Lunedì e il senso di colpa del fine settimana

Non si può, no! Non si può interrompere la dieta dopo soli tre giorni. Ne sono consapevole, dovrei stare a dieta per un periodo più lungo di qualche giorno, no? Comincio il lunedì di buzzo buono, piena di buoni propositi, poi in un fiat arriva il giovedì ed entro, in automatico, nella logica del fine settimana, il mio cervello si rilassa e si nnì futti, cedendo senza freni, alla meraviglia del cibo condiviso. Marò che stress pazzesco. Sono qua, un po’ più rotonda certo, ma sempre io sono, vogliatemi bene. La ricetta di oggi è quella dei buoni propositi, quella del lunedì per intenderci, vi occorrono 10 minuti per prepararla e poco di più per cuocerla.

 Per due cristiani:
400 g di salmone in tranci
200 g di zucchina
10 g di capperi
uno spicchio d’aglio
un mazzetto di prezzemolo
un pezzetto di peperoncino piccante
50 g di olive nere già snocciolate
20 g di semi di sesamo
olio extra vergine d’oliva

 Accendete il forno a 180°C. Foderate una piccola teglia con un foglio di carta forno, adagiate le fette di salmone e mettete da parte. Tagliate a dadini la zucchina, precedentemente lavata e spuntata, tritate insieme, l’aglio degerminato, il peperoncino, i capperi e le olive, tritate il prezzemolo e tostate, in un padellino, i semi di sesamo. Cospargete il pesce con la zucchina, poi distribuite il mix di olive, il prezzemolo e il sesamo. Irrorate con un filo d’olio e infornate per 15, 20 minuti, dipende dallo spessore del trancio. Servite subito

autunno a ripa di mare

Viviamo immersi in frasi fatte, stereotipi, caricature di persone e modi di fare. Ma picchì? Me lo chiedo un mare di volte; ci lasciamo trascinare, come su un’onda, dai luoghi comuni. Tutti affiatati in una solo modo di vedere. Uno o pochi, comunque una visione limitata delle cose, direi.In definitiva, CHI SIAMO NOI per dire che i fagioli si maritano con le cotiche? CHI SIAMO NOI per dire che le castagne vannu mano manuzza con il cinghiale? Già…e se nella tajine ci cucino il pesce come piaci a mia qualcuno ha qualcosa da ridire AH!?! L’autunno me lo cocio accussì! C’e cosa?
Se qualcuno avesse qualcosa da ridire o se sturciti lu nasu, siete liberissimi di cambiare canale 😀 (che avevate capito?).
D’altra parte, il bello della possibilità di scelta è proprio questo no? Io oggi ho scelto di mangiare meglio e pensare un’altra ricettuzza per Salutiamoci. Vi ricordo che nel mese di ottobre la castagna è ospitata da Kitchen Bloody Kitchen
 

sulu ppì mia:
una spigola o branzino che dir si voglia
150 g di fagioli già cotti
6 castagne
2 foglie di alloro
3 cm di zenzero grattugiato
acqua
olio extra vergine d’oliva
sale e pepe

 

Eviscerate il pesce, lavatelo, eliminate le squame, asciugatelo e mettetelo da parte. Levate la scoccia alle castagne, lessatele in acqua salata con una foglia di alloro, scolatele, eliminate la cuticola e tritatele grossolanamente. In una ciotola mescolate insieme i fagioli, lo zenzero, le castagne e una macinata di pepe. Sporcate di olio il fondo della tajine, adagiate il pesce, salatelo leggermente sia dentro che fuori e riempite la sua pancia con un po’ di condimento e una foglia di allora lavata e asciugata. Distribuite il resto dei fagioli conditi ai lati della spigola, versate circa 40 ml di acqua, chiudete con il coperchio e cuocete 15 minuti. Spegnete il fuoco e fate riposare ancora dieci minuti. Servite già sfilettato su un letto di fagioli oppure per chi ama sfilettare pazientemente il pesce direttamente su un piatto grande.

Azzurro

 …lo so, lo so benissimo che non esiste. L’ho capito tardi, ma è meglio tardi che mai no? Dunque, appurato che Azzurro, il principe, non esiste, faccio un diretto riferimento al pesce azzurro, quello del mare mio: quel mare che quando m’affaccio alla finestra e lo vedo, resto affatata come fosse la prima volta con il luccichìo delle onde sotto i raggi del sole, con quel ciavuru che mi trasi nelle nasche; celestiale, azzurro appunto, come il pesce che ci nata, nuota insomma.
Questo pesce, nella fattispecie sarde, alici e alghe, viene usato come portatore sano di salute nel mese di settembre di Salutiamoci ospite di Un filo di erba cipollina


io adoro le sarde mi piacciono assai, e queste seguono le semplici regole del gioco
Sarde al forno
per due cristiani
500 g di sarde
100 g di pangrattato
2 filetti di acciuga sott’olio
1 spicchio d’aglio
un mazzetto di prezzemolo
mezzo limone
olio extra vergine d’oliva
pepe

pulite le sarde, eliminate la testa, le interiora e apritele a libro. Lavatele, asciugatele e mettetele a macerare qualche minuto in poco olio, giusto il tempo della preparazione del condimento. In una padella sporca con due cucchiai d’olio, sciogliete le acciughe, aggiungete il pangrattato e mescolate portando a doratura. Spegnete il fuoco e aggiungete l’aglio e il prezzemolo tritati insieme, pepate. Ungete una piccola pirofila da forno, cospargete le sarde con il pangrattato aromatico, arrotolatele con la coda rivolta all’insù e posizionatele dentro la teglia. Tagliate a rondelle il limone e posizionate le fettine qua e la tra le file di pesce. Distribuite il pangrattato rimasto e l’olio della marinatura. Infornate a 180°C per 15 minuti.
e vidi chi manci!

aiutatemi a dire: un classico!

 No! In effetti, nonostante sia il classico dei classici, non l’avevo mai postato; è uno dei risotti più classici (l’avevo già detto che è un classico?) del mondo ma, no! Non l’avevo mai pubblicato pur avendolo fatto, ri_fatto e stra_fatto un monte di volte. Quindi oggi, ve lo sorbite (se volete), anche solo come finger food picchì chistu ristau, dui chicchiceddi, giusto per fare una foto e farvi taliare, più o meno, comu vinni…oppure, taliate la pignata vacante! Fate voi; vi do ben due atrenative perché è finita l’era del “prima la foto e poi si mangia”. Adesso prima si mangia e, se resta qualcosa, si fa una foto…
AH! Ora ‘u capivi picchì non l’avia pubblicato mai, questo classico di un classico 😀

‘sta vota eràmo otto cristiani:
620 g di riso Carnaroli
5 zucchine genovesi niche, piccole
12 fiori di zucca
300 g di gamberetti già sgusciati
3 scalogni
brodo vegetale o di pesce
una bustina di zafferano o se l’avete in pistilli
un bicchiere di vino bianco secco
olio extra vergine di oliva
sale e pepe
un mazzetto aromatico, prezzemolo e menta
preparate il brodo, in cui scioglierete lo zafferano; tenetelo in caldo, pronto per la cottura del riso. Lavate le zucchine, spuntatele, asciugatele e tagliatele a cubetti nicareddi, piccolini. Affettate molto finemente lo scalogno, ungete con due cucchiai di olio la vostra risottiera e soffriggete dolcemente. Unite le zucchine, salate e coprite con il coperchio, facendo stufare qualche minuto e mescolando con un cucchiaio di legno. Aggiungete metà dei fiori di zucca lavati, asciugati, privati del pistillo e tagliati a filetti. Aggiungete il riso, fate tostare, bagnate con il vino, fate evaporate e poi portate quasi a cottura unendo il brodo caldo, poco alla volta. Quasi a fine cottura, unite i gamberetti, mescolate e infine aggiungete gli ultimi fiori di zucca e il mazzetto aromatico tritato finemente. Aggiustate di sale, pepate e mantecate con un giro d’olio. Coprite la risottiera con il coperchio e fate riposare qualche minuto prima di servire.

la Sicilia me la porto dentro

Che fine fate fare al pane duro? Se lo buttate, non voglio saperlo. Raccontatemi, piuttosto, come lo ri_utilizzate; potrebbe essere un’idea per un contest…eddai, scherzavo!
Vi cunto che facciamo, buona parte dei siciliani  ed io. Niè, lo grattugiamo. Lo faccio seccare nei sacchetti di carta, poi lo taglio a pizzuddicchi e lo metto nel frullatore riducendolo in pangrattato, che poi grattato non è, ma fa lo stesso. Dopo lo setaccio con un colapasta e ottengo due tipi di grana; grossa e fine. Quella fine la utilizzo per panare la carne, pesce o pollo o per le polpette. Quella a grana grossa la uso per fare i muddichi per condire la pasta al posto del formaggio (c’è la crisi).
Ppì sta pasticedda ho usato la muddica a grana grossa, quella che resta dentro il colapasta dopo averla setacciata. Ho pestato dentro il mortaio un ciuffetto di basilicò, uno di menta fresca con un pizzico di sale e ho messo da parte. Ma non mi facìti cunfunnìri e andiamo con ordine…
Fettuccine con tonno fresco e muddiche ciavuruse
per due cristiani:
160 g di fettuccine ruvide
160 g di tonno in una sola fetta
mezza cipolla rossa di tropea
una manciata di capperi sotto sale
olio extra vergine d’oliva
un mazzetto di basilico
un mazzetto di menta
30 g di mollica di pane secco a grana grossa
una manciata di pistacchi
sale e pepe
In un mortaio pestate il basilico e la menta con un pizzico di sale; tenete  il tonno a bagno in acqua e sale per circa mezz’ora, poi sciacquatelo, asciugatelo e tagliatelo a dadi. Affettate la cipolla con una mandolina, ponetela in un wok con due cucchiai d’olio e i capperi dissalati sotto l’acqua corrente. Fate appassire e poi aggiungete il tonno, fate rosolare a fiamma vivace per pochi minuti, aggiustate di sale se necessario e mettete da parte. Nello stesso wok  sporco d’olio rosolare la mollica di pane duro con i pistacchi, fate abbrustolire e poi unitela al pesto di erbette. Cuocete la pasta in abbondante acqua salata, scolatela al dente e conditela con il sugo di tonno scottato, mescolando per fare insaporire, impiattate distribuendo la mollica aromatica, una macinata di pepe e qualche foglia di menta.

a ripa di mare

oggi il ciavuru, di mare arrivava fino a casa mia, non abito distante ma stamatina si sentiva preciso come se fossi a ripa di mare. Unu s’arricria magari dopo una nottata mallitta, quest’aria mi riempie i polmoni di sale benefico. Pare di sentirmi meglio, le cose mi parunu cosicedde, cose di vento, fissarie .
pasta con ragù di triglie su macco di piselli
per 4 cristiani
scegliete una pasta callosa, io ho usato i Pici di Toscana trafilati al bronzo presi da Tastexp
340 g di pasta lunga
mezzo chilo di triglie
500 g di piselli freschi
200 g di pomodori datterino
200 g di finocchietto di montagna
mezza cipolla rossa
2 spicchi d’aglio
2 cucchiaini raso di zucchero
olio extra vergine d’oliva
50 ml di vino bianco secco

sgusciate i piselli e metteteli a stufare in una casseruola con un soffritto di cipolla tritata finemente e un cucchiaino raso di zucchero; coprite con dell’acqua e fate cuocere per almeno un’ora,  se durante la cottura l’acqua si asciuga aggiungetene dell’altra bollente. Quando, rimestando di continuo, i piselli si disfano, avrete ottenuto il macco, una sorta di purea che vi servirà da fondo per la pasta; salate e mettete da parte.
Lessate il finocchietto, lavato e mondato, in abbondante acqua bollente per una quarantina di minuti o fino a quando sarà tenero, tritatelo e mettetelo da parte. Pulite le triglie, eliminate le interiora, le pinne dorsali, le squame, le teste, le lische e quante più spine potete. Apritele a libro e tagliatele in 4 pezzi. Tritate uno spicchio d’aglio, rosolatelo con 2 cucchiai d’olio aggiungete il pesce e fatelo saltare per fare insaporire. Quando prendono colore sfumate con il vino e fate evaporare ma non completamente; aggiungete il finocchietto mescolate per insaporire e spegnete. In un tegame soffriggete uno spicchio d’aglio tritato finemente, aggiungete i pomodorini tagliati a metà, cospargete con lo zucchero e fate stufare per una decina di minuti, fino a quando appassiranno. Unite le triglie al pomodoro fate sobollire il condimento per pochi minuti, aggiustate di sale e poi spegnete. Cuocete la pasta nell’acqua di cottura del finocchietto,  scolatela al dente dentro il tegame con il condimento e fate mantecare su fuoco vivo per pochi istanti. Impiattate distribuendo sul fondo del piatto il macco di piselli e sopra la pasta.

mare di Sicilia

Bastano i raggi di un sole caldo ma lèggio di maggio, per rasserenare il mio animo; chi mi conosce sa perfettamente che d’inverno il mio umore è parecchio mutevole, diventa scurusu se la giornata appare scurusa al mio risveglio. Anche nella bella stagione capita che all’orizzonte ci siano nuvole cariche di pioggia, come oggi. Ecco, oggi il mio umore annegherà assamarato d’acqua. Meteoropatica sugnu, accussì si dice in italiano. Aspetto che cominci, per me, il periodo più bello dell’anno, caldo estivo e passate di scirocco che tolgono il fiato. AH! Finalmente, caldo e mare a tinchitè. Ma il mare smorca il pititto e cosa c’è di meglio di una focaccia da portare in ripa di mari per fare un pic-nic e, perché no, festeggiare un compleanno speciale sulla spiaggia? Buon compleanno mamà! Com’è il tempo da te?
La ‘mapanata è una focaccia di derivazione spagnola, la empanada: un pasticcio di carne, pesce o formaggio avvolto in pasta di pane. In Sicilia sono presenti due tipologie di impasti per fare le ‘mapanate, uno di pane e l’altro più simile ad una frolla. Un modo opulento di servire una pietanza, uno scrigno che cela la meraviglia delle meraviglie 😀
Quella che vi propongo, può essere servita come antipasto ma anche come secondo, accompagnata da una insalata di pomodori freschi e aglio a pezzi grossi.

‘Mpanata di alici
per 4 cristiani
per l’impasto:
500 g di semola di rimacinato di grano duro
10 g di lievito di birra fresco
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
350 ml di acqua tiepida
un cucchiaino di zucchero
11 g di sale
per il ripieno:

500 g di di alici fresche
uno spicchio d’aglio
5 rametti di timo
25 g di capperi sotto sale
80 g di pangrattato
2 pomodorori sodi
olio extra vergine d’oliva
sale aromatizzato alle erbe
pepe macinato al momento

Preparate la pasta mettendo nella planetaria la farina e il lievito sbriciolato; accendete la macchina al minimo, impastate aggiungendo l’acqua tiepida in cui avrete sciolto lo zucchero e infine unite il sale e l’olio. Otterrete un impasto molto idratato e appiccicoso, coprite con un canovaccio e fate riposare nel boccale della macchina per mezz’ora. Nel frattempo lavate e diliscate le alici sotto l’acqua corrente, tamponatele con della carta assorbente e mettetele da parte. Infarinate, con la semola, il piano di lavoro adagiate l’impasto e, con le mani infarinate, allargatelo e fate un giro di pieghe, mettetelo in una ciotola coperta con un canovaccio umido dentro il forno spento con la luce accesa; fate lievitare per due ore.  Preparate il ripieno mescolando in una ciotola il pangrattato con le foglioline di timo lavate e asciugate, i capperi e l’aglio tritati finemente.Spolverate il piano da lavoro con abbondante semola di rimacinato, stendete l’impasto lievitato con le dita, allargandolo, poi, con il mattarello, stendete una sfoglia rotonda sottile e adagiatela sul pizza stone (o dentro una teglia  antiaderente) precedentemente spolverato con semola di rimacinato; distribuite un filo d’olio su tutta la superficie aiutandovi con pennello oppure con le dita. Su metà del cerchio di pasta, sistemate a strati metà del pangrattato aromatizzato, le alici, i pomodori tagliati a fette e un filo d’olio, salate con il sale alle erbe, finite con il pangrattato e una spolverata di pepe nero. Sovrapponete l’altra metà della pasta e sigillate la parte inferiore  su quella superiore intrecciando i bordi.Infornate in forno caldo a 190°C per 35 minuti. Sfornate e servite tiepida 

chi ha voglia di mettersi a dieta?

non io…prima delle feste mi dicevo, sempre tra me e me e ad alta voce, “Come sono dimagrita! Che bello dimagrire prima delle feste! Sono stata troppo brava, adesso sarò bravissima a mantenermi anche durante le festeeeeeeeeeeeeh?” In effetti brava son stata brava, però adesso ho una fame; mi mangerei dolci e dolcetti, pasta a tinchitè e secondi sugosi e grassi…e invece? buhhhhhhh! Devo lavorare, per l’ennesima volta in 42 anni, sul mio cervello, convincermi che magro fa bene alla salute oltre al fatto che fa bene alle gonnelle e ai pantaloni taglia 42 che ho comprato con i saldi…CI-DEVO-ENTRARE!!!! Perchè mi torna poi sempre la solita tiritera, VOGLIO FARE LA MO-DEL-LA!!! Mah! Certo è, che non mi sono mai posta una domanda, importante volendo. Ma chi mi vuole come modella? AHAHAHAHAHAH! (risata quanto mai isterica e sdrammatizzante, sempre a causa delle ristrettezze caloriche) .
Per non di meno a ciò, vi sottopongo un secondo quanto mai veloce, buono e bello. Preparato la notte di capodanno; avete capito bene, l’ho preparato proprio dopo aver mangiato anche il primo, praticamente si prepara velocemente senza che abbiate il tempo di dire nè ah! e nè bah!
eravamo 12 e accattai un chilo e mezzo di salmone a fette…Poi si sa come sunnu fatti i picciriddi no? Dopo la pasta non voseru chiù nenti ed io m’arritrovai a preparare ‘sti pacchetti utilizzando due sole fette di pesce. Vi conto chi fici:
non considerando i cincu picciriddi, rimasimu 7 cristiani ancora manciatari, con la voglia cioè, di gustare ancora qualcosa.

2 fette di salmone circa mezzo chilo
6 fogli di pasta phyllo
burro qb
500 g di zucchine genovesi
uno spicchio d’aglio
olio extra vergine d’oliva
sale e pepe
mezzo bicchierino di brandy
un mazzetto di prezzemolo (mi scordai)
Lavate e spuntate le zucchine, tagliatele a rondelle sottili con una mandolina. Ponetele in una padella con l’aglio tritato e 2 cucchiai d’olio. Rosolatele fino a cottura, salate, pepate, aggiungete il prezzemolo tritato e fate intiepidire. Eliminate la pelle del salmone, riducetelo a pezzetti di circa 6-7 cm di lunghezza e fatelo saltare in padella con un pezzetto di burro; sfumate con il brandy e fate evaporare, salate leggermente e pepate. Stendete un foglio di pasta phyllo, spennellatelo con del burro fuso e copritelo con un altro foglio, spennellando anch’esso. Tagliate i due fogli sovrapposti in 6 rettangoli e adagiate alla base di ognuno un tocchetto di salmone e qualche rondella di zucchina. Chiudete i lati e arrotolate il fagottino, spennellate ancora e ponetelo su una teglia foderata con carta forno. Fate lo stesso con tutti i tocchetti di salmone. Infornate in forno caldo a 180°C fino a doratura della pasta, ci vorrà circa un quarto d’ora dipende dal vostro forno. Servite con una insalata mista o con le zucchine rimaste.

pisci d’ummira


Il nastro rosa me lo sono legato tra i riccioli che avevo quannu ero ‘na figghiuledda, poi ho cominciato a stirarli; il nastro è rimasto, i riccioli li ho persi definitivamente 🙂 avevo proprio dei bei capelli, lunghi e mossi.
Molte cose cambiano durate l’arco di una vita, alcune cambiano con consapevolezza, altre accadono senza che te ne renda conto. Dunque i ricci li ho persi sapendo che li avrei persi, avevo 20 anni. Oggi ne ho 42, ho avuto disturbi del comportamento alimentare e per mia volontà ne sono uscita con l’aiuto di una psicologa. Non posso nascondere che ne risenta ancora oggi. Gli effetti a lungo termine si vedono. Il primo passo da compiere è volersi bene;di un amore vero, sviscerato, senza rete.  La mattina dico sempre a me stessa: “perchè io valgo!” mai pubblicità fu più azzeccata ahahahahah bisogna ricordarselo ogni momento, soprattutto quando fattori esterni ti colpiscono incrinando il tuo stato, poi è tutta discesa.
In definitiva per stare bene devo convincermi che sono una persona favolosa, devo mangiare bene e fare attività fisica. Le prime due le effettuo giornalmente, la terza la distribuisco tre volte a settimana; faccio una lunga passeggiata a passo sostenuto. Indosso un paio di scarpe comode adatte allo scopo e un abbigliamento adeguato; lascio mia figlia a scuola alle otto e, con una mia amica, ci incamminiamo fino al lungomare di Isola delle Femmine, circa 8 km di aria buona, paesaggio fantastico e moto allegro. Quando torno a casa non posso fare altro che mantenere il mio status coccolandomi con un piatticeddu che adoro.
Il pesce d’ombra o pesce pilota è un pesce pescato nel mediterraneo,  abbastanza comune dalle nostre parti. ha una carne soda e, tutto sommato poche spine, per me è un piacere mangiarlo…mi scialài 

Pisci d’ummira al forno con verdure croccanti.
per due cristiani:
2 pesci d’ummira eviscerati, di circa 600 g complessivi 
un mazzetto di erbe aromatiche io ho usato quelle che ho nell’orticello 
2 foglie di alloro fresco
5 rametti di timo
qualche ciuffo di maggiorana
pepe rosa
sale
una carota
una patata
una zucchina
un limone
olio extra vergine d’oliva

lavate i pesci, asciugateli, dentro e fuori, con un foglio di carta da cucina. Mettete dentro la pancia qualche  grano  intero di pepe rosa, le foglie aromatiche, un pizzico di sale e un filo d’olio. Dopo averle lavate, pelate la carota e la patata, spuntate la zucchina. Con una mandolina affettate finemente la verdura e collocatela sui pesci avvolgendoli, seguendo una decorazione alternata, quello che resta ponetelo su una teglia foderata con carta forno. Disponete nella teglia anche i pesci così coreografati,  spolverate con le erbette e qualche grano di pepe rosa, salate leggermente,  versate un filo d’olio, spremete il succo del limone e infornate in forno caldo a 180°C per circa 40 minuti o fino a quando il pesce sarà cotto. Irrorate con un filo d’olio e servite.

la mia prima food experience

Io che l’inglese non lo “mastico” l’ho capito cos’è una food experience, ma l’ho capito sul luogo, un luogo mangereccio. La trattoria frutti di mare da Enzo a Mondello…
Vi conto chi fici, ma assittativi picchì a storia longa è 🙂
Avete un iPhone oppure un iPad? Eddai che ce l’avete, perchè fondamentale è! Se possedete un magico strumento è fatta! Avete Cibando. E’ un grande progetto enogastronomico che coinvolge una moltitudine di ristoranti e trattorie, aiutatemi a dire moltitudine; luoghi in cui non vai solo a mangiare ma per trascorrere una serata speciale, da ricordare. Sulla mappa che appare sul display, fai un cerchietto col ditino e magicamente Cibando trova tutti i locali affiliati con recensioni, foto, commenti, vini e menù nella zona dove sei tu; una guida pratica a portata di dito, con un tacc (touch) trovi tutte le informazioni e metti da parte le guide cartacee.
Lo scopo di Cibando è quella di raccontare un’esperienza, le sensazioni che ti avvolgono quando entri ma soprattutto quando esci da quel locale. La mia l’ho condivisa su Cibando con una recensione sulla mia food experience. Non vi devo vendere niente, piuttosto vi regalo la mia esperienza. Le fantastiche foto sul bolg di Cibando sono di Isabella Iervolino.
Trattoria frutti di mare “da Enzo” Mondello, Palermo

Noi Siciliani abbiamo l’animo barocco. Ci piace l’opulenza, la prosperità, la ricchezza, il fasto. Ne sono la prova le architetture, le feste religiose, il cibo e l’ospitalità. Il nostro, è un atteggiamento sfarzoso; è un dato di fatto. Riusciamo a stupire con effetti speciali, acchiappando il cuore dei nostri ospiti. Dobbiamo farlo è per noi, vitale. Non vi stupite perciò, se alla trattoria “da Enzo” a Mondello vi accoglieranno con il tangibile desiderio di regalarvi una serata indimenticabile.Il locale si trova nella piazza dell’antica borgata marinara, guarda l’incantevole golfo e permette di mangiare anche sulla terrazza, godendo così, oltre che con il palato anche con la vista, magnifica, sul mare. Non fatevi confondere dalla miriade di locali che allettano lo sguardo curioso dei turisti; da Enzo il pesce è freschissimo, l’attenzione e la conoscenza sulle materie prime è di importanza basilare. L’ospitalità del personale è carica di interesse per il cliente, il proprietario il signor Vincenzo, ci accoglie con grande professionalità e un accattivante sorriso, ci fa accomodare, poi si occupa degli altri clienti e della supervisione in cucina. Il responsabile dei vini, il signor Salvatore, ci ha seguito nella scelta della degustazione menù e in quella del vino. Ha scelto per noi un Tasca d’Almerita Grillo Mozia 2010; un vino, profumato di fiori e frutti tipicamente mediterranei, fresco e piacevole che ha fatto da scenario alla cena.

Gli antipasti, caldi e freddi ci abbracciano con il loro profumo; i cappuccetti fritti, delicatamente ciauvurusi al limone, caldissimi com’è giusto gustarli. Una leggerissima spatola impanata ci ha deliziato, prima dell’ingresso di un di cruditè di pesce spada, tonno e gamberoni, aromatizzati da una salsa emulsionata, con erbe aromatiche fresche, olio extravergine d’oliva e limone, un biglietto da visita insostituibile per gustare il pesce fresco di assoluta qualità.

Il primo ci travolge con il suo profumo; un sontuoso piatto di fettuccine all’astice, praticamente primo e secondo insieme, considerando la quantità principesca.

 

Quasi a conclusione della serata entra in scena il signor Orazio che, quasi non volendo che andassimo via, con i suoi sorrisi, le sue battute e le sue competizioni, ci ha legato amabilmente ad un tripudio di dolci. La cassata gelato, considerando il caldo che c’era, dovevamo provarla; poi è stata la volta di una versione particolarissima di quella tradizionale, talmente buona che non si riesce a smettere di allungare il cucchiaino per gustarla. Per concludere il lato duci della serata, un sorbetto al limone con fragoline di bosco, un’esperienza deliziosa.


La nostra degustazione si è svolta in un posto strategico, all’interno del locale climatizzato; eravamo accanto allo smistamento delle diverse comande, ai tavoli predestinati. Abbiamo visto passare (assaggiando anche) quasi l’intero menù, accompagnati dalle annotazioni della signora Angela.
La competenza, la conoscenza, la dimestichezza e la familiarità con cui il personale del locale ci ha condotto, rappresentano una identità culturale chiara, espicita e genuina.