, degli dei e degli eroi.

Ma come mangia un siciliano? Esattamente come vive, a colori. Te lo dico io e se non mi credi passa di qua puru tu, ‘nsemmola all’autri ppì tastari ‘ste cosuzze. Io non sacciu qual è l’origine delle tapas; al di là di tutte  le storie e le leggende che si cuntano, per quanto ne so, potrebbero essere state concepite ccà, nei due secoli in cui la Sicilia fu dominata proprio dagli spagnoli in uno spettacolare trionfo del Rinascimento prima e del Barocco poi. Una cosa la so perone, la tapa è un tappo, una sorta di copertura per il bicchiere del vino, realizzato con dei salumi prima e con tante altre squisitezze poi.
Avrei voluto realizzare questo piatto seguendo la ricetta pedissequamente ma non potti essiri picchì non trovai il serrano. Considerando che non conosco il sapore del serrano sono andata a sentimento e accattai un buon crudo. La ricetta è desunta da una raccolta di Sale&Pepe “Piccoli antipasti” di Valérie Berry, Guido Tommasi Editore del 2009.
Per 4 cristiani:
600 g di vongole già spurgate
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
2 spicchi d’aglio schiacciati
un peperoncino piccante
100 g di sherry secco (vino liquoroso dell’Andalusia)
2 cucchiaini di concentrato di pomodoro
35 g di jamon serrano se lo trovi o un buon prosciutto crudo tritato finemente
prezzemolo tritato

poni le vongole già spurgate in una padella, copri con un coperchio e cuci cinque minuti circa muovendo la padella spesso. Trasferisci le vongole in un colapasta recuperando il liquido di cottura. Asciuga la padella con un foglio di carta assorbente, versa l’olio, rosola l’aglio schiacciato e il peperoncino. Versa lo sherry e sciogli il concentrato di pomodoro, mescola e fai sobollire per un paio di minuti facendo evaporare l’alcool. Aggiungi le vongole, due cucchiai del liquido di cottura, il prosciutto e il prezzemolo. Mescola per un minuto e servi caldissimo in piccole scodelle o bicchierini.

 

vongole

riccioli d’octopus

polpo sv_ jpg_resizeHo letto che il polpo possiede tre cuori e che riesce a cambiare colore per mimetizzarsi o per entrare in contatto con i suoi simili. Tre cuori… ‘sssageratisti purpiceddi; noi umani facciamo fatica a tenerne in vita uno, pensa pensa tre. Troppo faticoso.
A mimetizzarci invece siamo bravi; opportunisti o mezzi uomini, o quaquaraqua, siamo capaci di sembrare ciò che non siamo e lo facciamo anche molto bene. Ah! L’essere umano, senza distinzione di sesso, è presente a se stesso, è garante del proprio atteggiamento, è preparato a concretizzare gesti e condotta per perseguire i propri fini. Così è.
Io, per esempio, accattai ‘stu purpiceddu per farmi ‘n’insalata tiepida picchì, cu st’accenno di primavera, affacciaru come i babbaluci i “lapini” carrichi di asparagi selvatici. Io ne vado letteralmente matta cunzati nella frittata ma stavolta li ho usati come base per l’anzalata di purpiceddu e code di scampi. Quindi c’è poco da studiare e sfirniciarti cu ‘na ricetta, è un piatticeddu talmente una fissaria da fare, che ti veni ‘i ridiri; assettati che ti cuntu accussì ti fai ‘na risata.

Per due cristiani:
un purpiceddu di menzo chilo
due mazzetti di asparagi selvatici (per ora costano un occhio della testa, assai assai)
una manciata di code di scampi
un mazzetto di prezzemolo
uno spicchio d’aglio
olio extra vergine d’oliva
sale
peperoncino

Comincia col pulire il polpo, togli gli occhi, il becco e pulisci la testa al suo interno. Lavalo sotto l’acqua corrente e calalo per tre volte in una pentola con l’acqua bollente, fallo cuocere mezz’ora, spegni il fuoco e fai raffreddare nella sua acqua di cottura. ti ci vorranno delle ore, ma ne vale la pena. Togli la parte dura dagli asparagi e lessali in acqua bollente salata; scolali, suddividili in due ciotole e regalaci un filo d’olio crudo.
In una padella scalda un cucchiaino d’olio con l’aglio schiacciato, scalda e fai dorare con il peperoncino, aggiungi le code di scampi e cuoci pochi istanti, ripassa anche il polpo tagliato a pezzetti e dividi equamente sopra gli asparagi dopo aver eliminato l’aglio. Cospargi con il prezzemolo tritato e poi mi cunti.


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gallinelle ne abbiamo?

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Continuo col filone delle citazioni e ti lego a questo sito . Lui, il maestro  Sergio Maria Teutonico, è come dire? Vero!
Non rimane su uno schermo della tv o sulle onde radio delle frequenze di radio Capital o, ancora, sulle pagine di una rivista. No, iddu esiste veramente, per nulla legato alle luci della ribalta; sul suo forum di cucina e sui canali social regala consigli,  sorrisi, abbracci e suggerimenti di ogni sorta, augurando buonissime giornate con caffè virtuali per tutti i suoi simpatizzanti. Ma il vero simpaticunazzu iddu è! Nella sua ricca biografia lui dice di sorridere quando lo chiamano maestro perché sostiene che, “I titoli, i premi e le chiacchiere sono spesso spazzati via dal  vento, io resto qui nel concreto: ancorato alla mia cultura e sorretto dalla mia infinita voglia di fare!”
Bravo, sempre disponibile e attento.

Ora attent’ammia, iddu, il maestro, accompagna ‘sta gallinella con delle verdure miste, io ci misi dei carciofi stufati e leggermente panati.

per 4 cristiani:
4 filetti di gallinella
200g di panettone
erba cipollina
8 carciofi
un mazzetto di finocchietto di montagna
un mazzetto di prezzemolo
un cucchiaio di pangrattato
200 g di succo d’arancia
20g di maizena
20g di burro
olio extravergine d’oliva
sale e pepe

Intanto dimmi: hai un pescivendolo che ti sfiletti  le gallinelle? Beh io no. Per sfilettare 6 pesci ci ho messo una vita quindi meglio farselo fare.
Prepara i carciofi eliminando le foglie dure esterne, taglia le punte e un pezzo del gambo lasciane 4-5 cm che pulirai della parte dura. Immergili dentro una ciotola piena d’acqua acidulata con il succo di un limone.
Trita a coltello le erbe aromatiche, mettile in una ciotola con il pangrattato, un po’ di sale e un filo d’olio, mescola. Sgocciola i carciofi, tamponali con un foglio di carta assorbente. Allarga leggermente il fiore, battendo con delicatezza sul piano di lavoro, farcisci con la panatura e metti a testa in giù dentro un tegame che li contenga a misura, aggiungi acqua fino a raggiungere la metà del carciofo, versa un giro d’olio, sala leggermente, chiudi con il coperchio e cuoci, dopo il bollore, circa 20 minuti. Verso la fine della cottura togli il coperchio e fai evaporare l’acqua in eccesso.
Spezza il panettone, mettilo dentro il bicchiere del mixer, pochi pezzi per volta insieme a qualche stelo di erba cipollina e frulla tutto. l’operazione va fatta poco a poco, in caso contrario rischi di ottenere una mappazza  umida ingestibile, invece deve essere una farcia soffice soffice.
Ungi leggermente i filetti di pesce dal lato della carne e impanali con il trito di panettone.
Adagiali su una placca foderata con un foglio di carta forno, cospargili con un filo d’olio e inforna a 200° per 6-8 minuti circa.

Sciogli il burro in una padella aggiungi l’amido di mais setacciato e amalgama; unisci il succo d’arancia caldo e filtrato un pizzico di sale e mescolando porta la salsa alla densità che preferisci.
Adagia su ogni piatto un filetto di gallinella, due carciofi e la salsa all’arancia.

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io voglio il sole dentro di me

-Ma ‘sta pasta tende all’estate evè?
-‘Ncà!
Si capisce che mi iccassi a mari? Che mi mi mittissi a curriri a piedi nudi sulla sabbia caldissima? Che vado cescando l’estate nel piatto?
T’affinni se non ti metto una ricetta strettamente gingolbell? spero di no. M’abbisogna smenzare la mia personalissima corsa dalla fine dell’estate alla primavera con qualcosa che m’affata, qualcosa  che mi cala, attipo bustina di the dentro la tazza d’acqua calda, verso un’idea, una suggestione, una ispirazione.
Questo è, se ti piace bene e se no niente.

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Calamarata con pesto di pomodorini secchi e pesce spada su un bel suolo di crema di ricotta
per 2 cristiani:

200 g di calamarata
100 g di pesce spada
15 g di pinoli tostati
30 g di pomodorini secchi
un ciuffo di prezzemolo
10 g di ricotta infornata grattugiata
45 g di olio extra vergine d’oliva
120 g di ricotta fresca
2 cucchiai di panna a lunga conservazione
mezzo spicchio d’aglio degerminato

Lava i pomodorini, tamponali con della carta assorbente e ponili dentro il frullatore, aggiungi i pinoli, il prezzemolo, l’aglio se ti piace, 20 g di ricotta fresca, e l’olio. Frulla tutto e riduci in crema. Scotta il pesce spada pochi istanti per lato e taglialo a cubetti. Cuoci la pasta in abbondante acqua salata ma non troppo, la sapidità del risultato finale dipende moltissimo dalla ricotta infornata e dai pomodorini secchi. Ti consiglio quindi di assaggiare il pesto e la ricotta, poi agisci di conseguenza.
Prepara la crema di ricotta: metti in un padellino antiaderente la ricotta fresca, appena raggiunge il bollore spegni e aggiungi la ricotta infornata grattugiata e la panna, mescola, poi passa nel mixer per renderla liscia. Mentre la pasta cuoce aggiungi uno o due cucchiai di acqua di cottura nel pesto per fluidificarlo. Scola la pasta con una schiumarola e ponila dentro una ciotola con il pesto e il pesce, mescola e lascia riposare un istante, giusto il tempo di disporre metà della crema su ogni piatto. Adagia la pasta con il condimento e servi subito.

semplicemente incanto

 

troccoli

“per una volta, cerca di non essere siciliana…”

Impossibile, non gliela faccio, troppo radicato, troppo forte il senso di appartenenza arcaico. Niè, nemmeno ci provo, non potrei nemmeno immaginare me, Claudia Magistro, chissacciu, svedese per esempio, mi mancano i 12 cm di statura in più, minimo sindacale, necessario per essere ammessi dalla Svezia, gli occhi celesti ammaliatori, i capiddi biunni da vichinga e il fisico statuario. No, ripeto, impossibile.

Claudia Magistro: trattasi di un esemplare femmina di sicula provenienza, attaccata alla sua terra tipo una patella al suo scoglio, non nasconde le sue origini anzi le manifesta apertamente fuori dall’Isola. Fisico mediterraneo, fianchi larghi, pelle olivastra, occhi e capelli scuri, statura medio-bassa. Il classico fenotipo che invade l’area geografica del mediterraneo. Esageratamente fissata cu ‘sta regione, perla sbrilluccicante nel bel mezzo di un passìo formidabile, usata come zattera e sfruttata fino all’inverosimile, arretrata e ‘nserrata nella gabbia gattopardesca  del “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Certo, disincanto, vane attese, sacrifici e rinunzie hanno indotto molti ad abbandonare l’Isola. 
Una cosa è certa; la bellezza di questo posto. Un museo a cielo aperto, semplicemente un incanto nonostante tutto. Il futuro glorioso promesso da tutti  i conquistatori non si è nemmeno affacciato all’orizzonte.

Nzumma, Claudia Magistro sicula è, fino al midollo, prendere o lasciare.

E per firmare questa asserzione ti presento un piatticeddu di pasta dal ciavuru siciliano

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Troccoli freschi con pesto trapanese e ciavuru di mari

per 8 cristiani:
un kg di troccoli freschi, è una pasta che non cresce in cottura, ci nni voli assai
6 pomodori grossi rossi
mezzo chilo di sarde fresche
60 g di mandorle con la buccia e tostate in forno
2 spicchi di aglio di Nubia
origano secco o fresco
farina di rimacinato
pepe macinato al momento
sale
olio extra vergine d’oliva
100 g di mollica di pane secco
30 g di caciocavallo fresco, grattugiato
un cucchiaino di zucchero
prepara il pesto sbollentando i pomodori, elimina la buccia e i semi, taglia a quadrucci e metti da parte. Nel mortaio pesta l’aglio con una presa di sale, gira fino a ottenere una crema, unisci l’origano e le mandorle, poche alla volta, pesta e gira schiacciando il pestello lungo le pareti del mortaio, aggiungi due cucchiai d’olio e continua a girare, unisci il pomodoro, mescola e aggiungi ancora un paio di cucchiai d’olio e il pepe.

Prepara la mollica atturrata: metti un giro d’olio in un padellino, aggiungi il pane secco grattugiato e lo zucchero. Mescola per evitare di bruciare tutto, appena è pronto ed ha assunto bel colore ambrato, spegni il fuoco.

Infarina le sarde dopo averle lavate, aperte a libro e diliscate, friggile nell’olio caldo per pochi istanti, scolale su della carta assorbente e tienile al caldo.

Cuoci la pasta in abbondante acqua salata. Scolala al dente per carità, mettila dentro una cofana con il condimento, aggiungi un po’ di acqua di cottura della pasta e mescola bene. Impiatta e decora con un ottavo delle sarde fritte, servi con la mollica atturrata usata come se fosse formaggio e poi mi cunti.

di turbanti e di altre storie

Che mi piace l’antico te lo dissi? Mi piace il ciavuru di cose vecchie, passate di moda, vetuste. Quell’odore di stantìo, di chiuso… si te l’ho detto. Vero è! Mentre ti scrivo me ne rendo conto, m’assuglia alla memoria che già te lo dissi. Ma che vuoi, sugnu sturduta, stunata, anzianotta o in fase calante, scegli tu.

Tutte scuse, lo ammetto. Mi ricordo benissimo, ma mi piace talmente tanto il vitage che mi immedesimo e mi travesto da quello che mi fa più comodo con le filinie del caso.
In cuor mio so con esattezza, che ciò che è stato è sicuro, posso anche scegliere cosa prendere e cosa no. Facile e indiscutibile, comodo e senza rischi.

Ma la vita senza rischi è soporifera, quindi ogni tanto, mica sempre, mi butto a mare, nuoto verso il largo ma mi giro nondimeno a taliare la riva; ‘nzamà decido di tornare so che pozzu farlo.

Sempre  che ci sia il mare piatto come una tavola, senza scirocco che dalle mie parti porta verso il largo, e con il vento a favore, sannunca rientrare dal rischio diventa otremodo gravoso.

turbante di pesce spatola, una cosuzza morbida che pare seta, si scioglie in bocca come fosse una crema morbida.

turbanti-spatola

Per due cristiani 300 g di pesce spatola già pulito, 40 g di noci pecan, un mazzetto di prezzemolo, un piccolo spicchio d’aglio di Nubia, una bacca di pepe lungo (ci sta d’incanto, una ducizza) sale, un giro d’olio extra vergine di oliva, uno zinzino di vino bianco, mezzo limone. Mi pare che non ho messo altro. Triti nel robot l’aglio il prezzemolo e le noci, condisci con il pepe macinato nel mortaio, l’olio e il succo del limone, un pizzico di sale. Disponi i filetti di spatola su un tagliere con la pelle rivolta verso l’alto distribuisce un po’ di ripieno su tutto il filetto, un po’ di più dalla parte larga dalla quale comincerai ad arrotolare. Disponi in piedi dentro una teglia con dei pomodorini sui quali avrai praticato un taglio a croce e salati leggermente. Metti un fondo di vino e inforna a 150°C per mezz’ora. Se vuoi metti un ulteriore giro d’olio crudo dopo la cottura. Io ho usato il vino di cottura per irrorare i turbanti di per sé morbidissimi

 

di piaceri e di altri appagamenti


fagiolini lunghi resize

Ecco ciò che mi piace di questo blog.

Un giorno Fabio, un mio amico, mi disse: Cla, tu sei una blogger di fama mondiale…
Seee, ci rissi iu.
Se ci pensi, mi ha detto, sei sul web e hai un po’ di lettori dal mondo, quindi…
Mizzica, ragione hai, gli ho detto, e me ne sono acchianata sulla mia nuvoletta personale.
Ogni tanto bisogna alimentare la propria autostima quando se ne scende di livello, se non te ne accorgi da solo devi avere la fortuna di avere amici che te lo ricordano.

L’altro giorno Marco mi ha chiesto, preoccupato: che fine facisti? Picchì anche se del nord (ma che dico nord, del nordissimo) frequentando queste pagine si sta sicilianizzando, puru iddu.

Nessuna fine, gli ho detto, ho poca voglia in effetti, sarà un po’ di stanchezza, buh, l’effetto agostano?
Beh, no, mi ha detto, scrollati di dosso ‘st’effetto che non ti si addice.
Ecco allora questo piatticeddu lo dedico a te, Marco, assiduo lettore di scorza d’arancia, amante della buona tavola,  sapiente cuoco, conoscitore di vino e, mi permetto, amico mio oramà. Ora hai un compito, svegliarmi dal torpore ricordandomi che ho un impegno, quello di scrivere una pagina da leggere. Speriamo che non me lo tiri in testa, ‘sto piatticeddu Marcuzzo.

‘Sta ricetta è facile facile, le dosi sono per 4 cristiani, e ti ci vuole mezz’ora totale di cottura ma almeno un’ora per la preparazione.

fagiolina di carini

A Carini ci vantiamo di avere una fagiolina (leggi fagiolini, da noi è femmina) speciale; è lunga che pare pasta formato spaghetto anzi meglio bucatino. Molti, anche della zona, esclamano “ma che è?” Ancora c’è gente che non l’ha mai vista…mah!
Ora, chi glielo dice ai compaesani che ‘sta fagiolina lunga si chiama di Sant’Anna o a metro o serpente o in mille altri modi e mai mai mai di Carini? Io no!
Nsumma, accattai mezzo chilo di ‘sta fagiolina, mezzo chilo di calamaretti, 200 g di ceci pronti, mi seccava cocerli,  un piccolo mazzetto di prezzemolo e uno di finocchietto di montagna, una foglia d’alloro la scippai alla mia piantozzola, pigghiai anche due cm di zenzero, un pizzico di peperoncino secco e mi misi all’opra. Intanto t’ha diri ‘na cosa, ce l’hai un pescivendolo di fiducia innamorato di te? Allora fai come me, armati di santa pacienza  e pulisci i calamaretti, uno a uno. Niè, fai accussì, se ti schifii ti infili un paru  di guanti, attipo quelli in lattice, prendi un calamaretto, gli togli i tentacoli, la boccuccia, gli occhi e le interiora. Dalla sacca elimini la pelle, poi sciacqui e asciughi con un pezzo di carta assorbente. Ecco, fallo per mezzo chilo di calamaretti. poi li tagli a rondelle o li incidi lungo la sacca li metti dentro una ciotola con dell’olio etra vergine d’oliva, una grattugiata di zenzero, una foglia d’alloro e un pizzico di peperoncino secco se ti piace, copri con la pellicola e metti in frigo per una o due ore. Lava i fagiolini, togli solo la parte apicale e cocili per circa 25 minuti o fino a quando sono cotti, dentro una pentola d’acqua bollente salata, scolali e fai raffreddare. Fai arroventare una piastra e cuoci i calamaretti ponili dentro una ciotola con i ceci mescola e fai insaporire. Impiatta facendo un nido di fagiolina, aiutatati con un coppino e un forchettone, gira la verdura dentro il mestolo e poi ponilo dentro il piatto, allarga il nido e metti dentro un quarto di condimento a base di ceci e calamari, distribuisci un trito di prezzemolo e finocchietto, un giro d’olio extra vergine d’oliva di qualità, crudo, servi e poi mi cunti.