come il vulcano

In questa pizza, nata in America, c’è moltissima Italia e non solo nel nome. Ma d’altronde con tutti gli emigranti italiani sbarcati nel nuovo continente che ci vuliti truvari? Italia a tinchitè!
Due diverse persone, con luoghi e date notevolmente diverse, si contendono la paternità di questa pizza, ma una cosa è certa, il nome è stato attribuito dopo l’uscita del film “Stromboli” nel 1950 con Ingrid Bergman, diretto da Roberto Rossellini. Come ogni pizza che si rispetti il ripieno facitilu come vuliti, a sentimento. La particolarità di questa pizza è nella forma; è arrotolata, spesso con dei tagli sulla superficie per ricordare il vulcano, potrebbe assomigliare a un calzone ma non lo è.

Stromboli
per 4 cristiani
400 g di farina Manitoba
100 g di semola di rimacinato
10 g di sale
325 ml di acqua tiepida
2 cucchiai d’olio extravergine d’oliva
un cucchiaino di zucchero
10 g di lievito di birra fresco
per il ripieno:
6 cucchiai di salsa di pomodoro pronta
300 g di tuma tagliata a cubetti
origano
6 fette di prosciutto cotto

 setacciate le farine, mettetele nella planetaria e, con il gancio a uncino, mescolatele con il lievito sbriciolato, aggiungete lo zucchero, l’acqua alternata all’olio e il sale; lavorate fino a quando l’impasto s’incorda al gancio, staccandosi completamente dal bicchiere del Ken. Spennellate con un filo d’olio una ciotola, disponete dentro l’impasto, coprite con un canovaccio umido e mettete in forno spento con la luce accesa per almeno un’ora o fino a quando raddoppierà il suo volume. Recuperate l’impasto, sgonfiatelo su un piano leggermente infarinato e dividetelo in due. Stendete una porzione per volta sul piano infarinato realizzando un rettangolo, distribuite 3 cucchiai di salsa lasciando un bordo di 2 cm libero tutt’intorno, una spolverata di origano, 3 fette di prosciutto e metà della tuma tagliata a dadini. Chiudete i lati corti dell’impasto verso l’interno e arrotolate il lato lungo ben stretto. Ponete in una teglia foderata con carta forno con la chiusura in basso, effettuate dei tagli obliqui sulla superficie, se volete l’effetto vulcano, e fate lievitare nel forno spento con la luce accesa ancora mezz’ora.

Scaldate il forno a 200°C, spennellate la superficie dello stromboli con un velo d’olio e una macinata di pepe, infornate per circa 25-30 minuti. Servite caldo. Se cuocete con una teglia per pizza Emile Henry ponetela molto ben infarinata, sul fondo del forno a contatto con la fiamma, quando cambierà colore sarà a temperatura, con l’aiuto di una pala per pizza molto ben infarinata, prelevate uno “Stromboli” per volta e adagiandolo sulla teglia. Cuocete come sopra.

vicini_vicini

La rete ci supporta, ci sostiene. Lo dico per chi legge ma anche per chi scrive e poi va a leggere altrove. In poche parole parlo di me in quanto blogger che scrivo, leggo e provo ricette. Navigo, googlo (sempre che si scriva così), traduco o meglio faccio tradurre in automatico e scopro mondi nuovi semplicemente stannu assittata ‘ntu divanu. Quando arriva l’ispirazione, dettata da un ingrediente o da una foto che mi acchiappa, scatta, come se fosse un automatismo, il “bisogno” di realizzare quella ricetta. Poi, se quel bisogno te lo instillano due ragazze che conosci la strada del ri_fare è tutta in discesa e con il vento a favore. Una delle due lancia un post affiliato agli automatismi di prima con foto e post allettanti e l’altra la segue a ruota. Ditemi, come posso non realizzare quelle adorabili e morbidissime brioches? Mi chiedo, ora che le ho provate, come faciti vui?
Ho seguito il procedimento di Sarah per comodità, facìti come vulìti, il risultato è ‘u stissu. Ah, dimenticavo non avevo lievito disidratato ma niente ci fa ho usato quello fresco; chistu ppì diri che la prova del TRE funzionau, cioè tre persone ficiru ‘sta ricetta mettendo un pezzetto di coriceddu proprio ma sempre strepitose venunu, se non cambiate l’essenziale
Ingredienti:
500 g di farina manitoba
200 g di latte
200 g di panna acida
100 g di zucchero di canna
2 uova
6 g di lievito di birra
i semi di una bacca di vaniglia
un pizzico di sale 

Queste brioscine o briochine per non offendere i più, non sono molto dolci, si posso mangiare con i formaggi e le confetture per la versione salata o farcire con altre creme o marmellate per la versione dolce. Ciò che stupisce è la morbidezza del prodotto finito.
Nel bicchiere della planetaria mettete la farina, lo zucchero, il lievito sbriciolato e i semi della vaniglia, azionare la macchina al minimo, con il gancio a uncino,  aggiungete poco per volta le uova, il latte e la panna acida e il sale, dopo aver unito tutti gli ingredienti fate lavorare la macchina fino a quando l’impasto si staccherà dal bicchiere attorcigliandosi al gancio mantenendosi sempre molto idratato.

 Ponete dentro un contenitore capiente coperto con della pellicola e mettetelo in frigo per tutta la notte. Il giorno dopo realizzate dei panetti, lavorate leggermente l’impasto con pochissima farina d’appoggio e realizzate dei panetti di circa 55 g; poneteli in una teglia a misura del forno standard di 60 cm, distanziati tra loro. Ponete la teglia nel forno spento con la luce di cortesia accesa e fate lievitare fino al raddoppio, un paio d’ore basteranno. Tirate fuori la teglia dal forno, accendetelo e portatelo a una temperatura di 150-160° dipende dalla potenza del vostro forno. Infornate e cuocete per circa 20-25 minuti; fate raffreddare nella teglia. 

la focaccia barese incontra i pomodorini di Vittoria

le mie adorabili amiche pugliesi mi perdoneranno se ogni volta mi faccio trascinare dal desiderio di Puglia realizzando una simil ricetta. Simil perché non essendo pugliese non mi arrogo certo il diritto di sapere riprodurre al grammo ma mi fidai di una ricetta sull’ultimo Sale & Pepe modificando soltanto la composizione della farina perché non mi piace usare la farina 00 per le focacce, gusti sono. 
Andiamo ai pomodorini, questi arrivano dritti dritti da Vittoria e, vi assicuro, sono speciali.

per 8 cristiani
tempo di preparazione: 30 minuti più il riposo circa due ore e la lessatura delle patate circa un’ora
tempo di cottura: 30 minuti
difficoltà: facile
per l’impasto:
350 g di farina Manitoba
150 g di farina di rimacinato
100 g di patata rossa lessa (circa una)
12 g di lievito di birra
13 g di sale
un cucchiaino di zucchero
300 ml acqua tiepida
per la farcitura:
400 g di pomodorini
olive verdi a sentimento
300 g di patate rosse lesse
olio extra vergine d’oliva
sale
pepe
origano

Cominciate lessando le patate con la buccia, quelle rosse sono ottime per la lessatura mantengono la consistenza e non si disfano. Appena cotte sbucciatene una, quella per l’impasto, schiacciatela con un pizzico di sale. Sciogliete il lievito in 100 ml di acqua tiepida con lo zucchero; mescolate le due farine, aggiungete la patata e cominciate a impastare con il lievito. Aggiungete il sale e l’acqua rimasta, aggiungetela poca per volta considerando la consistenza dell’impasto, deve essere umido ma non appiccicoso. Se usate la planetaria l’impasto si incorderà attorno al gancio, staccandosi completamente dalle pareti del bicchiere. Ponete la pasta dentro un contenitore oppure lasciatela dentro il bicchiere dell’impastatrice, ponetelo dentro il forno spento con la luce accesa e fate lievitare fino al raddoppio, circa due ore.

 Stendetelo dentro una teglia circolare da 34 cm di diametro, leggermente unta, distribuite i pomodori lavati e asciugati, interi con un taglio a croce sul fondo. Affettate le patate rimaste senza la buccia e le olive tagliate a rondelle, salate, pepate, distribuite l’origano e un filo d’olio, fate lievitare ancora un’ora sempre dentro il forno spento con la luce accesa. Accendete il forno a 200°C e cuocete la focaccia per 30 minuti, se avete il forno a gas date qualche minuto di grill per dorare la superficie. Appena fuori dal forno distribuite un giro d’olio crudo e servite.

accontentatevi

 ci devi mettere sempre ‘u ‘ntoppu picchì quannu decidi che devi fare una cosa che ci voli assai tempu  può capitari che in quel frattempu ti capita l’ostacolo. E così fu per l’infornata di questa focaccia che, desiderosa di ziccarisi ‘nto furnu all’orario stabilito, trovò il forno spento. In verità la focaccia non vive vita propria, fussi cà fussi io che la volevo infornare prima per farici ‘na bedda foticedda con la luce naturale, invece, infornata all’ottu ‘i sira sa manciaru tutta, quasi tutta impietositi di mia che non potti fare le foto.
‘Nsomma chisti sunnu l’avanzi du jorno prima, accuntentativi

350 g di farina di rimacinato
150 g di farina 00
100 g di strutto
200 ml di latte tiepido
10 g di lievito di birra
un cucchiaino di zucchero
10 g di sale
tre patate rosse
parmigiano
rosmarino
pepe
olio extra vergine d’oliva
mescolate le farine con il sale e lo strutto; sciogliete il lievito nel latte con lo zucchero e aggiungetelo poco per volta al miscuglio. Impastate fino all’incordatura attorno al gancio dell’impastatrice dopo ponetelo in una ciotola coperta con un telo e poi nel forno spento con la luce accesa. fate lievitare fino al raddoppio, almeno 3 ore. Stendete l’impasto su una placca da forno e fate lievitare ancora un’ora; lavate le patate, sbucciatele e affettatele finemente con una mandolina e poi dentro una terrina mescolatele con un paio di cucchiai d’olio, un po’ di sale e il rosmarino. Distribuite sulla focaccia una manciata di parmigiano grattugiato, adagiate le patate condite e infornate per una ventina di minuti a 200°C

Campania e Sicilia avvicinate da un dolcetto

non chiedetemi perché, nella cittadina di Aversa, ci sono dei dolcetti chiamati polacche… non saprei rispondere. So che in quella cittadina abitano mio fratello, mia cognata e i miei nipotini. Una mattina di un bel po’ di anni fa, eravamo lì da loro, appena sveglio, mio fratello si fionda al bar e torna con un pacchetto ciavurusu che conteneva dei fagottini caldi e buoni da svenire. A quel punto parte la ricerca della ricetta, a tanti chilometri di distanza uno ‘sfizietto’ non ce lo dobbiamo togliere? Aversani, non vi offendete se la ricetta o il procedimento non è perfetto, sono andata a sentimento,  accetto ben volentieri consigli e suggerimenti, ci mancassi.

per 10 cristiani
preparazione: un’ora più la lievitazione dell’impasto
cottura: 20 minuti
per l’impasto
500 g di farina 00
90 g di zucchero
150 g di burro
10 g di lievito di birra fresco
100 ml di latte
2 uova codice 0 o 1
un pizzico di sale
un cucchiaino di estratto di vaniglia puro
per il ripieno
4 tuorli
90 g di zucchero
25 g di farina 00
350 g di latte
un baccello di vaniglia
20 amarene sciroppate
per la finitura
un uovo
un cucchiaio di latte
granella di zucchero

sciogliete il lievito nel latte tiepido, aggiungete 20 g di farina, amalgamate e fate riposare per mezz’ora. Nel frattempo ponete, dentro il bicchiere dell’impastatrice, tutta la farina, lo zucchero, il burro sciolto ma tiepido, le uova e la vaniglia, mescolate e aggiungete il lievito, in ultimo aggiungete il sale. Impastate fino a quando l’impasto si staccherà dalle pareti del bicchiere. Mettete l’impasto dentro un contenitore di plastica, praticate un’incisione a croce, copritelo con un canovaccio e riponetelo dentro il forno spento con la luce accesa per otto ore. Preparate la crema pasticcera montando, con le fruste elettriche, i tuorli con 60 g di zucchero, lavorateli fino a farli diventare bianchi, aggiungete la farina setacciata sempre sbattendo. Mettete sul fuoco il latte con lo zucchero rimasto, il baccello di vaniglia tagliato nel senso della lunghezza e liberato dai semi. Appena prende il bollore, versatelo sulla crema di uova, sbattendo con le fruste. Riponete sul fuoco e, sempre mescolando con un cucchiaio di legno, portate a bollore. Fate raffreddare completamente prima di farcire le polacche. Dividete l’impasto in 10 porzioni, stendetene uno, su un piano leggermente infarinato, realizzando un rettangolo (o un ovale) ponete un decimo di crema e due amarene. Ripiegate i lati lunghi verso l’interno e poi ripiegate a fagotto verso il centro.Realizzate in questo modo tutti i fagottini.
 Ponete i dolcetti, su una placca foderata con carta forno, ben distanziati tra loro. Metteteli dentro il forno spento con la luce accesa, fate lievitare per una o due ore, devono raddoppiare di volume, dipende dalla temperatura ambiente. Sbattete l’uovo con il latte, spennellate i dolcetti, distribuite la granella di zucchero e infornate in forno caldo a 180°C per circa 20 minuti. Per la cottura fate tesoro della vostra esperienza e della conoscenza del vostro elettrodomestico. Serviteli tiepidi.

“come si riconosce il pane buono senza assaggiarlo?”

” non dall’odore non dall’aspetto ma dal suono della crosta.. ah, una sinfonia di scrocchi “. Ratatuille
Questo pane, semplicissimo nella sua realizzazione se cotto nella pentola magica “Le pain” di Emile Henry avrà una crosta croccante e un interno morbidissimo. Provare per credere…anche assaggiandolo.
vi cunto chi fici:

300 g di farina manitoba
200 g di semola di rimacinato
un cucchiaino di zucchero
12 g di lievito fresco
10 g di sale
300 ml di acqua tiepida
un cucchiaio d’olio extra vergine d’oliva
latte q.b.
semi misti q.b.

mettete nel bicchiere dell’impastatrice le farine, il lievito sbriciolato e lo zucchero, avviate la macchina al minimo e aggiungete l’acqua poco alla volta infine aggiungete il sale e l’olio. Continuate a impastare fino a quando l’impasto incorda attorno al gancio. recuperate tutto l’impasto, mettetelo dentro il bicchiere dell’impastatrice e poi nel forno spento con la luce accesa per un’ora. Trascorso questo tempo recuperate l’impasto, ponetelo sulla spianatoia infarinata e ripiegatelo verso l’interno, realizzate una palla che adagerete sul piatto della pentola ricoperta di semola di rimacinato; con la lama di un coltello praticate delle incisioni e poi spennellate con qualche goccia di latte, spolverate i semi e pochissima semola. Coprite con la cupola e rimettete dentro il forno spento con la luce accesa per 2 ore. Trascorso questo tempo accendete il forno a 240°C per 45-50 minuti. Sfornate e fate raffreddare prima di affettare la vostra meravigliosa pagnotta.

nostalgia canaglia, panini di cena e cuddura ccu l’ova

non canto, non canto, non canto, non canto! Mi lastimo e basta sarà l’età…boh non saprei ma certe volte tornerei indietro di 30 anni, per guardare con occhi diversi il periodo in cui avevo 13_14  anni. Ora, voi non potete sentire il ciavuru che si sta sprigionando in casa mia adesso, e questo stesso profumo mi riporta indietro di tutti questi anni, quando ero una ragazzina. Il ciavuru è quello della Santa Pasqua messinese.
cuddura ccu l’ova e panini di cena. Questo è quello che racconta Wikipedia: “Il pane di cena (o panino di cena) è un tipo di pane dolce prodotto tipicamente nella Sicilia orientale, e in particolar modo a Messina, legato per tradizione ai rituali tipici del Giovedì Santo[1], ma ormai comunemente prodotto durante tutto l’anno.”
La cuddura, tipicamente viene realizzata in più parti della Sicilia con una ricetta biscottosa. Io ho ricordi legati al panificio del mio quartiere che le faceva con l’impasto del panino di cena; figghioli ve lo devo dire,  addentando un panuzzo tornai indietro di trent’anni, chiudennu l’occhi c’eramo io, me frati Fabiolino, me matri Silvanedda e puru me patri, Ninuzzo. Ciavuru e sapore intensificano i ricordi lo disse Proust e lo sottoscrivo pure io. Buona Pasqua da me ca’ fussi io.

per 4 cuddure e 3 panini di cena
poolish
150 g di farina Manitoba
120 g di acqua tiepida
un cucchiaino raso di zucchero
5 g di lievito
in una ciotola mettete la farina, lo zucchero e il lievito sbriciolato, versate poco alla volta l’acqua e impastate gli ingredienti con la punta delle dita. Otterrete un blob molliccio che coprirete con un canovaccio e porrete nel forno spento con la luce accesa per almeno mezz’ora.

Trascorsa la mezz’ora preparate questi ingredienti per l’impasto:
160 g di farina Manitoba
310 g di farina 00
220 g di acqua tiepida
70 g di zucchero
1/2 cucchiaino di un mix di spezie ( le vendono già mixate: cannella, zucchero a velo, pepe nero, coriandolo, noce moscata, rosmarino, vaniglia)
100 g di strutto
10 g di sale
un uovo
un cucchiaio di latte
semi di sesamo
4 uova sode
Nella planetaria ponete tutta la farina, lo zucchero, lo strutto a pezzetti, le spezie e il poolish. Azionate la macchina al minimo e cominciate a mescolare con il gancio. Unite l’acqua, poco alla volta e infine il sale, lasciate lavorare la macchina fino a quando l’impasto s’incorda attorno al gancio ma non del tutto perché rimarrà umido e appiccicato alle pareti del bicchiere dell’impastatrice. Infarinate il piano di lavoro, versate l’impasto e, con una spolverata di farina, stendetelo leggermente, ripiegatelo e ponetelo in forno spento con la luce accesa fino al raddoppio. Dopo la lievitazione rimettete l’impasto sulla spianatoia infarinata, allargatelo con la punta delle dita e poi tirate un lembo verso l’alto e ripiegatelo verso il centro, fate lo stesso con i tre lati rimasti, girate le piegature verso il basso e fate lievitare coperto, ancora mezz’ora. Tagliate 7 porzioni di impasto da circa 150 g l’uno, vi resterà un pezzetto di impasto, dividerete in 8 pezzetti arrotolateli realizzando dei salsicciotti che fermeranno le uova. Sbattete l’uovo con il latte, con un pennello spennellate il panetto, incrociate i salsicciotti sull’uovo sodo, spennellate anche questi e poi spargete con i semi di sesamo. Su gli altri panuzzi realizzate un taglio al centro dopo averli schiacciati leggermente poneteli su una teglia foderata con carta forno, fate riposare ancora un quarto d’ora e poi infornate in forno caldo a 200°C per circa 20 minuti.

il piacere della pizza cotta su pietra

e non vi cuntu farfanterie, non vi parlo di quella surgelata della pubblicità e non possiedo un forno a legna ma uno a gas e l’haju da quando mi maritai. Un forno da 60 cm, che cuoce più da un lato che dall’altro ma che gli volete dire? 16 anni di onorato servizio, senza mai dire né ah né bah, iddu travagghia senza sosta da sempre, estate e inverno come un mulo ma la pizza, mischineddu d’iddu non ci veni bona. Il segreto di una buona pizza non è uno solo, ci sono diversi fattori che concorrono alla buona riuscita, uno di sicuro è il forno, infatti un buon impasto, da solo, non riesce ad essere una garanzia. Devo dire, però, che da quando uso il pizza stone la musica è cambiata e di molto. Basta seguire alcuni piccoli accorgimenti e la pizza sembrerà sfornata da un forno di pizzeria.
Pigghiate un pizzinu…
Io ho usato un impasto molto semplice: ho messo nel bicchiere dell’impastatrice 400 g di farina manitoba, 100 g di semola di rimacinato, 15 g di lievito di birra fresco sbriciolato e un cucchiaino di zucchero, ho fatto andare la macchina al minimo per mescolare, ho unito 260 g di acqua tiepida, due cucchiai di olio extra vergine d’oliva e 10 g di sale. Quando l’impasto si è incordato nel gancio della macchina staccandosi dalle pareti del bicchiere, ho spolverato con della farina di rimacinato il piano di lavoro e lavorato a mano per qualche minuto. Ho riposto tutto nel  bicchiere e poi nel forno spento sotto la luce accesa a lievitare per circa 4 ore. La seconda fase è stata quella di rimaneggiare la pasta sul piano di lavoro, sgonfiandola e dividendola in due parti, ho posizionato le pezzature sul pizza stone ben infarinato e messo ancora una volta nel forno spento con la luce accesa per ancora un’ora.
I passi successivi sono, anch’essi molto semplici ma indispensabili per una buona cottura; accendete il forno alla massima potenza e portatelo a temperatura con il pizza stone ben infarinato e posto nella parte bassa del forno. Le pezzature di impasto dovranno essere pronte sul piano di lavoro infarinato; stendetene uno con le dita o con il matterello e poi provate a girare l ‘impasto sui pugni come fanno i piazzaioli, provateci. Stendete l’impasto su una pala per pizze ben infarinato, condite con salsa di pomodoro, aprite il forno e, con un gesto deciso, fate scivolare la pizza dalla pala al pizza stone. Cuocete per circa 10 minuti, vedrete che la pizza comincerà a gonfiarsi sul bordo come in pizzeria, tirate fuori la griglia su cui è poggiata la pietra e condite con mozzarella e formaggi vari, fate voi seguendo i vostri gusti, rinfornate per ancora qualche minuto e voilà, il gioco è fatto. Croccante e morbida al punto giusto manco fussimu in pizzeria, tagliate la pizza, senza paura, direttamente sul pizza stone, è progettato anche per questo.

Una giornata MONDIALE

Oggi è una grande giornata, una giornata in cui coincidono ben due iniziative rivolte all’alimentazione

World Bread Day Giornata mondiale del pane 2012 e il World Food Day Giornata mondiale dell’Alimentazione 2012
non potevo mancare all’appello
Giornata mondiale del pane, Il ciavuru di pane che si sprigiona in casa è assolutamente irresistibile; è un evento speciale che coinvolge tutti i blogger. Zorra, già da sette anni in maniera instancabile, si è assunta il compito di coinvolgere tutta la blogsfera per preparare il pane in questo giorno e di raccogliere tutte le ricette  sul suo blog…lode a Zorra! 😀

Io qua sono con un pane dolce alle nocciole; questa ricetta l’ho realizzata utilizzando l’ultima porzione di lievito madre che ho preparato con il liquido di governo della mozzarella di bufala, seguendo il procedimento di Nuccio
220 g di nocciole tostate
50 g di burro
10 g di olio alle nocciole
2 uova medie sbattute (97 g)
180 g di zucchero
470 g di farina 0
250 ml di latte tiepido
un pizzico di sale
190 g di lievito madre ottenuto con l’acqua di governo delle mozzarelle di bufala
oppure 15 g di lievito di birra

Tritate a coltello le nocciole. Riducete a crema il burro con l’olio e lo zucchero; unite le uova e continuate a sbattere per un paio di minuti, unite le nocciole, il sale e poco alla volta 300 g di farina alternandola al latte. Otterrete un impasto molto fluido; se avete la planetaria cambiate la frusta a fili e mettete quella a K, in caso contrario continuate con un cucchiaio di legno. Unite il lievito madre e la farina rimasta. Imburrate e infarinate uno stampo da plumcake versate il composto riempendolo per 3/4 ponetelo in forno spento con la luce accesa per .6-7 ore. Con l’impasto rimasto ho realizzato dei filoncini,  infornate a 180°C il plum cake per circa 35-40 minuti, i filoncini per circa 20 minuti. Gustatelo con i formaggi e una gelatina di nero d’Avola.

Con la squadra di Cucinando abbiamo pensato di dare voce anche alla giornata mondiale dell’alimentazione, organizzata dalla FAO già dal 16 ottobre del 1981; viene celebrata in 150 Paesi. Lo scopo è quello di sensibilizzare i Governi e i cittadini del mondo sul problema della fame e della malnutrizione nel mondo. 

Zuppa d’orzo al finocchietto
per due cristiani:
una cipolla di Tropea
30 ml di vino bianco
un piccolo mazzetto  di finocchietto di montagna
15 g di uva passa
2 pomodori per insalata
150 g di fagioli cotti
500 ml di brodo vegetale
180 g di orzo
foglie di prezzemolo
olio extra vergine di oliva
pepe

Tritate finemente la cipolla, mettetela in una risottiera di terracotta e soffriggetela in un paio di cucchiai d’olio, aggiungete il finocchietto tritato a coltello, unite l’uva passa e sfumate con il vino alzando la fiamma. Unite i fagioli, il pomodoro privato dei semi e tagliato a cubetti, fate insaporire con un mestolo di brodo e spegnete. Frullate due mestoli di condimento e rimettete nel tegame. Versate l’orzo e portate a cottura come un risotto, unendo il brodo bollente poco alla volta. A fine cottura condite con un giro d’olio crudo o, se volete, olio al peperoncino.

un dolcino svedese

un panuzzo duci e zuccherato che allarga le vedute oltre lo Stretto…molto oltre. S’avi a fari un mare di strada fino ad arrivari in Svezia. Secunnu mia liggivi troppo romanzi ambientati ddà. Da Stieg Larsson a Camilla  Läckberg attraversando la Norvegia con Jo Nesbø. Ddà friddu fa ma veramente però, mica come qua nnì mia. Non mi scanto picchì dalle pagine il freddo non passa…Leggo molto, mi appassionano i gialli, quelli ‘nturciunati, intrecciati e con un finale a sorpresa, un finale di quelli che resto alluccuta, con la bocca aperta, nonostante sia sula con me stessa, il libro in mano e incapace di comprendere come abbia fatto a non accorgermi, fino alla fine, dell’inghippo. Bravissimo lo scrittore o stupiTa io 😀
Questo panuzzo bello da taliare e buono da manciari si chiama Vetebrod, un pane duci con cannella e cardamomo, un ciavuru che è una billizza, ti trascina casa-casa con il naso all’insù.
sulla scia di Nuccio e Agostina ho utilizzato il lievito madre preparato con il liquido di governo delle mozzarelle di bufala. Se seguite questo procedimento occhio, perché la lievitazione sarà mooooolto lunga 😉
la ricetta originale è tratta da “Pane fatto in casa” Sale&Pepe collection di Linda Collister
Nella versione originale questo dolce è retto, io ho realizzato una ghirlanda che pare Natale 😀

Corona di Vetebrod
per l’impasto:
50 g di burro morbido a dadini
150 ml di latte caldo
300 g di farina 0
4 g di sale
50 g di zucchero Muscovado
10 semi di cardamomo
15 g di lievito di birra oppure  se volete fare degli esperimenti 250 g di lievito madre ottenuto con il liquido di governo della mozzarella di bufala
per il ripieno:
50 g di burro morbido morbido
50 g di zucchero Muscovado
un cucchiaino di cannella in polvere
zucchero a velo per guarnire

Preparate l’impasto mettendo il burro e il latte tiepido insieme, mescolando fino a completo fusione del burro. In un’ampia ciotola mescolate la farina, il sale e lo zucchero; estraete i semi di cardamomo e pestateli in un mortaio, riducendoli in polvere. Uniteli alla farina e mescolate bene. Fate un buco al centro di questo miscuglio e aggiungete il composto di latte e il lievito, impastate a mano o meglio con la planetaria dotata di gancio, fino ad ottenere un impasto molto idratato.

 Stendetelo sulla spianatoia infarinata, allargatelo leggermente e fate quattro pieghe, ponetelo a lievitare fino al raddoppio dentro un contenitore infarinato dentro il forno spento con la luce accesa. Con questo lievito madre il mio impasto ha avuto bisogno di 7 ore di lievitazione. Preparate il ripieno mescolando lo zucchero con la cannella e il burro, io ho passato leggermente il burro sul fuoco, un paio di secondi,  Il tempo minimo per amalgamare tutti gli ingredienti. Riprendete l’impasto stendetelo sulla spianatoia infarinata realizzando un quadrato di 30 cm di lato, io l’ho steso di più realizzando un rettangolo 30×40 cm in modo da ottenere una ghirlanda. Spalmate il composto preparato, arrotolatelo lasciano la chiusura sul lato inferiore, ponetelo su una placca da forno bene imburrata e, con un paio di forbici da cucina, praticate dei tagli ortogonali al piano, distanziati di circa un cm l’uno dall’altro, poi trascinate i pezzi tagliati alternativamente verso destro e verso sinistra. Fate lievitare ancora fino al raddoppio, circa un’ora e infornate a 200°C per 20 minuti, sfornate, fate raffreddare e spolverate con lo zucchero o velo. Mangiatelo caldo e pensatemi *_*