Arso e riarso

Quando mi venne a trovare, La Mercante di Spezie mi fece mille regali, uno tra tanti mi fece assaggiare la farina di grano arso, una prelibatezza che se non l’assaggi non lo puoi capire, le parole servono a ben poco. La farina di grano arso in realtà è una semola di grano duro tipica pugliese che ha una storia particolare. Il grano arso nasce dalla necessità di recuperare le spighe cadute dopo il raccolto, veniva recuperato dopo la combustione del campo sfruttato, era ovviamente meno costoso e veniva poi macinato ottenendo uno sfarinato integrale. Oggi si produce tostandolo come per il caffè, assume un sapore e un sentore come di affumicato e come dice Lory, “sa di nocciola”. Beh ieri l’altro ho comprato questa farina, una rarità trovarla sugli scaffali dei supermercati, mi sono sentita fortunata.
qui la sua ricetta dal suo blog
100 g di farina di grano arso
300 g di semola di rimacinato
acqua q.b.
io ne ho messa circa 350 ml
e ho aggiunto un cucchiaio d’olio extra vergine d’oliva
impastate le due farine e aggiungete l’acqua poco per volta, unite l’olio. Otterrete una consistenza compatta ma morbida.

 Fate una palla, aiutatevi con della farina su una spianatoia e ponete a riposare per mezz’ora, sotto una ciotola di metallo precedentemente riscaldata con dell’acqua calda e poi asciugata. Trascorso il tempo necessario cominciate a stendere la pasta con la macchinetta oppure a mano con il matterello, arrotolate la pasta e formate le fettuccine o tagliolini

per il condimento per 4 cristiani:
300 g di zucca decorticata e tagliata a filetti
250 g di funghi freschi affettati
2 scalogni
30 g di finocchietto di montagna tritato finemente
100 ml di vino bianco secco
90 g di speck tagliato a fette sottili e poi a fettucce
olio extra vergine d’oliva
sale
pepe
ricotta infornata

 affettate gli scalogni, soffriggeteli con due cucchiai d’olio in un tegame, unite i funghi fate saltare per fare rilasciare l’acqua di vegetazione, sfumate con il vino e aggiungete la zucca, portate a cottura. In una padella in pietra o antiaderente scottate lo speck tagliato a fettucce, fategli perdere un po’ di unto e aggiungetelo al condimento mescolate e spegnete. Portate a bollore abbondante acqua salata, cuocete 400 g di fettuccine per pochi istanti, assaggiate per verificarne la cottura. Scolate la pasta conservando un po’ di acqua di cottura, versatela nel condimento e mescolate su fuoco leggero, aggiungete acqua di pasta, tanta quanta ne servirà per fluidificare. Spegnete, aggiungete una manciata di ricotta, una macinata di pepe, il finocchietto tritato, mescolate e servite.

Il Maestro Montersino è qui! Ma lui non lo sa

 Non è che uno diventa maestro così per grazia ricevuta eh? Anni e anni di studio e duro lavoro per realizzare torte spettacolari, scenografiche e di alta pasticceria ma anche dei biscotti semplici negli ingredienti e nella realizzazione, da inzuppare nel latte o nel the caldo ma da mangiare anche così, schetti, che sarebbe il contrario di maritati. Vi l’assicuro che già al primo muzzicuni, mi lassaru in pace cu munnu intiero.

la ricetta è desunta dal libro “Croissant e biscotti” di Luca Montersino, edito da Rizzoli
il maestro dice che per preparare i Biscolatte ci servono:
485 g di farina 180 w quindi farina di grano tenero di media forza
200 g di zucchero semolato
200 g di burro morbido
65 g di amido di riso che non avevo e ho sostituito con quello di mais 
85 g di uova intere (due piccole, sgusciatele dentro una ciotola e pesatele)
40 g di panna
20 g di sciroppo di glucosio atomizzato (ecco io di atomizzato non ho niente ho messo lo sciroppo di glucosio all’antica)
2 g di sale
4 g di lievito
1 baccello di vaniglia
impastate il burro morbido con lo zucchero, il glucosio, poi unite le uova e la panna, il sale e la vaniglia. A questo punto unite la farina setacciata con l’amido e il lievito. Ponete in frigo per 30 minuti. Rivestite un paio di placche con carta forno, stendete l’impasto con un matterello su un piano leggermente infarinato, prelevate dei pezzetti alla volta, quello che resta da lavorare rimettetelo in frigo. realizzate dei biscotti con un coppa pasta metteteli sulle teglie e infrnate a 160°C per circa 15-20 minuti, basatevi sulla conoscenza del vostro forno. Se volete spolverate con dello zucchero a velo 

nel giardino che vorrei

…metterei a dimora almeno due o tre piante di Lycium barbarum; il clima sarebbe anche favorevole, godrei della loro chioma dal portamento ricadente, dei loro fiori, già  dall’inizio dell’estate, bianchi, viola e lilla e dei loro frutti le famose bacche di Goji. Ci vulissi quel bel punto di rosso carico, il colore del loro frutto, per ravvivare un angolo del terreno. Studiando questa pianta ho scoperto che il nome Goji è stato dato, nel 1973, dall’etnobotanico del nord america, il dottor Bradley Dobos. Questo esimio studioso turnau dal Nepal, dopo anni di studio, con, in sacchetta, un riconoscimento straordinario; fu il primo occidentale a diventare medico di medicina tibetana, lavorando e studiando, vicino vicino con Sua Santità Dalai Lama e uno stuolo di personaggi, portatori sani di saggezza e gentilezza.

 Considerando che il mio giardino è nicareddu, e difficilmente potrò inserire quest’essenza strepitosa, ho approfittato dello shop on line di Gaia Superfood Le bacche di Goji sono un multivitaminico naturale al 100% fatevi un giro nello shop e leggerete “tutto il buono che fa bene” ma non solo, leggendo leggendo, scoprirete la filosofia di Gaia Superfood, i valori che contraddistinguono questo brand, il
concetto di “dono” e “riconoscenza” verso quei luoghi e
quella gente del lontano Tibet, che hanno donato un frutto così strepitoso; per
questo, parte del ricavato delle vendite delle bacche di Goji Tibetano saranno
devoluti a favore dell’associazione Dawa.

 

Energia
vitale, mangiare sano, benessere del corpo, dello spirito e lunga vita; un
insegnamento da seguire con un consumo sistematico a colazione, aggiungendo i
Superfood ai frullati, allo yogurt o nel muesli, darà una marcia in più alla nostra
giornata grazie alla ricchezza di vitamine, minerali e proteine contenute
naturalmente. Amunì, accogliamo
questo dono.

Biscotti Superfood al burro salato e bacche di Goji Tibetano

250 g di farina di grano duro di Sicilia

50 g di semola integrale di grano duro di Sicilia rimacinata
200 g di burro salato
50 g di vino Passito di Pantelleria
100 g di zucchero di canna
un uovo 
10 g di semi di lino
8 g di lievito chimico

Mettete le bacche Goji a bagno nel vino; mescolate insieme le due farine, unite il burro tagliato a pezzetti leggermente ammorbidito, i semi di lino, lo zucchero, l’uovo, le bacche di goji leggermente strizzate e il lievito setacciato, impastate per rendere omogeneo il composto, realizzate tre salsicciotti di uguale diametro e poneteli in frigo a rassodare per almeno due ore
Prelevate i cilindri di impasto dal frigo e tagliateli a sezioni di circa un cm di spessore, disponeteli su due placche foderate con carta forno e infornate per circa 10 minuti a 170°C, come sempre ricordo che la cottura va commisurata alla conoscenza del vostro elettrodomestico.

con rispetto parlando

con rispetto parlando, questa torta spacca le balate, i pitruni, che servono per la realizzazione delle strade. E’ talmente buona che apre i portoni solo con il ciavuru; talmente morbida che al primo morso arrusbigghia i sensi e viene lo sconvolgimento. Il consiglio che vi do, anche se non lo volete è di prepararla almeno una volta; se vi piacciono le torte di mele dal sapore un po’ grezzo, è la torta che fa per voi. Amunì, pigghiate un pizzino
3 mele golden
50 g di zucchero di canna
50 g di burro
un cucchiaino di cannella 
80 g di farina di grano saraceno
120 g di farina
100 g di burro morbido
130 g di zucchero di canna
3 uova
8 g di lievito
110 ml di panna
5 bacche di cardamomo
20 g di mandorle a lamelle
20 ml di Grand Marnier
10 ml di latte
per la finitura:
50 ml di Grand Marnier
50 ml di acqua
10 g di mandorle a lamelle
sbucciate le mele, tagliatele a pezzetti, ponetele dentro una teglia foderata con carta forno, distribuite lo zucchero, il burro e la cannella, infornate a 140°C per circa 25 minuti mescolando spesso.

 imburrate uno stampo a cerniera apribile da 24 cm di diametro. Cospargete i bordi con le mandorle e poi infarinate leggermente, con delicatezza eliminate la farina in eccesso evitando il distacco delle mandorle.

 Montate il burro morbido con lo zucchero, unite un uovo alla volta e i semi di cardamomo pestati. Unite le farine mescolati con il lievito setacciato alternando con la panna e il Grand Marnier; in ultimo, se il composto dovesse risultare troppo denso aggiungete il latte. Versate il composto lella teglia, unite le mele cotte sgocciolate dal sugo che metterete da parte.

 Infornate a 170°C per circa 45 minuti, per la cottura basatevi sulla conoscenza del vostro forno e fate sempre la prova stecchino prima di sfornare. Preparate la finitura mettendo il liquore con l’acqua dentro un pentolino, portate a ebollizione facendo evaporare un po’ di alcool, unite il sugo della cottura delle mele, lasciate sul fuoco un minuto e poi spegnete.

Tirate fuori la torta dal forno, versate lo sciroppo in maniera uniforme, distribuite le mandorle e passate sotto il grill, pochi istanti, fino a doratura.

polpettando

Oggi, primo settembre 2014, vedo polpette dappertutto! Ma che fu? manco fussi un contest, hanno polpettato Sarah Fel, Gabila e Donna Hay.
 A ‘sto punto mi ci metto anch’io con la mia dieta del lunedì senza tristezza, con le polpette di zucchine, carote e semi. Mi fici quattro cunti con il contacalorie sul web, iddu dice che, a persona, queste polpette contengono 349 kcal, sarà vero? Mah! quello che so è che buone sono.
per 4 cristiani:
600 g di zucchine mondate
200 g di carote mondate
50 g di provola affumicata
70 g di pangrattato
5 g di semi di lino
2 uova
sale
pepe

noce moscata
un cm di zenzero grattugiato
6-7 foglie di basilico tagliate a pezzetti
per la finitura:
35 g di cimino (sesamo)
50 g di pangrattato

lessate in acqua salata, per circa 15 minuti, le zucchine tagliate a tocchetti e le carote tagliate a rondelle, scolatele, fate intiepidire e passatele al mixer. Sgocciolate il composto dentro un colapasta dai fori piccoli. Impastate il composto di zucchine con 70 g di pangrattato, le uova, la provola a pezzetti, i semi di lino, il basilico, la noce moscata e lo zenzero. Lavorate per amalgamare, aggiustate di sale e pepate. Otterrete un impasto molto morbido, abbiate cura nel maneggiarlo.

 Mescolate il sesamo con il pangrattato per la finitura, formate delle polpette, passatele nel mix di pangrattato e sesamo e ponete su una placca foderata con carta forno. Cuocete in forno a 180°C per 15 minuti e finite con qualche minuto di grill e servite tiepide.

nìvuru di sìccia

Se sei debole di stomaco o schifiltoso fatti pulire le seppie da qualcuno che se ne intende, potresti rovinare tutto e sarebbe un peccato inenarrabile. Ci vole pacienzia puru ppì mmmia che non pulisco seppie dalla mattina alla sera. Mi accingo a pulirle con scrupolo, delicatezza per non rompere le sacche con l’oro nero, garbo e cura per una cottura attenta a conservare integro il sapore del mare.
A fine pasto avrai le labbra e i denti neri ma il cuore gonfio di gioia e l’anima arricriata.

fettucce con ragù e nivuru di siccia
per tre cristiani, noi
350 g di fettuccine
500 g di seppie
200 g di pomodori piccadilly
4 cucchiai di salsa di pomodoro
un grosso spicchio d’aglio
un cucchiaino di estratto di pomodoro
q.b. peperoncino secco
sale
n’anticchia di vino bianco secco
olio extra vergine d’oliva
foglie di maggiorana fresca

pulisci le seppie, elimina gli ossi, aprile, elimina le interiora, la pelle, gli occhi e la bocca. Sciacquale sotto l’acqua corrente e tamponale con della carta da cucina. Trita finemente lo spicchio d’aglio degerminato, ponilo in una casseruola con un giro d’olio e fai dorare leggermente a fuoco dolce, aggiungi i corpi delle seppie tagliati a filetti e i tentacoli a pezzetti con il peperoncino, fai insaporire e sfuma con il vino.
Aggiungi i pomodori tagliati a metà, mescolate e fai appassire per pochi istanti, unisci la salsa, l’estratto e le sacche con il nero. Sala solo se necessario, il mio ragù non ne aveva bisogno. Porta a bollore abbondante acqua salata, cuoci la pasta e ripassala in padella con il condimento. Servi subitanemante cospargendo con foglie di maggiorana.

Oh, poi mi cunti

 

Il Maestro e io

MIZZICA! Ancora non ci credo, guardo e riguardo le foto, penso alla conferenza stampa e continuo a non credere ai miei occhi e alle mie orecchie; io ho conosciuto Andrea Camilleri. Per me è un sogno che si avvera. Non avrei mai e poi mai immaginato di incontrarlo di pirsona pirsonalmente. Eppure così fu!

Un grande grazie lo devo dire a Mauro Buscemi, direttore del mio giornale, Sicily Present, il quale mi ha mandato in missione alla conferenza stampa, alla Casa Editrice Sellerio, per seguire l’evento memorabile; la presentazione a “Una marina di libri” del nuovo romanzo, “La piramide di fango” del Sommo Maestro Camilleri.

Qui Il link alla pagina del giornale per leggere l’articolo, di seguito una carrellata di foto.

Estasiata, ripercorro quei minuti in sua compagnia, scopro una montagna di cose che non conoscevo, vi cuntu chista macari a vui; “Il cane di terracotta” è il secondo romanzo che vede il commissario Montalbano alle prese con qualche ammazzatina vigatese, il libro contiene più pagine rispetto agli altri della serie perché, il Maestro, pinsava di conchiudere tra quelle pagine le gesta del commissario, raccontando e allungando la storia con qualche dettaglio in più, invece la storia, in un vidìri e svidiri, si prolungò assà.

Poi nnì lassò un consiglio dedicato ai giovani scrittori , una parola sola: leggere, leggere, leggere, leggere, ripetuto ben quattru voti. “Arriverà un momento in cui t’innamorerai di un libro e del suo scrittore, a  quel punto prova a riscrivere il primo capitolo…”

Io, il mio scrittore preferito, ‘u truvai, continuo a leggere però.

il Maestro durante la conferenza stampa

 

 

Lampada a sospensione (geniale) camilleriana
 
Lampada a sospensione, particolare
Lampada a sospensione, particolare
  

Stati(e) Uniti

mi sono fissata e non c’è peggio delle fissazioni, si attaccano in maniera indelebile in testa e non ci può manco ‘u rasuolo, il rasoio. Un modo di dire di queste latate, per indicare un concetto semplice; nemmeno radendo a fondo risolvi il problema. Quindi, lasciando questa mia isola per un momento, mi fiondo negli United States, ora vi cunto picchì: lo sfirnicìo in testa nasce dalla salsa olandese, che olandese non è ma è francese, elemento fondamentale per le uova alla Benedict di stampo ammericano alle quali si associano gli english muffin, che parunu inglisi ma invece no, in tuttu ‘stu garbuglio di attribuzioni parto dall’inizio, dalla base moBBida, citando la fonte della ricetta. Grazie Starbook, grazie assai Alessandra Gennaro. Detto ciò ecco chi fici in questo primo passo per raggiungere le uova alla Benedict

580 g di farina Manitoba
9 g di lievito
9 g di zucchero di canna
9 g di sale
150 g di acqua tiepida
220 g di latte tiepido
versate la farina, sbriciolate il lievito e unite lo zucchero. Mescolate e aggiungete l’acqua tiepida, unite il sale e infine il latte. Infarinate leggermente una ciotola di plastica, ponete il panetto inciso con una croce, coprite con un canovaccio e mettete la ciotola nel forno spento con la luce di cortesia accesa.
dopo circa un’ora di lievitazione riscaldate il forno a 200°C,  stendete l’impasto sul piano di lavoro e livellatelo con il matterello raggiungendo uno spessore di circa 2 cm, ritagliatelo con un coppa pasta di 8 cm ricavando circa 10 focaccine. Scaldate una padella antiaderente, su fuoco basso, cuocete 4 focaccine per volta per  4 minuti per lato. Trascorso questo tempo ponetele in forno per 8 minuti. una volta cotti tagliateli a metà, ripassateli in forno qualche minuto per ottenere una crosticina anche nella parte interna, mangiateli a colazione caldi con burro e marmellata, salumi vari,opuru con le uova alla Benedict 😀

il mondo dei “pan di zenzero”

Se volete passare un giorno intero a decorare biscotti, questa è la ricetta giusta. Armatevi di pazienza e qualche picciriddu, picchì travagghiare suli  non è lo stesso che farlo in compagnia, soprattutto un lavoro come questo, destinato ai picciriddi che andranno a visitare la casa di Babbo Natale realizzata da un gruppo di volontari di Capaci . Una iniziativa lodevole dedicata ai bambini, piuttosto perché non andate a visitarla, ci sarà da divertirsi. Casa di Babbo Natale, via Papa Giovanni, Capaci

670 g di farina 00
una bustina di lievito (16 g)
5 g di zenzero in polvere
7 g di cannella macinata
3 g di noce moscata grattugiata
3 g di chiodi di garofano macinati
una macinata di pepe nero 
225 g di burro a temperatura ambiente
175 g di miele 
230 g di zucchero di canna
2 uova a temperatura ambiente
2 cucchiaini di estratto di vaniglia
glassa pronta
pasta di zucchero pronta di diversi colori
pastiglie di cioccolato colorate

Setacciate la farina con il lievito, aggiungete le spezie e mescolate. Nella planetaria sbattete con le fruste il burro, aggiungete lo zucchero sbattendo per cinque minuti. unite un uovo per volta, facendo amalgamare il primo completamente prima di aggiungere il secondo, includete il miele e la vaniglia. Cambiate il gancio, togliete la frusta e montate la foglia K, rimettete la macchina in moto e unite gli ingredienti secchi. Realizzate una palla con l’impasto che sarà parecchio morbido ma maneggiabile, avvolgetelo dentro un foglio di pellicola per alimenti e ponetelo in frigo per tutta la notte.

Il giorno dopo spolverate il piano di lavoro con la farina, sottraete un pezzo di impasto dal frigo, manipolatelo con le mani, quel poco per renderlo lavorabile, stendetelo con il mattarello a uno spessore di 2-3 mm e ritagliatelo con la formina dei biscotti degli omini di pan di zenzero, ponete i biscotti su una teglia foderata con carta forno e infornate a 170°C per circa 10 minuti. Sfornate e fate raffreddare completamente. Per realizzare la casetta utilizzate l’apposito stampo. Incollate i pezzi della casa con la glassa e fatela rapprendere per una notte. Decorate i biscotti con pasta di zucchero oppure glassa colorata e la casa con la glassa, pastiglie al cioccolato colorate e molta fantasia.

Di principi e di principesse

‘N’anticchia di sangue blu l’abbiamo più o meno tutti no? Io dico di si, magari non abbiamo il doppio cognome o il titolo nobiliare ma, in fondo in fondo un po’ di sangue blu, l’abbiamo anche noi; in molte storie di Sicilia, ambientate secoli fa, era facile che il principe, il barone di turno o addirittura il re, s’infrattasse con la giovane cammarera dalla pelle liscia come pesca; se facìanu nzinzola, e la donna niscìa prena, idda era una svergognata, ‘u picciriddu era di sangue misto e iddu, il nobiluomo, padrone anche della cammarera, nisciva frisco come un quarto di pollo. AH! Cose di altri tempi, forse o forse no; ma gira, vota e firrìa ‘sto sangue nobile s’incrociò tante e tante vote che, lo penso, pure io sono nobile. Ho deciso che sono la Principessa  del Borgo degli Aranci, possidente, almeno nella fantasia, di ettari e ettari, aiutami a dire ettari di giardini, in un tripudio di agrumeti, palme, carrubbi, pale ri ficu d’india, muri a secco, terrazzamenti, giare e panchine in pietra. Un’oasi effimera e fiabesca. Se questo vuol dire che io non sia di razza ariana, sappiatelo, non me ne frega una beneamata, anche picchì con tutte le dominazioni che ci furono ‘nta ‘sta isola, come pritinnemu di essere “puri”? Con rispetto parlando mi nni futtu di come la pensano quei pazzi scatenati che, della razza ariana, ne hanno fatto una questione di vita e, soprattutto, di morte. Mi vergogno per loro, s’avissiru ammucciari, schifìu!
Beh certo, oggi ci sono anche quei nobili ai quali ci rimase solo il titolo, e va beh, non si può avere tutto dalla vita, io mi accontento di avere uno zinzino di fantasia che mi èleva, anche di pochi centimetri, dal fango che si poggia, costante come la polvere, sulla realtà spietata di ogni giorno.
Nella storia di nobili siciliani si narra di un piatto ricco, opulento che si serviva nelle case nobiliari nei giorni di festa, si tratta del ‘timballo del Principe’ menzionato anche ne “Il Gattopardo” di Tomasi di Lampedusa. Trattasi di un pasticcio di rigatoni in crosta di frolla dolce e grassa, ripieno di carne, fegatini, prosciutto, uova e salsiccia. Ora, attenti a mia, io non me l’accollo tutto ‘sto tripudio e opulenza quindi accontentatevi del Timballo della Principessa Claudia alleggerito, sobrio, elegante  e sfarzoso al tempo stesso.

Per 6 cristiani:
con queste dosi ho accontentato chi la vuole cotta e chi la vuole cruda, chi dunque, non gradisce il sapore della frolla associata alla pasta  e chi, invece, se l’accolla, quindi fici 4 piccoli timballi in crosta foderando 4 stampi da babà con la frolla e una piccola teglia per infornare quella senza crosta. Se tutti i sei commensali s’accollano il timballo in crosta usate una teglia di alluminio larga 20 cm e alta 10 

300 g di farina 00 setacciata
100 g di strutto
50 g di burro
50 g di zucchero
un uovo
2 g di sale
20 ml di Marsala secco
un pizzico di cannella macinata
Impastate, se volete a mano o ‘zziccate tutto nella planetaria, la farina con il burro a pezzetti, lo strutto, lo zucchero, l’uovo, il sale, la cannella e il Marsala. Realizzate una palla, avvolgetela in un foglio di pellicola e passatela in frigo per un’ora, giusto il tempo di farla raffreddare ‘n’anticchia. Nel frattempo preparate tutti gli altri componenti che andranno a insaporire il timballo:
piselli stufati:
mezza cipolla rossa tritata finemente
100 g di piselli surgelati
un cucchiaino raso di zucchero
un giro d’olio
sale
pepe
preparate i piselli, semplicemente mettendo tutti gli ingredienti, tranne il sale, dentro un piccolo tegame, coperti d’acqua, a fine cottura salate e pepate.
300 g di ragu già pronto, realizzato il giorno prima, con carne macinata mista, maiale e vitello
300 g di rigatoni
70 g di cacio cavallo o parmicgiano grattugiato
80 g di tuma
besciamella:
30 g di farina
30 g di burro
300 ml di latte
sale e pepe
noce moscata
sciogliete il burro in un tegamino, aggiungete la farina setacciata e mescolate, unite il latte, poco per volta facendo attenzione a non fare grumi. Portate a bollore, sempre mescolando e spegnete il fuoco, salate, pepate e aggiungete la noce moscata.

 a questo punto, che avete tutti gli ingredienti pronti, ponete una pentola sul fuoco e portate a bollore. Imburrate gli stampini individuali o quello unico, infarinate e eliminate la farina in eccesso. stendete l’impasto diviso in 4 pezzi se intendete realizzare le mono porzioni, in caso contrario dividete l’impasto in due pezzi disomogenei e stendete quello più grande, foderate lo stampo fino al bordo, facendolo aderire alle pareti, e rimettete in frigo. Cuocete la pasta  nell’acqua bollente, salata, scolatela molto al dente. Mettetela dentro una ciotola capiente con il ragù, il parmigiano, la tuma a pezzetti, la besciamella e i piselli, mescolate e riempite il contenitore; realizzate il coperchio del timballo e, con i rimasugli di frolla, decorate la superficie, spennellate con un tuorlo d’uovo sbattuto e infornate, in forno caldo, a 180°C per circa 45 minuti. Se volete dare il colore di “oro brunito” anche sulle pareti del timballo fate intiepidire, sformate il timballo e ripassatelo in forno ancora qualche minuto.