elogio ai ciuriddi

Il mio spacciatore di frutta e verdura (citando Enza), il signor Zingale di Carini  ha molti pregi, uno tra questi, quello di mettere in bella mostra, nemmeno fosse un fiorista, i ciuriddi di cucuzza. Nell’istante in cui metto piede nel negozio vengo accalappiata dal colore, sgargiante, vivace, poi dalla freschezza impressionante; il loro aspetto è un elogio alla bellezza. A quel punto scatta il bisogno ossessivo compulsivo di dovere acquistare quei ciuriddi. Certo pare “peccato” cuocerli picchì s’ammosciano, però il loro sapore poi ripaga anche il sacrificio e la loro effimera vita.

Tutto ‘sto panegirico per dirvi che me li sono mangiati dentro un’ottima schiacciata 😀
Schiacciata ai fiori di zucca e stracchino

Un ripieno classicheggiante, per un impasto lievitato. Rivisto su Sale&Pepe un milione di volte (anche su uno degli ultimi numeri) ho deciso di far lievitare la pasta anzicchèno 😉
Preparate un impasto per pizza mescolando 180 g di farina di semola rimacinata e 180 g di farina Manitoba. Sciogliete 8 g di lievito di birra fresco in 160 ml di acqua tiepida con un cucchiaino da caffè di zucchero. Versatelo nella planetaria (se l’avete, se no con la forza delle vostre braccia) con le farine e impastate al minimo; aggiungete 3 g di sale e due cucchiai d’olio. Se necessario aggiungete qualche goccia d’acqua per rendere morbido l’impasto, deve esserlo, morbido e appiccicoso. Ponetelo in una terrina e fatelo lievitare coperto dentro il forno spento per un’ora. Riprendete l’impasto, dividetelo in 2 parti disuguali e stendete quello più grande, con un matterello, su un piano infarinato o su un foglio di carta forno. Poggiatelo su una teglia di 30 cm dii diametro, leggermente unta d’olio o con la carta stessa sulla quale l’avete stesa.

Mettete 500 g di stracchino a pezzetti 4-5 filetti di alici sott’olio spezzettate e 12 fiori di zucca precedentemente aperti a libro e privati del pistillo. Stendete la pasta rimanente e coprite la schiacciata; ripiegate i bordi di quella sottostante e saldateli su quella superiore. Bucherellate la superficie con i rebbi di una forchetta e fate lievitare ancora mezz’ora. Infornate a 200°C per mezz’ora o fino a doratura. A metà cottura spennellate la superficie con un’emulsione di olio ed acqua.

i fichi caramellati che uniscono l’Italia

Capita, alle volte capita.
Capita che la rete virtuale alla fin fine è reale al 100%. Ci sono in gioco affezioni, emozioni e sentimenti che corrono sui fili della rete. Capita che una lettrice del blog riesca a comunicare tutto questo e anche di più; a quel punto scatta la scintilla 😉
Paola, con la sua famiglia, gestisce un ristorante e un B&B in Abruzzo, nel Parco Nazionale del Gran Sasso. Il ristorante Gran Sasso per l’appunto. La cucina è semplice e di qualità, gestita dall’amore di tutta la famiglia, unitissima.
Paola, dicevo, dopo aver letto la ricetta del miele di fichi,  ha condiviso con me quella dei fichi caramellati della signora Adriana di Mantova. Per una volta, ma spero non sarà l’ultima, ho realizzato una ricetta che, in genere, lei prepara nella cucina del suo ristorante. Paola, all’unisono siamo!

Fichi caramellati
1 kg di fichi sia verdi che neri, l’importante è che siano belli
300 g di zucchero
200 ml di aceto 
300 ml di acqua
io, per la solita fissazione patologia dei food bloggers, di variare la ricetta originale per segnare col proprio nome, ho usato aceto di mele ed ho aggiunto 30 g di mandorle a lamelle.
Disponete i fichi un un tegame ampio e antiaderente. Versare tutti gli ingredienti e fate cuocere per 3-4 ore a fuoco leggio fino a quando il liquido si riduce e arriva alla consistenza e alla colorazione del caramello. Invasate i fichi insieme al sugo, capovolgete i barattoli e fate riposare coperti per tutta la notte.  Consumateli tra un mese o due accompagnandoli con del formaggio. 

con questa ricetta partecipo al CONTEST (ST)RENNE GLUTEN FREE

conservare le tradizioni

L’ho mai detto che non sono palermitana? 🙂 
Lo so, l’ho già detto ma magari non tutti lo sanno. Abito in questa provincia da diciotto anni, cucino assiduamente e per nicissità picchì mi maritai, da quattordici. Le tradizioni qui sono diverse da chiddi missinisi quindi studio sempre, per impararne di nuove, conservarle e tramandarle a me figghia che invece palermitana è.
La signora Claudia, nonna dei gemellini, compagni di scuola di Carlotta, è per me una fonte inesauribile di tradizioni tipiche della provincia; è anche per questo che non finirò mai di ringraziarla. Mi ha insegnato moltissime ricette, questa è indispensabile per la preparazione dei buccellati e di altri dolci natalizi. Bisogna pensarci per tempo dunque!
Settembre è proprio  il mese in cui c’è sempre un gran lavorìo. Ci prepariamo un po’ tutti all’inverno conservando nei barattoli un po’ d’estate! Io ne ho bisogno 😀
I lavori settembrini presentano, in genere, processi lenti, alle volte durano giorni e hanno bisogno di continue cure durante le varie fasi della preparazione, questo è uno di quelli.

Il miele di fichi di nonna Claudia.
6 kg di fichi maturi
acqua
Lavate i fichi, metteteli in una pentola capace, versate dell’acqua buona senza coprire i fichi, ma quasi. Ponete sul fuoco leggio, leggero e cuocete fino a fare evaporare quasi tutta l’acqua, circa 6 ore, mescolando spesso. Completata la prima fase, distribuite i fichi cotti, in dei colapasta; schiacciateli da un peso e fateli percolare dentro un contenitore, tutta la notte o fino a quando hanno rilasciato tutto il loro nettare. Con questa quantità di fichi ne ho raccolto circa un litro.

 Eliminate i fichi, rimettete sul fuoco basso e cuocete, mescolando fino a quando il preparato raggiunge la giusta densità, circa un’ora e mezza.Otterrete circa la metà del prodotto liquido, il colore raggiungerà la gradazione di un bruno scuro, come il caramello. 
Invasate e conservate nella vostra dispensa. 

la mia prima food experience

Io che l’inglese non lo “mastico” l’ho capito cos’è una food experience, ma l’ho capito sul luogo, un luogo mangereccio. La trattoria frutti di mare da Enzo a Mondello…
Vi conto chi fici, ma assittativi picchì a storia longa è 🙂
Avete un iPhone oppure un iPad? Eddai che ce l’avete, perchè fondamentale è! Se possedete un magico strumento è fatta! Avete Cibando. E’ un grande progetto enogastronomico che coinvolge una moltitudine di ristoranti e trattorie, aiutatemi a dire moltitudine; luoghi in cui non vai solo a mangiare ma per trascorrere una serata speciale, da ricordare. Sulla mappa che appare sul display, fai un cerchietto col ditino e magicamente Cibando trova tutti i locali affiliati con recensioni, foto, commenti, vini e menù nella zona dove sei tu; una guida pratica a portata di dito, con un tacc (touch) trovi tutte le informazioni e metti da parte le guide cartacee.
Lo scopo di Cibando è quella di raccontare un’esperienza, le sensazioni che ti avvolgono quando entri ma soprattutto quando esci da quel locale. La mia l’ho condivisa su Cibando con una recensione sulla mia food experience. Non vi devo vendere niente, piuttosto vi regalo la mia esperienza. Le fantastiche foto sul bolg di Cibando sono di Isabella Iervolino.
Trattoria frutti di mare “da Enzo” Mondello, Palermo

Noi Siciliani abbiamo l’animo barocco. Ci piace l’opulenza, la prosperità, la ricchezza, il fasto. Ne sono la prova le architetture, le feste religiose, il cibo e l’ospitalità. Il nostro, è un atteggiamento sfarzoso; è un dato di fatto. Riusciamo a stupire con effetti speciali, acchiappando il cuore dei nostri ospiti. Dobbiamo farlo è per noi, vitale. Non vi stupite perciò, se alla trattoria “da Enzo” a Mondello vi accoglieranno con il tangibile desiderio di regalarvi una serata indimenticabile.Il locale si trova nella piazza dell’antica borgata marinara, guarda l’incantevole golfo e permette di mangiare anche sulla terrazza, godendo così, oltre che con il palato anche con la vista, magnifica, sul mare. Non fatevi confondere dalla miriade di locali che allettano lo sguardo curioso dei turisti; da Enzo il pesce è freschissimo, l’attenzione e la conoscenza sulle materie prime è di importanza basilare. L’ospitalità del personale è carica di interesse per il cliente, il proprietario il signor Vincenzo, ci accoglie con grande professionalità e un accattivante sorriso, ci fa accomodare, poi si occupa degli altri clienti e della supervisione in cucina. Il responsabile dei vini, il signor Salvatore, ci ha seguito nella scelta della degustazione menù e in quella del vino. Ha scelto per noi un Tasca d’Almerita Grillo Mozia 2010; un vino, profumato di fiori e frutti tipicamente mediterranei, fresco e piacevole che ha fatto da scenario alla cena.

Gli antipasti, caldi e freddi ci abbracciano con il loro profumo; i cappuccetti fritti, delicatamente ciauvurusi al limone, caldissimi com’è giusto gustarli. Una leggerissima spatola impanata ci ha deliziato, prima dell’ingresso di un di cruditè di pesce spada, tonno e gamberoni, aromatizzati da una salsa emulsionata, con erbe aromatiche fresche, olio extravergine d’oliva e limone, un biglietto da visita insostituibile per gustare il pesce fresco di assoluta qualità.

Il primo ci travolge con il suo profumo; un sontuoso piatto di fettuccine all’astice, praticamente primo e secondo insieme, considerando la quantità principesca.

 

Quasi a conclusione della serata entra in scena il signor Orazio che, quasi non volendo che andassimo via, con i suoi sorrisi, le sue battute e le sue competizioni, ci ha legato amabilmente ad un tripudio di dolci. La cassata gelato, considerando il caldo che c’era, dovevamo provarla; poi è stata la volta di una versione particolarissima di quella tradizionale, talmente buona che non si riesce a smettere di allungare il cucchiaino per gustarla. Per concludere il lato duci della serata, un sorbetto al limone con fragoline di bosco, un’esperienza deliziosa.


La nostra degustazione si è svolta in un posto strategico, all’interno del locale climatizzato; eravamo accanto allo smistamento delle diverse comande, ai tavoli predestinati. Abbiamo visto passare (assaggiando anche) quasi l’intero menù, accompagnati dalle annotazioni della signora Angela.
La competenza, la conoscenza, la dimestichezza e la familiarità con cui il personale del locale ci ha condotto, rappresentano una identità culturale chiara, espicita e genuina.

l’acchianata

 4 settembre, Santa Rosalia.
Tra il sacro e il profano i pellegrini salgono alla grotta della Santuzza, sita sul Monte Pellegrino, a piedi o in ginocchio, per ringraziarla per una grazia ricevuta o per una promessa fatta. L ‘acchianata coinvolge tutti, granni e picciriddi, lungo un percorso nel bosco che accurza la strada carrabile, fino al Santuario.
Oggi alle 7,30 c’eravamo anche noi 3. In un’ora e dieci minuti ficimu l’acchianata, zaino in spalla ‘nsemmula a una quantità di persone che salivano e che scendevano.

    

Il Castello Utveggio
Palermo 

 Il Santuario ha una facciata seicentesca addossata alla roccia. La chiesa, che è realizzata all’interno della grotta, ha un fascino particolare. Grondaie di metallo raccolgono l’acqua Santa che scorre sulle pareti rocciose, l’atmosfera che regna è mistica.

 

 

Sarah Fel e i bicchierini ai fichi caramellati ciavurusi di basilico

conoscete la squadra? noooooo, niente calcio per carità, questa è una squadra “fortissimI”, una di quelle che va come il vento, coesa e vincente…
Cosa vince? Vince amicizia, affetto, sincerità, allegria e vicinanza nonostante la lontananza. Cresce, sperimenta e giudica pure ahahahah già perchè questa è la squadra di Cucinando quella che decreterà i vincitori dei tre premi messi in palio, vi ricordate? Non fate gli gnorri eh? come già detto mica siam qui a pettinar le bambole eh? Qui si vincono tre, diconsi tre terrecotte della Emile Henry

Venghino SIORI venghino, per il
Primo classificato: Tarte Tatin

Secondo classificato: set per crème brulée

Terzo classificato: teglia plum cake

amuniiiiiii chi aspettate? 

tutta ‘sta premessa per ricordarvi il contest che scade tra pochissimi giorni il_sette_settembre per l’appunto!

😀
Vi racconto cosa fa la squadra mentre aspetta le vostre ricettuzze? Occhei, ve lo racconto: a giramano ognuno di noi propone un tema cuciniero da sviluppare, con un tempo a disposizione di circa una settimana. Dopo averci pensato, ripensato e  strapensato (io sempre) e infine, finalmente prodotto, lo pubblichiamo e poi curiosiamo qua e la nelle nostre cucine. Non è divertente? 😀
cosa ha tirato fuori lei, tra una prova e l’altra dell’abito da sposa?
TAHDAH

Cucinando con i fichi
dolci o salati chissenefrega l’importante è che ci sguazziamo dentro ahahahah. 

Ora arriva il mio svolgimento…attentiaMMia! Questo è un esperimento che fino al momento dell’assaggio era un’incognita, posso asserire, dopo aver interrotto bruscamente la mia dieta, che l’esperimento è riuscitoooooo sbaciucchiamenti loVVosi piMMia :* standing ovation!
Sono partita mettendo zucchero e burro nella planetaria, e fin qui tutto a posto poi ho cominciato ad aggiungere un po’ di questo e un po’ di quello, dopo l’infornata ho detto “azz! che ciofeca” invece gira che ti rigira lo sformatino sono venuti fuori dei bicchieri troppo duci vero?

VERO????? AHAHAHAHAH!!!

 Bicchierini ai fichi caramellati, arance al ciavuru di basilico
per l’impasto
90 g di burro morbido
150 g di zucchero semolato
250 g di ricotta di pecora sgocciolata almeno 2 notti
100 g di farina 00
6 g di lievito
250 g di fichi freschi
2 arance piccole o una grande
75 ml di Grand Marnier
75 ml di panna fresca
se non volete sentile l’alcool utilizzate 150 ml di panna fresca
3 uova grandi
un pizzico di sale
Sbattete il burro con lo zucchero, unite la ricotta, la scorza delle arance grattugiata e i tuorli, sempre sbattendo con le fruste per amalgamare. Lavate e sbucciate i fichi, eliminate la buccia, tritateli grossolanamente e uniteli al composto con un pizzico di sale. Setacciate la farina con il lievito, aggiungeteli al composto a cucchiaiate. Montate gli albumi a neve e unite anche quelli con dei movimenti delicati per non smontarli. Per fluidificare ancora l’impasto mescolate il liquore e la panna, agendo sempre con gli stessi movimenti delicati. Versate il composto in 6 stampi da creme caramel alti 7 cm con diametro di 9 cm, ben imburrati e infarinati; infornate in forno già caldo a 160 °C per circa 35 minuti l’impasto sarà sempre umido all’interno. Sfornate e fate raffreddare.
preparate la guarnizione al caramello, sciogliendo 20 g di burro con 20 g di zucchero di canna e 100 ml di vino bianco fruttato, fate restringere la salsa. Aggiungete tre fichi affettati e tre foglie di basilico, fate cuocere a fuoco dolce per qualche minuto girandoli delicatamente. Servite sformando i bicchierini, che presenteranno un alloggiamento strategico, sui quali adagerete tre fette di fico, qualche fogliolina di basilico e un cucchiaio di salsa al vino.

…a gentile richiesta

La torta nera della Mercante di spezie alias la sister mia 😀 
Questa toTTa ha conquistato molte persone,  stregati dal suo profumo e dal suo sapore, hanno “mollato” la dieta…vero Piero? Ahahahahah!
La ricettuzza originale di questa toTTa è dell’ormai famosa zia Ginetta, la zia della mercante. Oramà però, è diventata la zia acquisita di molti, per i racconti, le emozioni e le ricette che la stessa mercante ci ha regalato.  Vi assicuro, si deve perdere il mio nnome, che questo è un dolce da sicuro svenimento, buono, moBBido e suadente. Fatelo e rifatelo mandando un bacio al cielo, dove la zia Ginetta sicuramente ci guarda e sorride e un bacio virtuale alla mercante che ha condiviso con questo mondo, la ricetta 😉 
grazie sister :*
Approfitto di questo dolce carico di ricordi e sentimenti per accalappiarvi! Avete già partecipato al contest “Cucinando dolcemente”? Dai, su, avete tempo fino al 7 settembre spicciatevi che c’è il conto alla rovescia 😉

La torta nera

60 g di farina di nocciole
60 g di farina di mandorle
60 g di fette biscottate
1 cucchiaino di lievito chimico
5 uova grandi
125 g di burro
160 g di zucchero
110 g di cioccolato nero (così la zia chiamava il cioccolato fondente)
1 pizzico di sale
Salsa nera
100 g di cioccolato nero
1 cucchiaio di burro

Montate il burro morbido con lo zucchero fino ad ottenere un spuma, aggiungete 2 uova intere, uno alla volta. Montate gli albumi a neve delle tre uova rimaste e metteteli da parte, i tuorli invece, li aggiungerete uno alla volta al composto di burro, mescolando. Sciogliete il cioccolato a bagnomaria facendo attenzione che il fondo del pentolino non tocchi l’acqua in ebollizione, fate intiepidire e poi aggiungetelo all’impasto, mescolate e amalgamate. Miscelate le farine con le fette biscottate ridotte in polvere con un mixer, aggiungete il lievito setacciato. Unite il miscuglio all’amalgama di cioccolato, mescolate e poi incorporate, con delicatezza, gli albumi montati a neve. Imburrate e infarinate uno stampo da budino di circa un litro e mezzo di capacità e cuocete in forno caldo a 160°C per 30 minuti. Come sempre specifico che, la cottura e la temperatura del forno sono indicativi, basatevi sulla conoscenza del vostro forno. Fate la prova “stecchino” per verificare la cottura interna della toTTa.
Sciogliete a bagnomaria il burro e il cioccolato per la copertura, versatelo sulla torta quando è ancora tiepido e fluido. Guarnite, se volete, con delle nocciole tritate a coltello.

 

E’ un classico!

Un classico piatto greco con tanto di feta e pasta phillo. Un classico che si farà mangiare, ancora e ancora nei secoli dei secoli…seduti e pigghiate un pizzinu 😀
questa versione è di Sale&Pepe agosto 2002.
1 kg di spinaci freschi
 2 cipolle di Tropea (su S&P 3-4 cipollotti freschi)
foglioline di dragoncello tritate, quantità a sentimento cioè q.b. (su S&P 50 g di aneto)
5 fogli di pasta phillo
200 g di feta
2 uova
latte
burro
olio extra vergine d’oliva
sale e pepe

 Lavate gli spinaci e mondateli. Cuoceteli con l’ultima acqua del risciacquo, salateli, scolateli, strizzateli bene e tritateli grossolanamente. Affettate finemente le cipolle e soffriggetele con tre cucchiai d’olio , aggiungete gli spinaci, aggiustate di sale, pepate e cuocete ancora per 5 minuti a fuoco leggio. Fate intiepidire.
Tagliate la feta a dadini e unitela agli spinaci con il dragoncello; sbattete le uova leggermente salate e unitele al composto di spinaci. Stendete un foglio di pasta phillo sul piano di lavoro spennellatelo con una miscela di burro fuso e latte, sistematelo all’interno di uno stampo quadrato di 22 cm di lato, foderato con carta forno bagnata e strizzata. Spennellate un altro foglio di pasta phillo e adagiatelo su quello precedente, quindi versate sopra il ripieno, livellandolo; coprite con tre fogli di pasta phillo sempre spennellati di burro e latte. Sigillate e i bordi ripiegando verso l’interno gli strati di pasta. Se la pasta è abbondante, tagliate quella in eccesso. Incidete la superficie con un coltello affilato in modo da suddividere la torta in quadrati; spennellate con burro fuso e infornate a 200°C per circa 40 minuti

un piatto freddo per Ramona

Sono molte le persone che odiano accendere i fornelli durante l’estate, molte altre odiano il pasto caldo, altre ancora mal sopportano le cose ghiacciate tirate fuori dal frigo, come me per esempio 😀
Ma in estate siamo e la pigrizia, la mollezza, la rilassatezza ci stanno benissimo tutte. Le giornate tranquille scorrono con un’idea che si accende al mattino e si evolve durante l’arco della giornata tra sole, mare e pennichella pomeridiana. Quando il calore comincia a dare la tregua anche ai neuroni, si ricomincia a ragionare per dare forma all’idea del mattino e questo è quello che ho preparato l’altra sera a cena pensando a Ramona e al suo tema dell’estate Cucinando…piatti freddi. Per freddi intendo a temperatura ambiente non so tu bedda 😀
Salmone marinato e insalata di cicoria ammuddicata.
per due cristiani
500 g di cicoria
400 g di salmone
20 pomodorini ciliegia
1 acciuga sott’olio
1 spicchio d’aglio
la punta di un cucchiaino di zucchero
3-4 cucchiai di pan grattato
2 cucchiai di parmigiano grattugiato
sale e pepe

per la marinata il succo di mezzo limone
2 cm di zenzero grattugiato
1 spicchio d’aglio tritato finemente
1 rametto di menta
3 rametti di timo
4 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva
pepe
preparate la marinata emulsionando tutti gli ingredienti.  Eliminate la pelle del salmone, tagliatelo a cubetti di circa 4 cm per lato e mettetelo a marinare per almeno 30 minuti. Lavate la verdura e lessatela nell’acqua dell’ultimo risciacquo. Cuocetela al dente e mettetela da parte. In un tegame affettate l’aglio aggiungete l’acciuga scioglietela in due cucchiai d’olio.aggiungete i pomodorini tagliati a metà, salate poco e zuccherate. Cuocete per circa 10 minuti schiacciando leggerermente i pomodorini con un cucchiaio di legno, per fare uscire un po’ di succo. Aggiungete la cicoria tagliata a pezzetti, fate insaporire, aggiungete il pangrattato, il parmigiano amalgamando; aggiustate di sale, pepate e spegnete. Fate raffreddare.
Su una piastra rovente scottate da tutti i lati i tocchetti di salmone con qualche cucchiaio di marinata. Non cuocetelo troppo, rimarrà morbidissimo anche freddo. Salate poco, pepate e irrorate con un filo d’olio crudo, servite a temperatura ambiente con l’insalata di cicoria.

Cucinando…dolcemente

e in ritardo come sempre, come il coniglio bianco di Lewis Carrol mi dico “E’ tardi, è tardi”.
Quando arriva l’estate mi faccio prendere dal caldo e dal sole, dalla mollezza e dalla svogliatezza, in una parola mi rilasso talmente tanto che il mio motto diventa “ci penserò domani”. Ma l’estate quest’anno, ci ha fatto lo scherzetto di apparire e scomparire. Così, dalla sera alla mattina nuvole, freddo e pioggia mi hanno risvegliato dal torpore e finalmente il mio domani è arrivato insieme con il nuovo contest dell’estate di Cucinando. Supportato dagli amici Riccardo, Valentina e Lory e amplificato dalla squadra di foodbloggers:

Anna di Anna the nice

Aurelia di Profumi in cucina

Elga di Semidipapavero

Pippi di Io…così come sono

Ramona di Farina Lievito e Fantasia

Valentina di L’aroma del caffè

Sarah di Fragola e Limone

Sara di Fico secco e uva passa

ed io

Lo scenario del contest è caratterizzato dalle terrecotte della  Emile Henry e da una dolcezza realizzata da voi. Il dolce è dunque, protagonista assoluto di questa gara culinaria, il premio in palio? Non uno ma ben tre  

Primo classificato: Tarte Tatin

Secondo classificato: set per crème brulée

Terzo classificato: teglia plum cake

  • La giuria, come nel contest precedente dedicato alla primavera, sarà composta da Riccardo, Valentina, Lory e dalla squadra di foodbloggers 
  • Possono partecipare tutti. L’importante è avere la passione per la cucina, per i dolci e le toTTe. Non è necessario avere un blog ma almeno un profilo su Facebook dove poter creare una nota pubblica sulla quale inserire la ricettuzza e la foto con cui si desidera partecipare al contest
  • La giuria, per ovvi motivi di conflitti d’interesse, non parteciperà alla gara ma proporrà comunque un dolcino per stuzzicare la vostra voglia di partecipare.
  • La ricetta, una sola a persona, dovrebbe essere creata appositamente per questo contest 
  • Per partecipare, se avete un blog, postate la vostra ricetta con la foto del piatto realizzato, il banner del Contest con il link al post della Pippi. Se un blog non l’avete, come dicevo qualche riga più su, create un profilo su Facebook, se non l’avete già, pubblicate la ricetta in una nota inserite la foto e condividete l’evento del Contest sulla vostra bacheca.
  • Potete partecipare dal 7 luglio al 7 settembre 2011 

Cosa state aspettando? Un’altra scaricata d’acqua per correre in cucina e accendere il forno? 😀

    la ricetta qua sotto è frutto dell’associazione di due impasti, si nota nella foto dopo la cottura, una sorta di panino imbottito; l’idea vista su Sale&Pepe dell’agosto del 2000 è stata modificata da me. Con aria da saputella e toque in testa intervengo; “Qui faccio così,  qua faccio colà” non senza una nota di dubbio, nascosta in un angolino dell’anima…”speriamo che non viene una ciofeca” ahahahahah

    Torta di pesche, more e panna 
    260 g di farina 00
    6 uova
    110 g di zucchero semolato
    60 g di zucchero di canna
    zucchero a velo
    150 g di burro morbido
    una bacca di vaniglia
    200 ml di panna fresca
    150 g crema di yogurt chantilly della Muller
    400 g di pesche bianche (varietà “montagnola” molto profumata e dolce)
    1 bustina di lievito
    125 g di more
    sale

    Lavate e sbucciate le pesche, affettatele con una mandolina e mettetele da parte. Montate il burro nella planetaria con 60 g di zucchero, un pizzico di sale e i semi di mezza bacca di vaniglia. Aggiungete  4  uova, uno alla volta e alternando con la farina setacciata con il lievito; montate per qualche minuto fino a quando l’impasto sarà liscio e omogeneo. Distribuite l’impasto in una teglia apribile da 26 cm di diametro, imburrata e infarinata. Livellate la superficie, distribuite 20 g di zucchero di canna, le pesche affettate e le more sparse, spolverate con altri 20 g di zucchero di canna e mettete da parte.
    Sbattete le due uova con i semi di vaniglia rimasti, 50 g di zucchero semolato, la panna e lo yogurt. Montate qualche minuto e poi versate sulla frutta. Cospargete con 20 g di zucchero di canna e infornate in forno già caldo a 160°C per circa 45 minuti. Come sempre vi suggerisco, su temperatura e tempi di cottura, di basarvi sulla conoscenza del vostro forno. Poco prima di servire spolverate con lo zucchero a velo.

    Questa è una di quelle volte che l’esperimento della saputella arrinisciu, ringrazio la fortuna che mi assiste e mi sbaciucchio.