agghia, ogghiu e peperoncino

Spaghetti semplici semplici, questo è vero, ma nella loro semplicità nel realizzarli, devo rispettare alcune regole che ne determinano la riuscita. Regole elementari, ma assai efficaci per evitare che la pasta diventi una buona colla per appizzare manifesti e non è questo quello che voglio. Quando mi chiedono “tu come la fai?”
io rispondo come sotto, e poi mi diciunu, “ah,ma non è pasta aglio e oglio, c’è dell’altro!” E va beh! E allora? Ammia accussì mi piace c’è cosa?

per due cristiani:

  • 200 g di spaghetti o spaghettoni, io preferisco i secondi perché mantengono la cottura 
  • 4 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
  • un pezzetto di acciuga sott’olio
  • un pomodoro secco sott’olio, nella versione invernale, in quella estiva uso un pomodoro fresco senza pelle e senza semi a concassé
  • due spicchi d’aglio arrosto 
  • peperoncino secco nella versione invernale, fresco d’estate; a piacere, io mangio parecchio piccante
  • 300 ml di acqua di cottura della pasta
  • un mazzetto di prezzemolo
  • sale

schiacciate l’aglio arrosto con una forchetta, essendo morbido si disferà, ponetelo in un wok con l’olio, il peperoncino, l’acciuga, il pomodoro secco tagliato a filetti e metà del prezzemolo tritato. cuocete solo il tempo di disfare l’acciuga nell’olio, mescolate e spegnete. Portate a bollore abbondante acqua salata, cuocete gli spaghetti fino a tre minuti prima della fine della cottura, scolateli nel wok e portateli a cottura risottando, aggiungendo, cioè, l’acqua di cottura della pasta poco per volta fino a completo assorbimento. A cottura ultimata impiattate e cospargete con il prezzemolo tritato rimasto.

Sono le ultime?

Mah! qui credo che ne avremo ancora per un po’ ma cambiando il tempo mi viene meno il pensiero per le arance, switchai verso la primavera, le arance mi proiettano a Natale e Natale passò! Considero comunque questo pomo il mio preferito, non per nulla ci ho dedicato il nome del blog no?
Tarte tatin alle arance 
per la frolla:
300 g di farina
150 g di burro
150 g di zucchero fine
un uovo
8 g di lievito
un pizzico di sale
una bacca di vaniglia
per il ripieno:
150 g di zucchero semolato
50 g di burro
3 cucchiai d’acqua
3 arance
3 bacche di cardamomo
un pizzico di sale
impastate la farina con lo zucchero, il burro a dadini, il sale, i semi della bacca di vaniglia e il lievito, mescolate e aggiungete l’uovo. Impastate il tempo necessario per ottenere un impasto omogeneo, ricoprite con un foglio di pellicola e ponete in frigo a raffreddare per mezz’ora.

Nel frattempo preparate il ripieno. Pelate a vivo le arance e tagliatele a rondelle nel senso trasversale, ponete la pentola della tatin sul fuoco per scaldarla, a parte mescolate lo zucchero con l’acqua, versatelo nella pentola e caramellate ruotando la pentola dai manici, fino a ottenere un caramello ambrato. Togliete dal fuoco e aggiungete il burro a pezzetti, roteate la pentola utilizzando i manici facendo sciogliere completamente il burro, se volete, usate un cucchiaio di legno per mescolare. Disponete le arance in un solo strato, pestate i semi contenuti nelle bacche di cardamomo e distribuiteli sulle arance. Infarinate il piano di lavoro, rilavorate la frolla per qualche minuto, stendetela con un matterello e in un diametro leggermente più grande della pentola; arrotolate la frolla attorno al matterello e stendetela sulle arance, incapizzatela come fosse una coperta, tra  la frutta e la pentola e infornate in forno caldo a 180°C per 25-30 minuti o fino a quando l’impasto raggiungerà un colore dorato. Sfornate e lassciate riposare dieci minuti, capovolgete il piatto da portata a corredo del set per tatin e girate la pentola, tiratela su e, magia delle magie, la vostra torta rovesciata è lì davanti ai vostri occhi *_*

Primavera

E’ nell’aria, si sente! Se ciavurìi l’aria la senti che è diversa, isa le nasche e ciavurìa, dimmi che senti? Profumi inebrianti, l’erba tagliata, fiori che sbocciano e arricrìano, ciavuru a tinchitè. ‘Nsumma, penso proprio che per quest’anno, a meno di qualche altra pioggia marzulina, l’inverno lo salutammu “senza se e senza ma”.
Ora, io dico, con tutto ‘stu ciavuru e tutta ‘sta biddizza di primavera, l’occhi non ti fanno pupi pupi appena vidi la bellezza della freschezza della verdura di stascione? Ammia si! Nella sporta della spesa ci misi: favette, asparagi,scalogni e finocchietto. Alla cassa chidda mi fa:
“signora l’accattò ‘ì saiddi?” 
“Nonsi, ‘i saiddi a mari sunnu”
“Ah! e che ci fa cu ‘stu finocchiettu?”

Ecco che il cameratismo tra massare viene fuori, con una chilata di” mi faccio i fatti tuoi” e se mi piace “mi dai la ricetta”. E va beh! Niente ci fa, solo che a quel punto la coda alla cassa era disarmante.
Il piatto è camurriusu per i più ma io mi rilassai.
spaghetti alla carbonara di fave e finocchietto
per 4 cristiani:
320 g di spaghettoni
3 scalogni
50 g di pancetta affumicata
500 g di asparagi da mondare
1 kg di fave da mondare
200 g di finocchietto da mondare
1 uovo grosso o 2 piccoli
20 g di parmigiano grattugiato
un cucchiaio di olio extra vergine d’oliva
sale e pepe
Eliminate il baccello delle fave e tuffatele in acqua bollente salata per circa 10-15 minuti. Raffreddatele in acqua e ghiaccio e poi eliminate la cuticola. Mondate il finocchietto e cuocetelo in acqua abbondante salata, scolatelo e tritatelo finemente, conservando l’acqua per la cottura della pasta. Mondate gli asparagi, e lessateli in acqua bollente salata per circa 15 minuti o fino a quando saranno teneri. Taglieteli a tocchetti. In una padella  unite l’olio e un dito d’acqua, stufate gli scalogni tagliati a rondelle, unite la pancetta e le verdure, mescolate e spegnete. Sbattete l’uovo, unite il parmigiano, un pizzico di sale e il pepe. Cuocete la pasta nell’acqua usata per cuocere il finocchietto, scolatela e mescolatela con le verdure, unite l’uovo,poca acqua di cottura della pasta, se serve, maneggiatela sul fornello caldo ma spento e servite subit.o

è stato come volare, nella mia cucina

volare, alle volte, riserva esperienze indelebili come addentare un biscottino gentilmente offerto dalla compagnia di bandiera. Volo Palermo- Milano, sono immersa nella lettura del nuovo romanzo della Cornwell, non mi accorgo di nulla intorno a me quando una voce mi distoglie,  “buongiorno signora, desidera uno snack? Dolce o salato?” Certo, mi sono alterata un tantinello per il ‘colpo di signora’; che vorresti dire bedda, che dimostro tutti questi anni, opuro è solo una questione di educazione? Punto sulla seconda opzione e rispondo che si gradisco, ma dolce eh? Una sventolona magra, alta e bedda (ma aunn’era chista?) mi consegna amabilmente un sacchiteddu nicu contenente degli adorabili biscottini al limone che mi distolgono definitivamente da ‘chi aveva ucciso chi’, lascio il libriccino e, tra le nuvole, letterealmente, mi concentro sul contenuto del sacchiteddu.
Non saranno quelli del volo, ma sono altrettanto buoni e sono al limone vero 🙂

100g di burro, ammorbidito 
160 grammi di zucchero di canna
150g di mandorle
150g di farina 
6 g di lievito
10 g di buccia grattugiata circa 2 limoni 
12 g di succo circa mezzo limone 
un cucchiaino di estratto di vaniglia 
zucchero a velo per decorare
nel mixer riducete le mandorle in farina ma non troppo, o meglio, se vi piace la croccantezza della mandorla sotto i denti allora lasciate qualche pezzettino un po’ più grosso; montare il burro con lo zucchero con uno sbattitore elettrico, aggiungete le mandorle triturate e continuate a sbattere. Mettete l’impasto su un piano di lavoro, poco per volta aggiungete la farina setacciata con il lievito e per ammorbidire l’impasto qualche goccia di succo di limone filtrato. Potreste non avere bisogno di tutto il succo presente negli ingredienti come, viceversa se l’impasto risultasse troppo morbido, avrete bisogno di una manciata, ancora, di farina.
Scusate mancava un pezzo della ricetta, mi scurdai gli ultimi passaggi, eccoli:
Realizzate un panetto, avvolgetelo in un foglio di pellicola e ponete in frigo per almeno un’ora. Tagliate una parte dell’impasto, maneggiatolo per ammorbidirlo e poi stendetelo con un matterello su un piano leggermente infarinato, ritagliate con un coppapasta e ponete l’impasto ritagliato su una placca foderata con carta forno, infornate in forno caldo a 160°C per circa 8-10. Per la cottura fidatevi della conoscenza del vostro forno.

‘a biddizza

Che sia grande o piccola, la bellezza, secondo me, risiede nelle cose semplici. Vincere un oscar con questo titolo è vincere facile, già solo per questa bella idea vaserei tutti, dal produttore, al regista, agli attori e tutti chiddi che ci girano tornu tornu, senza mancu avere visto il film; ovviamente è da veder a fortiori, considerando i pareri contrastanti chi sintìa. Realizzare un film non sarà una cosa semplice, ma fare una bella forma di pane si. Anche se ci vuole tempo, quello che ci manca a noi che in questi anni definiti del progresso e della tecnologia annamu sempre currennu currennu, ma poi aunni curremu? Mah, e chi nnì sacciu. Sintiti ammia, fermatevi un istante prendete tutto il tempo che vi serve per fare una cosa semplice, una passeggiata, un giro in bici o una forma di pane e viditi che grandi biddizza.

 200 g di farina integrale ai 7 cereali (farina per pane nero)

300 g di semola di grano duro
10 g di lievito di birra fresco
300 g circa di acqua tiepida (la quantità dell’acqua varia a seconda della’umidità dell’aria)
Un cucchiaino di zucchero di canna chiaro
Un cucchiaio di olio extra vergine d’oliva
10 g di sale

 Mescolate le due farine, aggiungete il lievito sbriciolato e lo zucchero, impastate amalgamando con l’acqua tiepida, aggiungendola poco alla volta, unite il sale e l’olio. Realizzate un panetto e ponetelo a lievitare dentro una ciotola infarinata e coperta, in un luogo a riparo da correnti d’aria per circa un’ora e mezza. Sgonfiate l’impasto su un piano infarinato suddividetelo in tre salsicciotti lunghi circa 25-30 cm e intrecciateli, mettete il pane su una pentola per il pane in terracotta o, in alternativa, su una teglia foderata con carta forno. Ponete il pane nel forno spento con la luce accesa per ancora un’ora e mezza. Trascorso questo tempo, tirate fuori la pentola dal forno, accendetel il forno e portatelo alla temperatura  di 220°C, cuocete per 45 minuti. Se non usate la pentola di terracotta, cuocete il pane basandovi sulla conoscenza del vostro forno.

e brava Adelina

Montalbano sono!
Silenzio eh? Quannu il commissario di Vigata mancia, s’avi a stari muti, zitti. S’avi a scutari il palato e sèntiri chiddu chi dici assaggiannu un piatticeddu di triglie di scoglio all’agrodolce della cammarera. Adelina, per chi non la conoscesse, è la signora che si occupa di tenere pulita la casa del commissario Montalbano, ma non solo; fa la spesa e gli prepara manicaretti che puntualmente, Salvuccio, trova incoppulati nel frigo o nel forno, quando torna a casa la sera con una fame lupigna. Un bel bicchiere di vino bianco ghiazzatu accompagna una cena a base di pesce e un silenzio tombale, se è in compagnia, iddu lu dici subitaneamente, avverte con gentilezza che, quannu mancia, non deve volare una mosca. E’ in atto il rituale sacro del cibo. Il commissario non cucina, assapora le buone ricette della cammarera nella sua adorabile verandina o va a manciari fora macari da Enzo, a ripa di mari. Anche solo liggennu, veni ‘na fami impressionanti. Arancini a parte, nei romanzi di Camilleri dedicati alle indagine del commissario Montalbano, non sono trascritte le ricette dei piatti; a questa assenza ci ha pensato Trenta Editore con 
Nivuru di sìccia , da cui ho tratto questo piatto, tra le pagine troverete una gradevole interpretazione delle ricette mai scritte, dei piatti amati dall’inimitabile commissario Salvo Montalbano. 

Per correttezza vi confesso che ho usato della semola di rimacinato per panare le triglie al posto della farina 00 e ho aggiunto la maggiorana. Voi fate chiddu chi vuliti, io vu dissi.
per 2 cristiani
8 triglie piccole circa mezzo chilo di pesce
una cipolla
un’arancia
olio extra vergine d’oliva
1/2 bicchiere di vino bianco
il succo di 1/2 limone
un cucchiaio raso di zucchero
semola di rimacinato
sale
pepe
foglioline di maggiorana

Accendete il forno a 180°C. Pulite le triglie, evisceratele e squamatele, sciacquatele sotto l’acqua corrente e poi asciugatele con carta da cucina. Infarinatele e friggetele in un’idea di olio extra vergine d’oliva, salate e ponete in una teglia da forno, coperte con un foglio d’alluminio. Sbucciate l’arancia, pelatela a vivo, frullatela nel mixer. Nella padella dove avete cotto le triglie cuocete la cipolla tritata finemente, aggiungete lo zucchero, mescolate e sfumate con il vino.

 Unite il succo del limone e l’arancia, cuocete fino a ridurre di circa la metà. Irrorate le triglie con quest’intingolo, pepate e distribuite le foglioline di maggiorana. Infornate per 5-10 minuti e servite caldissime. 
Assaggiate ‘stu sfizio e dicitimi doppo, se non siete andati e tornati dal paradiso. E brava Adelina…

…e che cavolo!

 per le mie fissazioni sui cavoli mi assumo le mie responsabilità, per quelle sui cavoletti andate a chiedere conto e ragione al fridge di Londra, io me ne lavo le mani. E’ normale che appena vedo i cavoletti di bruxelles io li debba comprare? Una reticella da unchilo ne accattai, e poi? E poi li devo cucinare, impupare e mangiare. Quindi vi tocca (per carità, solo per chi se l’accolla) questa ricetta dello strudel salato al cavolo viola con una nota verde del cavoletto, quelli che erano rimasti eh? Picchì ‘n’anticchia al forno, ‘n’anticchia in insalata, ‘n’anticchia in umiTo me li sono mangiati tutti, compresa ‘sta versione. La ricetta l’ho appuntata in un vero e proprio pizzino mentre la realizzavo, talìate ccà

 

ordunque mi erano rimasti gli ultimi 100 grammiceddi di cavoletti di Bruxelles poi, per colorare assai, ci misi 400 g di cavolo ‘incappucciato’ viola, per dare una nota duci ci misi 3 pere, per una nota filante ci misi 250 g di scamorza e per la croccantezza abbrustolita pinsai ai pinoli che nel vero strudel duci ci sunnu. Per assuppare il suchetto della verdura spolverai 40 g di pangrattato su 6 fogli di pasta phillo, generosamente pennellati con olio exra vergine d’oliva. Ma provo ad andare con ordine, s’annunca vi cunfunniti

c’è pochissimo da fare; affettate le verdure, stufatele in una padella antiaderente con un’idea di olio e il coperchio, idde rilasceranno l’acqua di vegetazione a quel punto levate il coperchio e portate a cottura secondo il vostro gradimento, salate e pepate, aggiungete i pinoli tostati, la scamorza e le pere tagliate a cubetti, mescolate e fate intiepidire. Su una placca, foderata con un foglio di carta forno, stendete un foglio di pasta phillo, pennellatelo con dell’olio extra vergine d’oliva, sovrapponete un altro foglio di pasta phillo e procedete così fino a sovrapporre tutti i fogli ben unti. Distribuite il pan grattato, poi il ripieno lasciando un paio di centimetri di bordo tutt’intorno. Ripiegate il bordo verso l’interno e ‘strudellate’ stretto stretto, ossia avvolgete il rotolo, dal lato corto e ben stretto lasciando la chiusura sotto la pancia dello strudel. Pennellate con altro olio e infornate in forno caldo a circa 180°C per circa 20-30 minuti, regolatevi secondo la conoscenza del vostro forno. E ccà vi lassu, baciamo le mani.

un bicchierino duci assai

 
Sarà la vecchiaia, penso proprio di si. A qualcuno o a qualcosa dovrò scaricare la colpa di una stanchezza da dieta. L’avanzare con l’età trascina sicuramente, a una stanchezza fisica, a un atteggiamento di chiusura degli occhi a fessura picchì, a un certo punto, ti fannu pupi pupi e non ci vidi chiù da vicino, a un rallentamento dei ritmi, soprattutto se stai sempre assittatu o fai la sola ginnastica da casalinga; le pulizie. Ecco io accuso tutta la stanchezza suddetta ma soprattutto chidda, la maledetta, l’intollerabile strizzata del regime alimentare. In una parola mi sono rotta i cabbasisi, per tutte le privazioni che mi sono toccate e dalle quali mi faccio toccare continuamente. Ma che cos’è, direte voi, una privazione a saltare per tutta la vita di fronte all’eternità? Ecco, appunto, quindi tra una privazione e l’altra mi mancìai questo dolcino pensato come un trifle, con una parte croccante come base, uno strato cremoso centrale e uno succulento finale, regalato delle arance di Ribera dei Contadini per passione
Le privazioni, si sa, scatenano il desiderio del suddetto elemento di cui ti sei privato, magari inconsciamente, io desideravo una crema particolare. Una crema pasticcera separa i tuorli dagli albumi, “mizzica, che cavolo ci faccio poi con questi allbumi nel fridge?” ‘Nsumma mi arrovellavo ‘u ciriveddu per un disìo, un desiderio (in)consapevole di bellezza e di bontà.
Amunì, pigghiate un pizzino e signatevi chi fici
per 10 bicchieri
per la crema chantilly allo zenzero
4 tuorli
90 g di zucchero di canna
40 g di zenzero decorticato e grattugiato
400 ml di latte
un cucchiaio di farina setacciata
10 cm di cannella spezzettata
400 ml di panna fresca
40 g di zucchero a velo setacciato
Portate a bollore il latte con la cannella e lo zenzero, spegnete e fate intiepidire, poi filtrate il latte con un colino a maglie fitte. Dentro una bastardella montate i tuorli con lo zucchero, per una decina di minuti, fino a quando saranno bianchi e spumosi, aggiungete la farina e continuate a montare; ponete la bastardella in un tegame con dell’acqua e cuocete a bagnomaria fino a quando la crema si sarà addensata. Fate raffreddare. Montate la panna con lo zucchero a velo e mescolatela poco alla volta con la crema 
per le meringhe:
4 albumi
100 g di zucchero semolato
100 g di zucchero a velo setacciato
 Scaldate il forno a circa 100°C. Preparate le meringhe sbattendo gli albumi a neve, aggiungete lo zucchero semolato e continuate a sbattere, unite lo zucchero a velo sempre sbattendo, aggiungete un paio di cucchiai colmi di cacao setacciato e amalgamate con una spatola. Mettete l’impasto dentro un sac-a-poche con bocchetta a stella, foderate un paio di teglie con carta forno e realizzate delle palline leggermente distanziate tra loro. Infornate per circa 45 minuti, fatele raffreddare nel forno spento.
per la finitura:
4 arance di Ribera pelate a vivo
preparate i bicchierini distribuendo 4 o 5 meringhe sul fondo, mettete la crema in un sac-a-poche, distribuite la crema nei bicchieri, affondando verso le meringhe. Finite con gli spicchi di arancia tagliati a tocchetti.

pizza cotta in padella

quando dico pizza devo valutare in che momento emotivo mi trovo, devo capire, insomma, se la voglio morbida e croccante o sottile e croccante; chi la vuole cotta e chi la vuole cruda, in buona sostanza. A ddu puntu arrivatu, amalgamo il mio impasto, scelgo il mio strumento di cottura e mi carico di parecchio entusiasmo per il fine ultimo, mangiarla. Decidere di cuocere nella padella di pietra equivale ad avere un impasto ciccioso ma croccante al tempo stesso, unico accorgimento fare ‘ntostare ben bene la pietra in forno.
per una pizza margherita e una pizza con salsiccia, funghi e catalogna
per l’impasto:
130 g di farina Manitoba
250 g di semola di rimacinato
20 g di farina integrale ai cinque cereali
9 g di lievito fresco
200 g di acqua tiepida
1 cucchiaino di zucchero
9 g di sale
un cucchiaio di olio
impestate le farine, sbriciolate il lievito, unite lo zucchero e cominciate a mescolare con l’acqua tiepida, aggiungete il sale, l’olio e realizzate una palla. Incidete l’impasto, copritelo con un canovaccio e ponetelo nel forno spento con la luce accesa. Fate lievitare fino al raddoppio, un’ora e più.
per il ripieno:
100 g di salsiccia
200 g di mozzarella di bufala
olio extra vergine d’oliva
salsa di pomodoro
100 g funghi champignon affettati
100 ml di vino bianco
preparate il ripieno tagliando a fette la salsiccia, ponetela in un tegame con un giro d’olio, fate scaldare e mettete la salsiccia, sfumate con il vino e aggiungete i funghi, cuocete una decina di minuti e spegnete. Affettate la mozzarella e mettetela a scolare in un colapasta. 
Accendete il forno a 220°C e infornate la padella Roccianera senza il manico leggermente infarinata, dividete in due l’impasto, stendetene una parte su un piano, allargatela bene, se avete una pala per pizza infarinatela e stendetela la pizza lì, conditela velocemente con la salsa di pomodoro, la salsiccia con i funghi e fatela scivolare dentro la padella caldissima, in caso contrario dopo aver steso l’impasto ponetelo dentro la padella calda, facendo molta attenzione a non bruciarvi, condite velocemente e richiudete il forno; cuocete 10 minuti poi aggiungete la mozzarella e cuocete ancora 10 minuti. La pizza con la salsiccia, dopo averla sfornata decorate con qualche apice di catalogna pulita.

una torta dal profumo paradisiaco

Certamente non è spettacolare come quella dell’anno scorso ma vi dirò che, la torta per il compleanno del mio sposo, quest’anno era meritevole; studiata ancora una volta ppì iddu, leggermente alcolica, intrisa di sicilitudine al vino Passito di Pantelleria. Una torta per festeggiare un compleanno importante, ma anche, nel mio piccolo, per richiamare l’attenzione a un premio, arrivato alla settima edizione, che riconosce l’eccellenza enogastronomica prodotta in Sicilia. Il Best in Sicily, organizzato dalla rivista on line Cronache di gusto è un riconoscimento a chi crede nelle notevoli potenzialità della nostra terra e in quelle di tante persone che, nonostante tutto, credono che la “Sicilia ce la farà”; l’Isola è un paradiso terrestre che va esaltato e noi ce la possiamo fare, caro direttore Carrera. La cerimonia di premiazione, avvenuta il 27 gennaio, è stata corroborante per me, intrisa di testimonianze vere, di persone che, sulla loro passione, hanno costruito il loro punto di forza. Dodici categorie, dodici “migliori”, dodici  The Best, dodici persone semplici si sono avvicendate sul palco, portando la loro testimonianza, il loro amore, la loro verità. Ringrazio il sorprendente direttore, Fabrizio Carrera e il suo mirabolante staff, per avere invitato me e le mie colleghe foodblogger ad assistere alla crescita esponenziale del nostro territorio e a nominarci una per una, invitandoci sul palco, insieme con me c’erano; Alessandra Messina di Cose buone di Ale, Maria Giovanna Loggia I pasticci di Luna e Fina Curcio di L’avvocato nel fornetto
per le basi di pan di spagna:
4 uova
120 g di zucchero
120 g farina 00
un cucchiaino di estratto di vaniglia
un pizzico di sale
8 g di lievito
per la crema:
150 g di zucchero
8 tuorli
150 ml di vino Passito di Pantelleria
8 g di gelatina in fogli
500 ml di panna da montare
50 g di zucchero a velo
100 g di amarene sciroppate
per la bagna:
150 g di passito
150 g di acqua
4 cucchiaini di zucchero
per la copertura:
300 ml di panna da montare 
30 g di zucchero a velo setacciato
qualche amarena intera per decorare
30 g di mandorle a lamelle tostate
il giorno prima preparate i dischi di pan di spagna, montate il tuorli con lo zucchero per una decina di minuti, unite la vaniglia., aggiungete la farina setacciata con il lievito e mescolate con un cucchiaio di legno o con una spatola. Montate a parte gli albumi a neve fermissima con il sale, aggiungeteli, poco per volta, al composto di farina e uova, mescolando dal basso verso l’alto, per non smontare gli albumi. Portate a 150°C la temperatura del forno e foderate con carta forno, il fondo di sue stampi apribili da 24 cm di diametro, imburrate e infarinate i bordi, versate l’impasto nelle due teglie, livellate il composto e infornate insieme per circa 15 minuti. Tirate fuori le teglie e fate raffreddare dentro lo stampo e poi su una griglia per pasticceria. Il giorno dopo preparate la crema di uova; sgusciate i tuorli in una terrina, montateli con lo zucchero per 5 minuti o fino a quando raddoppieranno il loro volume, aggiungete a filo il passito, sempre sbattendo. Ponete in una pentola a bagnomaria e cuocete fino a raggiungere la temperatura di 70°C, se non avete un termometro per pasticceri, cuocete fino a quando la consistenza della crema comincia a inspessire. Spegnete e aggiungete la gelatina precedentemente ammollata in acqua fredda, mescolate e fate intiepidire. Montate a neve ferma la panna con lo zucchero setacciato, mescolatela alla crema e aggiungete le amarene tagliate grossolanamente a coltello. Montate la torta su un piatto piano, imbimite un pan di spagna con la bagna, cerchiatelo con un ring di metallo apribile, versate la crema, imbibite il secondo disco di pan di spagna e coprite la torta. mettete in frigo per tutta la notte. Montate la panna con lo zucchero, eliminate il ring e, con una spatola coprite la torta sui lati e sulla superficie, decorate con le amarene e le mandorle, ripassate in frigo ancora qualche ora prima di servire.