Il giardino di rose di pasta phyllo ed elisir di zibibbo

 

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Mi sono trovata in un giardino incantato; un roseto in un giardino che non c’è ma esiste tra le mie mani mentre lo realizzo. Un non luogo dove la creatività, la fantasia, il senso dello spazio e il profumo si mescolano come se fossi in una casa di campagna davanti a un soffice tappeto erboso colorato da cespugli di rose che lasciano senza fiato.

per 10 rose:
10 fogli di pasta phyllo, circa 300 g
200 g di feta
4-5 rametti di di timo limone
noce moscata
Per bagnare la pasta:
60 ml di olio extra vergine d’oliva
60 ml di latte
un uovo
per decorare:
elisir di zibibbo

Sbriciola la feta e mescola con le foglioline di timo, spolvera con una grattata di noce moscata e metti da parte. Sbatti, in una ciotola, gli ingredienti per bagnare la pasta e fai riposare qualche minuto. Srotola la pasta phyllo, distendi un foglio su un piano, pennellalo con la salsa preparata; con delicatezza solleva il centro del foglio con una mano e gira in senso antiorario. forma un alloggiamento al centro e distribuisci una parte del ripieno a base di feta; gira la rosa di pasta phyllo e ponila dentro una teglia per muffin leggermente oleata. Utilizza la stessa procedura per i fogli rimasti, spennella con la salsa tutti i fiori e inforna in forno caldo a 180°C per 20 minuti. A fine cottura distribuisci le pastine nei piatti irrorando con l’elisir di zibibbo che ti consiglio di lasciare in tavola per l’eventuale rabbocco dopo il primo morso.

 

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le parole che abbiamo in sospeso

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Le parole che abbiamo in sospeso, quelle che danno una ragione e proiettano vagheggiamenti lontani. Debiti di emozioni appese, segnate da separazioni algide, pesanti, imposte.
Ripenserò a tutto il bene che ho avuto in regalo; peserò l’assenza come fosse un ingrediente segreto da usare per un impasto, provando a trasformarla in qualcosa di bello e buono per me. Vorrei pesare il niente tuo con il mio tutto, assaggiare e aggiustarlo di zucchero, aggiungere un pizzico di sale e uno di bicarbonato che fa miracoli, quasi sempre. Infilo il mio anello di sempre al pollice sinistro, la spirale di pallini d’argento ora ha un’anima d’oro, più resistente e flessibile. Evoca un “per sempre” che non esiste. Mi tiro su i jeans che cominciano a cascare sui fianchi, indosso il grembiule e vado a principiare.

tartellette salate con robiola e pomodorini secchi

per la pasta brisée:
300 g di farina
75 g di burro
75 g di strutto
un paio di cucchiai di acqua fredda
un pizzico di sale
per il ripieno:
300 g di robiola
un mazzetto di basilico
5-6 fiori di cannella macinati o una spezia a tuo piacimento
una trentina di pomodorini secchi ammollati in acqua bollente e poi asciugati

impasta gli ingredienti per la brisée senza l’acqua che aggiungerai in ultimo per addensare il composto. Realizza una palla che avvolgerai dentro la pellicola; riponi in frigo per un’ora. Recupera l’impasto stendilo raggiungendo uno spessore di circa 2-3 mm, ritaglia la sfoglia con un coppapasta da 6 cm di diametro e fodera con questi dischi uno stampo da mini muffin. con queste dosi otterrai circa una quarantina di tartellette. Inforna a 180°C per circa 10 minuti o fino a quando le ciotoline di pasta si coloreranno di un bell’oro. Sforna e fai raffreddare.
Mescola con una frusta a fili montandola un po’, la robiola con il basilico tritato e la spezia che hai scelto, macinata finemente. Passala in frigo fino quasi al momento di servire, almeno un’ora. Monta una bocchetta a stella dentro un sac-a-poche, riempilo con la crema di robiola e poi riempi le tartellette. Finisci con uno o due pomodorini e servi. Oh, poi mi cunti.

ci vulissi rispetto

tumminia grissini

Questo, un inverno anomalo fu. Abbiamo avuto chiù jurnate di suli e cauddu che giornate tinte, fridde da cummigghairisi con sciarpe e cappelli. Vero è che che in queste latitudini di freddo freddo non si può parlare, ci dobbiamo andare ad ammucciari, ma i classici 7-8 gradi tipici di qua non ci furono se non per pochissimi giorni. In genere il nostro inverno dura due mesi, ‘st’annu fici due giorni. Ci dobbiamo preoccupare? Buh!
Pioggia ne abbiamo vista con il contagocce e la terra grida “ACQUAAAAA!” che mi pare di sentirla. Dove andremo a finire di questo passo?
Risposte non ne ho, sono domande troppo difficili per me, nel mio piccolissimo mondo cerco la correttezza anche nei confronti di questa madre che trattiamo malissimo e che si sta incazzando bene bene.
Sarebbe buona educazione alimentare, per iniziare, non comprare prodotti fuori stagione. I pomodori sono l’estate succosa, d’inverno ti mangi le bombe che ci mettono per farli belli. Prova a chiedere a un picciriddu in quale stagione si mangiano le fragole, ‘u sai come ti  rispunni? Tutto l’anno!
Mi chiedo… ma all’urtimata picchì?
Se hai una risposta, scrivimi.

Preparazione: 15 minuti+2h e 30minuti di riposo
Cottura: 20 minuti
Ingredienti:
200 g di g di farina di tipo 2
200 g di farina di rimacinato
100 g di farina di grano Tumminia
40 g di burro
Un cucchiaio colmo di foglioline di timo
20 g di sale
10 di lievito di birra
Un cucchiaino di zucchero
20 g di ricotta infornata, grattugiata

Sciogliete il lievito in circa 300 g di acqua tiepida con lo zucchero. Mescolate nella planetaria le farine, il burro, gli aghi di rosmarino e la ricotta; aggiungete l’acqua all’impasto, poco alla volta, impastando e aggiungendo il sale durante la lavorazione. Rovesciate l’impasto su una spianatoia leggermente infarinata, ripiegatelo più volte ottenendo un panetto che porrete a riposare in una ciotola leggermente infarinata. Coprite con un canovaccio umido e mettete nel forno spento con la luce accesa per la lievitazione che durerà due ore. Trascorso questo tempo stendete l’impasto in una sfoglia sottile, su una spianatoia leggermente infarinata aiutandovi con un matterello. Ritagliate con una rotella taglia pasta delle strisce lunghe e ponetele su una o due teglie foderate con carta forno per fare lievitare ancora mezz’ora. Infornate a 200°C per circa 25 minuti o fino a quando assumeranno un colore dorato.

qua sono…

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Qua sono dopo un tempo impressionante; ma l’importante è esserci secunnu mia, beh, io ci sono e ricomincio con un anno nuovo in queste pagine nuove  che, mi rendo conto, ancora vogliono essere azzizzate qua e là.  Credo che, un passo leva e uno metti, andrà a posto come i tasselli di un puzzle.
Io fretta non ne ho e tu?

Rotolini di spatola in crosta di pasta phyllo e chips di pere

Per due cristiani pigghiate:

400 g di cime di rapa mondate
260 g di filetti di pesce spatola (6 filetti)
una manciata di foglioline di menta
una manciata di pistacchi non salati
un cucchiaio scarso di miele
olio extra vergine d’oliva
60 g di pasta phyllo
una pera
Lavate la pera, affettatela molto finemente e cuocetela per circa un’ora in forno a 100°C, mettete da parte. Lavate la verdura e cuocetela in poca acqua salata; sgocciolatela e passatela nel mixer per ridurla in purea. Stendete i filetti di spatola su un tagliare, massaggiateli con il miele e ricopriteli con un velo di purea di verdure, arrotolateli e fermateli con uno stecchino per lasciarli in forma. Ritagliate 6 strisce di pasta phyllo, spennellate con pochissimo olio, ponete al centro un fagottino di pesce spatola, liberatelo dallo spiedino e arrotolatelo all’interno del rettangolo di pasta phyllo, ponete tutti i fagottini su una teglia foderata con carta forno e infornate a 190°C per circa 20 minuti o fino a quando la pasta phyllo sarà dorata. Sfornate e fate intiepidire; Preparate i piatti disponendo uno specchio di purea, decorate con le foglioline di menta, i pistacchi tritati, i fagottini di spatola e le chips di pera. Servite subito.

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fritto, sinonimo di buono

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Assittatevi, cosa  longa è!
Tra i ‘millemila’ programmi televisivi che parlano di cibo noi, in famiglia, guardiamo volentieri “Cuochi e fiamme” con Simone Rugiati. Tralascio commenti di carattere squisitamente soggettivo sui nuovi ‘giudici’ e mi concentro su una puntata che ci ha lasciato il segno, la curiosità di assaggiare il prodotto finito mi stava spurtusannu ‘u ciriveddu. Li dobbiamo fare, ci siamo detti, quando? Presto!
Il giorno dopo la visione del programma mi sono fiondata al supermercato senza appuntarmi gli ingredienti su un pizzino, tanto me li ricordo… Paccheri ripieni e fritti, facile!
Torno a casa, metto a posto la spesa, riguardo la puntata e… mi scurdai i paccheri e sbagghiai; anziché la burrata accattai la mozzarella. Ma si può essere più svaniti? ‘U ciriveddu lu lassai nel cellophane, per non rischiare di usarlo, si vede!

E va beh, chi non ha testa ha gambe e rimando tutto al giorno dopo con la variante causata dal’evanescenza del mio ciriveddu.

Per 5 cristiani
250 g di ricotta
250 g di mozzarella di bufala
150 di mortadella tagliata a cubetti
25 paccheri
2 grosse uova
farina 0
farina di ceci  (Lorenzo ha usato la farina di mais)
olio extra vergine d’oliva
paccheri

niè, ve la siete taliata la puntata? Manco a dirlo, in trasmissione non sono indicate le dosi, ci mancassi, io, a sentimento, li fici accussì: avendo tutto il tempo che mi abbisognava prima mi preparai il condimento tritando a coltello la mortadella. Ho ridotto a pezzetti piccoli la mozzarella e mescolata con la ricotta. Ho acceso il fuoco sotto un padellino e fatto saltare la mortadella per far buttare un po’ di grasso, mi sembra che Lorenzo, abbia usato dell’alcool, tipo grappa,  per sfumare la mortazza ma io non ne ho visto la necessità; ho fatto intiepidire e poi l’ho aggiunta ai formaggi, mescolando.
Ho cotto i paccheri in abbondante acqua salata e li ho scolati tre minuti prima della fine della cottura. Li ho farciti uno per uno e messi su un tagliere. Ho preparato tre scodelle: farina bianca, uova sbattute e farina di ceci e, nell’ordine, ho passato i paccheri nelle ciotole, poi li ho fritti in abbondante olio caldo, scolati su un foglio di carta assorbente e tenuti al caldo fino al completamento della frittura. L’autore di questa ricetta ha realizzato anche una salsa di pomodoro per pucciare i paccheri, attipo ketchup. Beh che dire? Buonissimi!

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