ciocco(co)lato

colata

Facilissima, si prepara in un voltata d’occhio, buonissima, profumata, avvolgente, intrigante […]
Potrei continuare all’infinito ma non serve, se amate il cioccolato la faciti picchì vorrete affogare in un mare di bellezza e bontà, niè che ve lo dico a fare?
Amanti del cioccolato procuratevi uno sbattitore, accattate uova, farina e zucchero, cacao, cioccolato e cannella e regalatevi un momento di debolezza che vi farà fare pace con il mondo, senza se e senza ma.

cioccolato

Adesso però è il momento di citare la fonte di questa meraviglia,  io ho ridotto sensibilmente lo zucchero, arrotondato qua e là, cambiato la panna acida con quella fresca e aggiunto ‘n’aticchiedda di lievito ed eliminato lo sciroppo di mais dalla glassa. Voi, faciti come più vi aggrada.

Salutamu

Torta cacao e caffè solubile con glassa al cioccolato e cannella
230 g di burro
60 g di cacao amaro setacciato
7 g di caffè solubile e 85 g di acqua calda
250 g di zucchero di canna
250 ml di panna
1 bacca di vaniglia
2 uova
250 g di farina 0
2 g di sale
8 g di lievito
un cucchiaino raso di bicarbonato di sodio

per la glassa
110 g di cioccolato amaro
70 g di burro
1/2 cucchiaino di cannella in polvere

difficoltà: facilissima
tempo di preparazione: 30 minuti
cottura: 40 minuti

senza glassa

Preriscaldate il forno a 170°C, almeno io, che conosco bene il mio forno l’ho impostato a questa temperatura, voi regolatevi di conseguenza.
Imburrate e infarinate una teglia scanalata profonda tipo kugelhupf o come la mia teglia Heritage, anche se quest’ultima non ha bisogno di essere imburrata.
in una casseruola sciogliete il burro a fuoco basso, spegnete il fuoco e versate il cacao, mescolate per sciogliere completamente la polvere. Sciogliete il caffè nell’acqua calda  e aggiungetelo al composto di burro. mescolate per amalgamare bene i sapori. Versate il composto dentro la planetaria, accendete la macchina oppure usate una ciotola con le fruste elettriche, è uguale. Aggiungete lo zucchero e montate per qualche minuto, unite la panna, i semi della bacca di vaniglia, un uovo alla volta montando sempre. Setacciate la farina con il lievito, unite il sale e il bicarbonato e aggiungete il mix a cucchiaiate. Versate dentro la teglia, livellate e infornate per 40 minuti. Prima di sfornare fate la prova stecchino, se questo uscirà pulito e asciutto la torta sarà pronta. fate raffreddare mezz’ora dentro lo stampo, poi ribaltatelo su una gratella per dolci per farlo raffreddare del tutto.
preparate la glassa sciogliendo a bagnomaria il cioccolato tritato, il burro e la cannella. Versate  sopra la torta dopo qualche minuto.

fritto, sinonimo di buono

paccheri _2

Assittatevi, cosa  longa è!
Tra i ‘millemila’ programmi televisivi che parlano di cibo noi, in famiglia, guardiamo volentieri “Cuochi e fiamme” con Simone Rugiati. Tralascio commenti di carattere squisitamente soggettivo sui nuovi ‘giudici’ e mi concentro su una puntata che ci ha lasciato il segno, la curiosità di assaggiare il prodotto finito mi stava spurtusannu ‘u ciriveddu. Li dobbiamo fare, ci siamo detti, quando? Presto!
Il giorno dopo la visione del programma mi sono fiondata al supermercato senza appuntarmi gli ingredienti su un pizzino, tanto me li ricordo… Paccheri ripieni e fritti, facile!
Torno a casa, metto a posto la spesa, riguardo la puntata e… mi scurdai i paccheri e sbagghiai; anziché la burrata accattai la mozzarella. Ma si può essere più svaniti? ‘U ciriveddu lu lassai nel cellophane, per non rischiare di usarlo, si vede!

E va beh, chi non ha testa ha gambe e rimando tutto al giorno dopo con la variante causata dal’evanescenza del mio ciriveddu.

Per 5 cristiani
250 g di ricotta
250 g di mozzarella di bufala
150 di mortadella tagliata a cubetti
25 paccheri
2 grosse uova
farina 0
farina di ceci  (Lorenzo ha usato la farina di mais)
olio extra vergine d’oliva
paccheri

niè, ve la siete taliata la puntata? Manco a dirlo, in trasmissione non sono indicate le dosi, ci mancassi, io, a sentimento, li fici accussì: avendo tutto il tempo che mi abbisognava prima mi preparai il condimento tritando a coltello la mortadella. Ho ridotto a pezzetti piccoli la mozzarella e mescolata con la ricotta. Ho acceso il fuoco sotto un padellino e fatto saltare la mortadella per far buttare un po’ di grasso, mi sembra che Lorenzo, abbia usato dell’alcool, tipo grappa,  per sfumare la mortazza ma io non ne ho visto la necessità; ho fatto intiepidire e poi l’ho aggiunta ai formaggi, mescolando.
Ho cotto i paccheri in abbondante acqua salata e li ho scolati tre minuti prima della fine della cottura. Li ho farciti uno per uno e messi su un tagliere. Ho preparato tre scodelle: farina bianca, uova sbattute e farina di ceci e, nell’ordine, ho passato i paccheri nelle ciotole, poi li ho fritti in abbondante olio caldo, scolati su un foglio di carta assorbente e tenuti al caldo fino al completamento della frittura. L’autore di questa ricetta ha realizzato anche una salsa di pomodoro per pucciare i paccheri, attipo ketchup. Beh che dire? Buonissimi!

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una ducizza molto franco e ‘n’anticchia sicula


torta 100
 Con tutte le dominazioni che hanno attraversato l’Isola, in lungo e in largo, ‘n’anticchiedda di sangue francisi l’avemu nelle vene. Il bello è, che tutti chiddi che passaru di ccà, accamparunu diritti  in questo pezzo di terra in mezzo al Mediterraneo. Ora, io dico, ma non erano biddicchi i siciliani del tardo paeleolitico? Se ne stavano tanto graziusi  a cacciare, a pescare e a coltivare la terra. l’acqua li bagnava e il vento l’asciucava. Poi, cinquemila anni prima che arrivasse ‘u Signuruzzu, la pacchia finì.
E va beh, per non di meno a ciò,  nella vicenda di avere avuto tanti imperatori e re che nnì ficiru nesciri i corna ‘i fora, un lato positivo  c’è ed è legato alla ricchezza e alla bellezza lasciata al loro passaggio, assorbita e fatta nostra da noi.
Con questo giustifico l’appropriazione e la manipolazione di questa ricetta desunta da un blog stupendo, gestito da quell’adorabile persona che risponde al nome di Edda.  Commentando la ricetta di questa crostata raffinata, le promisi che l’avrei rifatta e pubblicata… non pensavo che sarebbero passati quattro anni però.
La ricetta originale la trovate al link, di seguito invece, le mie alterazioni per attribuire una identità siciliana.

Crostata 100% cioccolato

Pasta sucrée al cacao
110 g di burro
– 80 g di zucchero a velo
– 40 g di farina di pistacchi di Bronte non salati  (pistacchi tritati finemente) 
– 1 uovo 
– 190 g di farina macinata a pietra tipo 1 setacciata
– 1 cucchiaino colmo di cacao in polvere circa 7 g setacciato
– 1 pizzico di sale 
 fetta
Ganache ai due cioccolati e spezie (ho raddoppiato le dosi)
– 120 g di cioccolato fondente  
– 120 g di cioccolato al latte
– 200 ml di panna fresca 
– due pizzichi di spezie miste (cannella, anice stellato, vaniglia e chiodi di garofano)
spezie
Gelo di cacao 
– 100 ml di panna fresca 
– 100 g di zucchero di canna chiaro
– 120 ml d’acqua 
– 50 g di cacao in polvere setacciato 
– 8 g di gelatina in fogli  
 
 Preparate la pasta sucrée un giorno prima. In una ciotola mettete il burro a pezzetti freddo con lo zucchero a velo setacciato ottenendo un impasto sabbioso,  aggiungere la farina di pistacchi, l’uovo e mescolate con una paletta leccapentola, aggiungete la farina setacciata insieme con il cacao e il sale, in ultimo. Lavorare velocemente con le dita finché la pasta raggiunge una consistenza morbida, liscia e omogenea. Prendete un foglio di carta forno, ponete l’impasto su di esso e, con un matterello, formate un disco spesso un cm, copritelo con la pellicola e ponete in frigo a riposare tutta la notte. 
  Scaldare il forno a 170°C. prendete la pasta sucrée, eliminate la pellicola e coprite con un altro foglio di carta forno. Stendere la pasta con un mattarello, eliminate il foglio di carta superiore, arrotolate l’impasto sul mattarello e srotolarla dal lato senza carta, su uno stampo da crostata imburrato di 28 cm circa di diametro dal fondo amovibile (o, come suggerisce Edda, utilizzate “un cerchio senza fondo poggiando su una placca ricoperta di carta forno”). Far bene aderire i bordi e mettere in frigorifero un quarto d’ora. Bucherellate abbondantemente il fondo della torta con i rebbi di una forchetta. Cuocete in bianco, per 15 minuti. La crosta dovrà cambiare di colore e indurirsi.  Far intiepidire il guscio. 
Preparate la ganache. Se non avete un mix di spezie miste già pronto, macinate in un mortaio un frutto di anice stellato, tre chiodi di garofano, i semi di una bacca di vaniglia e un pezzetto di cannella, riducete in polvere, prelevatene due pizzichi e metteteli in infusione nella panna dentro un pentolino, per 10 minuti. Accendete il fuoco e poi portare a bollore.
cioccolato
 Mettete i due cioccolati tritati in una ciotola, filtrate la panna calda su di essi in due momenti, in modo che si sciolgano in maniera omogenea. Versate la ganache tiepida nel guscio di pasta, distribuitela con una paletta e poi mettete in frigorifero mezz’ora. 
Preparare il gelo di cacao ammollando la gelatina in abbondante acqua fredda. Portate a bollore la panna, lo zucchero e l’acqua. Aggiungere in una volta sola il cacao e far sobbollire per 2-3 minuti. Aggiungere la gelatina. Spegnete, versate dentro un contenitore dai bordi alti e frullate con un frullatore a immersione. Far intiepidire prima di versare, filtrando con un colino, nella crostata sulla ganache. Mettere in frigo fino al momento di servire, almeno otto ore. Cospargere di cacao prima di portare in tavola. 

amiche annodate da un piccolo biscotto

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Alla fin fine una pretesto vale l’altro per incontrarsi no? Ebbene, venerdì scorso, noi cinque nnì truvammu unu, ci siamo fiondate da “Cocooking” a Palermo, un luogo adatto per fare queste belle cose con le amiche  e che spesso, per motivi di spazio, non si possono fare in casa. Noi nnì vittimu per realizzare i biscotti di San Martino, un dolcetto tipico palermitano del periodo novembrino e che, come sapete, ricorre l’undici, oggi. Nelle diapositiva qua sotto in senso orario a partire da sinistra appaiono: Fina, Alessandra, Cinzia, Stefania e Ornella. Sicuramente troveremo un altro licco pretesto, presto.

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Come al solito ci sono due versioni  per un biscotto, quella ricca e quella povera. Il biscotto in sé, si presenta come un nodino duro, da inzuppare nel moscato o nella malvasìa, tricottato, ci dicemu nuatri, in una forma dialettale, cioè cotto tre volte. Nella versione ricca, invece, si cuoce due volte, il biscotto rimane morbido e non si indurisce per potere, con agio, tagliarlo in due, bagnarlo con una bagna al rum e farcirlo con una crema licca, licchissima, di ricotta di pecora, o solito nostro và!

La ricetta che nnì cuntò Fina, prevede la farina 00 e lo zucchero semolato, noi foodblogger, che semu desiderose di sperimentare, usammu farine diverse, pure senza glutine. Ora vi cuntu come ficisti biscotticeddi, pigghiate un pizzino:

pezzature

per circa 15-16 biscotti piccoli
tempo di preparazione 30 minuti
tempo di cottura 30 minuti + un’ora

250 g di farina tipo 1
25 g di strutto (promemoria per me: anche un pochino di più, 35 g)
40 g di zucchero di canna Zefiro (cioè a grana sottile ma va bene anche uno zucchero di canna a grana più grossa. Promemoria per me: la prossima volta aumenterò la dose perché mi parseru poco dolci, ne metterò almeno 60 g)
10 g di lievito di birra
100 ml di acqua
Un pizzico di sale
q.b. semi di anice (a piacere)
q.b. cannella (a piacere)

In una terrina mescolate la farina, lo zucchero, il sale, la cannella, i semi di anice, lo strutto e il lievito sbriciolato. Aggiungete l’acqua poco alla volta fino a ottenere un bell’impasto morbido. Trasferite la palla sulla spianatoia e lavoratela energicamente fino a ottenere un composto liscio ed elastico. Coprite l’impasto a campana, con una ciotola e fate riposare 20 minuti. Realizzate delle pezzature di 35 g, realizzate dei salsicciotti e arrotolateli su se stessi, poneteli dentro una teglia foderata con carta forno, in un posto al caldo e fate lievitare per circa due ore. Infornate a 200°C per 10 minuti, poi abbassate la temperatura a 160°C e proseguite la cottura per 20 minuti. A questo punto avrete cotto due volte, tirate fuori i biscotti se vorrete conzarli con la ricotta, se li volete duri da inzuppare nel liquore, abbassate la temperatura a 100°C spegnete il forno e lasciate dentro i biscotti per un’ora.


sammartinelli

mi, quella torta fa un ciavuru…


torta di mele e VOV

Chistu disse il mio sposo ant’ura, passando accanto al tavolo dove troneggia la torta di mele che iddu stissu mi chiese giusto ieri. Il ciavuru ti stona, nel senso che ti stordisce, ti acchiappa le nasche e ti irretisce e noi, in una molle domenica pomeriggio autunnale, ci facciamo irretire senza però, prima, condividere la ricetta.

Vov e meleTorta di mele al VOV

270 g di farina tipo 1
170 g di burro morbido
190 g di zucchero di canna
1/2 cucchiaino di cannella in polvere
1/2 noce moscata grattugiata
1/4 di cucchiaino di sale
2 uova
1/2 tazza di Vov
2 mele rosse dure
8 g di lievito

per la finitura una spolverata di cannella più uno grattugiata di noce moscata

Per la glassa al VOV
30 g di zucchero a velo
20 g di VOV

torta al vov fetta

Ungete e infarinate una teglia da 26 cm di diametro, accendete il forno e portatelo a una temperatura pari a 170°C. Nel frattempo montate il burro con lo zucchero per circa 5 minuti, unite un uovo alla volta e continuate a montare. A parte setacciate la farina con il lievito, unite le spezie e il sale. Aggiungete a cucchiaiate gli ingredienti secchi al composto di uova alternando il VOV. Versate l’impasto dentro la teglia e livellatelo. Lavate e asciugate le mele, tagliatele a quarti, eliminate il torsolo e affettate le mele a uno spessore di 3 mm, utilizzando una mandolina. Affondate le fettine di mela dentro l’impasto, spolverate con una grattatina di noce moscata e un soffio di cannella. Infornate per circa 50 minuti o fino a quando, inserendo uno stecchino, questo ne uscirà asciutto e pulito. Come al solito consiglio, per la cottura, di basarvi sulla conoscenza del vostro forno.

Sfornate la teglia e fate raffreddare qualche minuto, poi sformate il dolce e fate raffreddare. Preparate la glassa sbattendo con le fruste elettriche lo zucchero a velo con il VOV.  Con un cucchiaio decorate la superficie della torta con la glassa, facendola scivolare a filo, servite tiepida o a temperatura ambiente.

 

(Ai) love Habanero

 

patè habared

Lo dissi qualche altra volta, mi pare, che mi piace il sapore delle spezie, di tutte. Mi piacciono e lo prendo come un dato di fatto. Il peperoncino mi piace chiossà, ha un “non so ché” di magico, tutto sta nel non esagerare per evitare che la piccantezza copra i sapori di fondo… beh io ho esagerato.
Secondo Elio, mio amico fraterno, non ho esagerato per niente. Lui, che mi ha dato la ricetta, produce per sé, peperoncini dal nome indicibile e dalla piccantezza mostruosa, è inutile dire che il suo palato è a prova di bomba speziata. Quando gli dissi che avevo raccolto degli Habanero Red, e che desideravo da lui una ricetta, ha fatto spallucce (non l’ho visto ma dal tono della conversazione ho immaginato che lo facesse) e mi ha detto: …insomma, l’Habared non è nulla di che!
Cosa, che cosa? Allora, voglio rassicurare quelli che sono al mio stadio, medio direi, che addirittura, durante il periodo di percolazione, l’odore del peperoncino in questione faceva lacrimare gli occhi, l’odore! ! Non vi cunto quando lo frullai. Che deve succedere quando l’assaggerò? […]

Ecco, l’assaggiai, una puntina dentro una zuppa di riso e lenticchie… confermo che la crema ottenuta è potente, buonissima e profumatissima.
Ovviamente non per te Eliuccio ma per una mano ti ringrazio con tanto love!

Allora, dosi non ne ho. Mi sono regolata con ‘l’occhiometro’
una manciata di peperoncini Habanero Red
aceto di vino bianco
sale grosso
uno spicchio d’aglio piccolo
olio extra vergine d’oliva

Come prima cosa, indossate dei guanti in lattice, può sembrare banale, non lo è per nulla, rischiate di maledire qualunque cosa vi passi per la resta, anche me… sia mai!

 crema vicino bas
Lavate bene i peperoncini, tagliateli a pezzetti, se volete un risultato finale “abbestia” cioè piccante da morire non togliete i semi, in caso contrario eliminateli.
Ponete il pezzame sul fondo di uno scolapasta, possibilmente di metallo e dal fondo piatto, ponete lo scolapasta su un piatto per raccogliere l’acqua di vegetazione.
Spolverate con una manciata di sale grosso e spruzzateli con un po’ di aceto di vino bianco, poggiate sopra i peperoncini un piattino e poi un peso.
lavatevi le mani con ancora indosso i guanti, con acqua calda e detersivo per i piatti, eliminate i guanti, buttateli e rilavatevi le mani, sentite a mia.
Lasciate tutta la notte a gocciolare. Il giorno dopo, eliminate l’acqua raccolta e mantenete il ‘baldacchino’ ancora qualche ora per essere sicuri che tutta l’acqua di vegetazione sia percolata.
Indossate un nuovo paio di guanti, con uno foglio di carta assorbente tipo scottex, eliminate il sale in eccesso e tamponate il peperoncino; ponetelo dentro un frullatore con uno spicchio d’aglio degerminato e poco olio. Aggiungetelo l’olio poco per volta fino a quando noterete la giusta cremosità.
Invasate dentro dei piccoli contenitori precedentemente sterilizzati e procedete alla pastorizzazione.
Ponete i barattoli ben chiusi, dentro una pentola, coprite con l’acqua e portate a ebollizione mantenendola per un ora, spegnete e fate raffreddare lentamente.
Si può mangiare subito è buonissima e di una potenza inaudita (per me). Una volta aperto il barattolo, conservate in frigo.
 cucchiaino Bas

che donna, Donna Hay

torta al cioccolato

Ella produce una quantità di cose di una bontà e una bellezza inenarrabili. Di Donna Hay possiedo un paio di libriccini uno dei quali è una monografia sul cioccolato, le ricette sono infallibili, sicure e deliziose non solo per gli occhi.

Questa torta si trova a pagina 58 del libro “Sempliciessenziali- Cioccolato” Guido Tommasi Editore, si chiama torta semplice al cioccolato; se volete seguite passo passo le indicazioni e facitìla pure voialtri. Rispetto alla ricetta originale ho fatto solamente due operazioni che non sono contemplate dall’autrice;

ho spolverato di cacao amaro la teglia dopo averla imburrata

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e come finitura ho cosparso la superficie della torta con degli zuccherini rosa.

zucchero

ora che tutto è chiaro, o v’accattate il libro opuru vi pigghiate un pizzino e vi segnate ‘sta ricetta

Io ho usato una tortiera da 26 cm di diametro, Donna ne usa una da 22 cm
375 g di burro morbido
260 g di zucchero di canna
300 g di farina setacciata
3 uova (biologiche, almeno io le uso biologiche)
2 cucchiaini rasi di lievito
80 g di cacao setacciato due volte
185 ml di latte (ma anche ‘n’anticchedda di più, io mi sono basata sulla consistenza del mio composto, me ne sono serviti circa 200 ml; aggiungete il latte poco alla volta per verificare la consistenza dell’impasto)
Per la finitura glassa al cioccolato
150 g di cioccolato tritato
125 ml di panna liquida (ma anche a lunga conservazione)

Scaldate il forno a 160°C. Lavorate il burro con lo zucchero nel mixer per 8-10 minuti. Unite un uovo alla volta, amalgamandolo bene al composto di burro prima di introdurre il successivo. Unite la farina setacciata con il lievito e il cacao alternando con il latte. Versate dentro una teglia imburrata e cosparsa di cacao amaro setacciato e infornate  per circa 1 ora. Fate la prova stecchino per verificare la cottura interna.

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Tirate fuori la torta dal forno, fate raffreddare qualche minuto dentro la teglia, poi sformatela su una griglia per pasticceria per fare raffreddare completamente e poi preparate la glassa.

Sciogliete a bagnomaria il cioccolato tritato con la panna, mescolate per amalgamare e fate rapprende fuori dal fuoco per circa 10 minuti, mescolando.

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Versate la glassa sulla torta, distribuite con una spatola e finite, se volete con degli zuccherini coloratiPicMonkey Collage 1

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