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Ci sono storie che si raccontano con le immagini, oramà è accussì. Non è che ai miei tempi non si facesse eh? Era una cosa cognita ma per pochi. Le storie si raccontavano al cinematografo o in TV. Oggi le stories sono all’ordine di ogni istante, oggi si racconta di tutto e non mi addentro; ti basterà avere un account su uno dei social più in voga per guardare ed entrare a piè pari dentro la vita di ogni singola persona.
Poi ci sono storie legate dal filo rosso dei sentimenti che, a prescindere dalle distanze o dalle frivolezze, restano indissolubili e stringono come cappi riportando alla memoria istanti carichi di affetto.
Una storia così mi lega a Sarah Fel; FEL sta per Fragola e limone, un blog bellissimo, pieno zeppo di cose bellissime e buonissime, raccontate con precisione e tanta cura da lei. Appena trasi in questo posto resti alluccuto e ti viene lo spinno di allungare la mano e assaggiare qualcosa. Ecco, io accussì fici con questi kranz, treccine di sfoglia e brioche che sono uno spettacolo. I kranz sono farciti con uvetta e confettura di albicocche ma già Sarah ha omesso l’uvetta perché non è particolarmente gradita a casa sua, io, invece, ho cambiato totalmente farcitura, ho usato la marmellata di mandarini fatta dalle manine sante di me matri.

Tu fai chiddu chi voi. Nun sì tu? Fa tu!

per circa 11 briochine
200 g di farina di tipo 0
135 g di farina di tipo 2
80-90 g di latte intero
120 g di uova (circa due, ma dipende dalle dimensioni dell’uovo)
50 g di zucchero semolato
120 g di burro pomata ( a temperatura ambiente, io l’ho lasciato ammorbidire, fuori dal frigo pe
r due ore)
10 g di lievito di birra fresco
Aromi
10 g di miele
5 g di rhum
i semi di mezza bacca di vaniglia
5 g di sale
un rotolo di sfoglia rettangolare
5 cucchiai di marmellata di mandarini o confettura di albicocche
Per la finitura
1 tuorlo
2 cucchiai di latte
gelatina neutra
granella di zucchero o zucchero a velo

Prima di ogni cosa prepara gli aromi; mescola, in una ciotolina, il miele, il rhum e la vaniglia, poni da parte. A questo punto impasta le farine con il lievito sbriciolato e lo zucchero. Con il gancio impastatore mescola per amalgamare. Aggiungi il latte e comincia l’impasto, poco per volta unisci le uova continuando a impastare. Dovrai ottenere un impasto umido ma non troppo, se dovesse essere asciutto, aggiungi ancora un po’ di latte, poco eh?
Aggiungi il burro, poco alla volta e in ultimo il sale e gli aromi. Lascia lavorare la macchina fino a quando l’impasto sarà nuovamente compatto e incordato.
Prelevalo dalla planetaria e lavoralo per farlo diventare una palla, ponilo in una ciotola e fallo lievitare dentro il forno spento con la luce accesa per un paio d’ore o fino al raddoppio.
Quando l’impasto è lievitato recupera la sfoglia dal frigo e stendila ulteriormente; recupera l’impasto lievitato e stendilo  su un piano leggermente infarinato, realizza un rettangolo delle stesse dimensioni della sfoglia con uno spessore di circa 3-4 mm.

Spalma la marmellata sulla pasta brioche e poi sovrapponi la sfoglia facendo combaciare gli impasti, premi leggermente e poi taglia a metà sul lato lungo. Spennella ancora con la marmellata e sovrapponi ancora i due rettangoli in modo da avere un palinsensto alternato brioche/sfoglia/brioche/sfoglia.
Premi per fare aderire gli strati e poni in frigo pre circa un’ora o tutta la notte, coperto. Tira fuori dal frigo e ritaglia delle strisce larghe circa tre cm, attorcigliale e disponile su una placca foderata con carta forno e fai lievitare una seconda volta.
Scalda il forno e portalo a una temperatura di 180°C, sbatti il tuorlo con il latte e spennella le treccine lievitate e inforna per circa 20 minuti o fino a quando saranno dorate. Spennellale, ancora calde, con della gelatina neutra e premile su un piatto colmo di granella di zucchero o, se preferisci, spolvera con dello zucchero a velo. Lascia intiepidire, almeno un poco, prima di addentarle!

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un quasi total white

Quando ho iniziato il percorso di scrittura su queste pagine, quasi 12 anni fa, credevo che mi avrebbe coinvolto parecchio sul piano dell’impegno e della precisione delle ricette, per renderle riproducibili; non ti nascondo che avevo paura.
In effetti, impegno e cura sono stati elementi invariati durante questi anni e, considerando la voglia di riempirmi di bellezza, ho inseguito il desiderio di farti venire fame guardando una immagine scattata da me.
Sto ancora studiando e si vede. La mia maestra di fotografia, Monique, si è avventurata nell’impresa infondendo le basi della fotografia digitale, apertura del diaframma, velocità di otturazione, bilanciamento del bianco persino entrata e uscita di una fetta di torta. Una carrettata di nozioni che ancora mi ballano in testa ma non mollo.

Ciambelline glassate
per circa 12 ciambelline
3 uova
3 tuorli
un cucchiaino di zibibbo
un cucchiaino di estratto di vaniglia
225 g di zucchero
225 g di burro a temperatura ambiente
225 di farina di tipo 1
1/2 cucchiaino di lievito
in una ciotola sbatti gli le uova con i tuorli lo zibibbo e l’estratto di vaniglia, nel mixer sbatti il burro poi aggiungi, gradualmente lo zucchero continuando a mescolare con le fruste fino a quando il composto diventa spumoso e bianco. Aggiungi il mix di uova gradatamente, diminuendo la velocità delle fruste. Prendi il tempo necessario, cinque minuti buoni, non avere fretta. Accendi il forno e portalo a una temperatura di 180°C e continua il procedimento: mescola la farina con il lievito e aggiungi al composto mescolando delicatamente per ottenere un impasto omogeneo. Trasferisci l’impasto in una sacca da pasticcere e riempi gli stampi da ciambelline precedentemente ingrassati e spolverati con della farina. Non riempirli troppo perché in forno gonfiano, durante la cottura.
Prepara la glassa, ho usato la ricetta di Simona Mirto che trovi sul suo blog Tavolartegusto, ti serviranno:
90 g di zucchero a velo
un cucchiaino di succo di limone
30 g di albume
pesa l’albume nella ciotola dove lavorerai la ghiaccia, aggiungi il succo del limone e schiuma il composto con una frusta elettrica, per amalgamare gli ingredienti; aggiungi lo zucchero e monta con le fruste qualche secondo per ottenere la consistenza desiderata. Appena hai realizzato la ghiaccia, coprila con la pellicola a contatto con la superficie per evitare che si indurisca.
Quando le ciambelline saranno cotte trasferiscile su una gratella per dolci e fai raffreddare prima di intingerle nella glassa.

cheesecake ai frutti di bosco in barattolo

cheesecake in barattolo

La mia proverbiale capacità di adattamento mi lascia scivolare con facilità, verso  tutto ciò che è nuovo; un nuovo posto di lavoro, un nuovo luogo in cui vivere o, senza cadere nella drasticità delle occasioni, solo preparare un nuovo piatto che non appartiene alla mia tradizione.
Ma poi di che tradizione stiamo parlando? Ho, di recente, letto un libro che racconta di ricette americane, di contaminazioni, di musica, di storia, di antropologia, di fusione, di confort food, di arance della Florida e degli aceri del Vermont che colorano le proprie foglie di giallo e rosso. Il Nuovo Mondo l’ho rivisto attraverso un viaggio coast to coast, sulle pagine di un vecchio atlante, recuperato per seguire, col dito puntato, le vicende dei coloni americani arrivati lì da tutto il mondo. Le tradizioni, dunque, si sono fuse, mescolate, adattate, integrate in un grogiolo, in una confluenza culinaria strepitosa. Potrei dire senza esagerare che ci fu in quei luoghi, dal periodo coloniale, un “gioco di fuoco” memorabile. Tornado alla tradizione, ti pozzu diri che, leggendo questo libro, ho trovato tantissime ricette che hanno i sapori della mia terra.
Per come la penso io, la mediazione ai fornelli ristabilisce i confini, li amplia e, molto spesso, ridisegna cose dell’altro mondo. È il caso di questa cheesecake che a differenza di quella newyorkese non è cotta, ma è la versione fredda in barattolo.

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Per 12 barattoli piccoli (200 ml) o 6 grandi (350 ml)
Per la base:

150 g di biscotti Digestive
150 g di biscotti al burro tipo Palets breton
la scorza grattugiata di un limone
per la crema:
500 g di formaggio spalmabile
350 g di panna fresca da montare
125 g di zucchero a velo
2 cucchiaini di estratto di vaniglia
per la coulis di frutti di bosco:
360 g di frutti di bosco congelati
70 g di zucchero
il succo di un limone
per la decorazione:
130 di frutti di bosco
foglioline di timo limone
Comincia col prelevare la scorza del limone, mettila da parte, ti servirà dopo, quando preparerai la base di biscotti. Dedicati, adesso, a preparare la coulis: metti i frutti di bosco  ancora congelati dentro una casseruola con lo zucchero e il succo di limone, cuoci a fiamma moderata, mescolando, per circa 20 minuti; spegni, passala salsa attraverso un colino a maglie fitte e fai raffreddare.
In un mixer o con un matterello sminuzza i biscotti, mescolali con la scorza di limone grattugiata che avevi preparato all’inizio e ponili, senza pressare, dentro i bicchieri o i barattoli che hai scelto per la cheesecacke. Dai qualche colpettino, con la mano aperta alla base del barattolo, per fare assestare i biscotti.
Con le fruste elettrice, ben fredde, monta la panna con 25 g di zucchero a velo e metti in frigo. In un’altra ciotola e con le stesse fruste, mescola il formaggio spalmabile con 100 g di zucchero a velo rimasto. Aggiungi la panna, poca per volta, mescolando dall’alto verso il basso senza smontare il composto, infine aggiungi l’estratto di vaniglia. Metti la crema preparata dentro un sac-a-poche senza bocchetta e riempi i barattoli con uno strato generoso. Batti il fondo del barattolo ancora una volta. Distribuisci la salsa ai frutti di bosco, copri con la pellicola o con i coperchi dei barattoli e metti in frigo a raffreddare per tutta la notte o per almeno 4 ore. Al momento di servire, decora la superficie con i frutti di bosco e qualche fogliolina di timo limone.

ce l’ho qui la brioche

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Adoro questo stampo di Emile Henry, mi piace portarlo in tavola appena tiepido (mi piace con tutti gli strumenti di cotture Emile Henry, in effetti) colmo della brioche di turno.

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Oggi la ricetta è scopiazzata da quel magnifico libro di Sabrine d’Aubergine, “Fragole a merenda” di Guido Tommasi Editore. Spero che Sabrine non me ne vorrà, ho leggermente manipolato la ricetta, solo un pochino però, per adattarla alle mie esigenze. Ma lei, che la conosce bene, vedrà che si discosta davvero poco; forse la cosa più evidente è che ho usato uno stampo singolo, mentre lei usa quelli nichi, realizzando tante briochine e in ultimo, ma non per importanza, io ho preferito diminuire il lievito e aumentare il tempo di lievitazione. La cosa che mi ha stuzzicato di più è l’impasto, particolare.

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Ad ogni modo, ecco i processi da seguire per realizzare questa ciavurusa meraviglia.

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Brioche alla vaniglia e zafferano.

Ingredienti per iniziare:
( le parti cancellate sono quelle che ho variato, attribuendo le mie modifiche)
1 bustina di zafferano
50 ml di acqua bollente
1 baccello di vaniglia
100 ml di latte panna
20 g di zucchero semolato di canna chiaro
un cucchiaio abbondante di yogurt 50 g di yogurt greco
25 10 g di lievito di birra fresco
comincia sciogliendo lo zafferano nell’acqua bollente, copri con un piattino e metti da parte. Metti sul fuoco, dentro un pentolino, la panna con i semi di vaniglia liberati dal baccello e il baccello stesso, in infusione. Porta a bollore e spegni per fare raffreddare, dopo elimina il baccello. Aggiungi lo zucchero, lo yogurt e il lievito sbriciolato. mescola con le dita finché senti che il lievito è totalmente sciolto nel miscuglio. Copri con la pellicola e fai riposare fino a quando sarà raddoppiato di volume.

 

ingredienti della seconda fase:
400 g di farina Manitoba
100 g di farina di tipo 00 tipo 2 con germe di grano
60 g di zucchero semolato di canna chiaro
2 uova
50 g di burro più quello per ungere la ciotola per la lievitazione e lo stampo per la cottura
per la finitura, due cucchiai di yogurt e un cucchiaio di zucchero semolato un cucchiaio di yogurt greco emulsionato con un cucchiaino di sciroppo d’acero e una manciata di zucchero di canna.
Mescola le farine con lo zucchero dentro la planetaria (Sabrine impasta a mano, da qui in poi accattati il libro perché per il procedimento io ho fatto lavorare la macchina, al mio posto, chiedo venia), fai un buco nel centro e versa la mistura di lievito facendo attenzione che non fuoriesca dal buco. Con un cucchiaio, dolcemente, copri il lievito con poca farina, senza mescolare, lascia lievitare al riparo da correnti ma senza coprirlo, anzi, come suggerisce Sabrine, guarda come si innalza, lievitando, portando in alto il mix di farina formando delle crepe. Uno spettacolo davvero.
Fondi il burro a fuoco dolce, lascialo intiepidire, mescolalo alle uova, all’acqua con lo zafferano sbattendo con una forchetta o una frusta a fili; rovescialo dentro la planetaria e, con il gancio, comincia a impastare a bassa velocità fino a quando gli ingredienti saranno ben amalgamati. Aumenta di poco la velocità della macchina, per arrivare all’incordatura dell’impasto al gancio. Imburra una ciotola pulita, realizza una palla con l’impasto e mettilo a lievitare dentro la ciotola coprendo con la pellicola. Poni in un luogo, al riparo dalle correnti per tutta la notte. la mattina dopo accendi il forno a 180°C, recupera l’impasto, lavoralo sgonfiandolo delicatamente, ricomponi la palla e adagialo dentro lo stampo precedentemente imburrato e infarinato, copri con un telo pulito e fai raddoppiare di volume in un luogo riparato da correnti d’aria fredda. Il tempo di cui avrai bisogno sarà determinato dalla temperatura ambiente.

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Spennella la brioche con la mistura di yogurt e sciroppo d’acero, cospargi la superficie con una manciata di zucchero di canna e inforna per circa 20 minuti, copri con un foglio d’alluminio e prosegui la cottura per ancora 20 minuti circa. Fai la prova stecchino per saggiare la cottura interna. Sforna e fai raffreddare prima di sformare il dolce.

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Il pan coll’uva di Giulietta

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Ti cuntai che stesi in Toscana cinc’anni?
Eh, lo so, un mare di volte te lo cuntai. Va beh, porta ‘n’anticchiedda di pacienza, stolita sono!

Comunque avi ca sugnu in Sicilia da un pezzo oramà e me ne stavo tranquilla tranquilla fino a quando lei, Giulietta, s’arricampò qui. Una ventata pratese di praO, con la sua risatedda trascinante e la sua voglia di fare “cose” che viaggia a tremila giri.
– Eh, nini, se tu vo fare il pan colluva, bisogna che te tu compri l’uva canaiola! Ma ‘ndo la trovi l’uva canaiola in Sicilia?”
– Eh, non la trovo. ci dissi – Va beh, proverò lo stesso, cercherò una uva nicaredda e speriamo bene, ovvìa!
– Bada, nini, che a metà cottura, la mistura di uva e zucchero, ti farà il “richiccolo”. Te raccoglilo con il cucchiaio e ributtalo sul pane in cottura”.
– […]
A me il “richiccolo” non lo fece mai. Due nni fici di pan coll’uva, bono l’è bono ma senza il “richiccolo” non mi può paciri.

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per una teglia di 28 cm

500 g di farina
260 ml di acqua
12 g di lievito
50 g di zucchero
2 cucchiai d’olio extra vergine d’oliva

un kg di uva canaiola, lavata e asciugata
zucchero per spolverare e olio extra vergine d’oliva, quanto basta

mescola la farina con il lievito sbriciolato e lo zucchero, impasta con l’acqua, aggiungi l’olio. Realizza una palla e poni a lievitare in una ciotola, leggermente sporca di farina; copri con un canovaccio pulito e riponi la ciotola dentro il forno spento con la luce accesa, fai lievitare fino al raddoppio, circa un paio d’ore.
Dopo la lievitazione, rimpasta e aggiungi 50 g di zucchero e due cucchiai d’olio. Dividi in due l’impasto, ungi la teglia e adagia il primo impasto ben steso, distribuisci circa 700 g di uva canaiola, una manciata di zucchero e un filo d’olio, copri con l’altra metà di pasta distribuisci l’uva rimasta, ancora una manciata di zucchero e un filo d’olio.  porta il forno a 180/200°C ,inforna per circa mezz’ora, a metà cottura si formerà il “richiccolo”, il sughetto generato dallo zucchero e l’uva caldi, raccoglilo con un cucchiaio e distribuiscilo sulla focaccia.

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soufflé ghiacciato al cioccolato bianco e lamponi

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Ancora un dolcino, pari chi non manciai autru ‘st’estate! E invece no, un sacco di cose salate manciai, ma questi dessert sono da menzionare per tutta una serie di motivi che fanno la differenza.
Tanto per principiare, li prepari in un battibaleno; in mezz’ora hai il dolcetto pronto, lo metti in frezeer e puoi pensare alla cena.
Secondo di poi, smaltisci gli albumi accumulati; madò, ogni volta è un delirio consumare gli albumi avanzati dalle preparazioni ove ci vuole solo il tuorlo.
In ultimo, ma non per importanza, sono facili da preparare, non ci vuole chissà quale giramento di cabasisi né sbattimenti vari.
Ah, mi stavo scordando di diriti, ‘na cosa; la ricetta è liberamente tratta da un “A Tavola” dell’agosto del 2010.

per 6 soufflé
400 ml di panna fresca
120 g di zucchero a velo
3 albumi a temperatura ambiente
120 g di lamponi
80 g di cioccolato bianco
per guarnire:
confettura di lamponi
lamponi
trita molto finemente il cioccolato oppure grattugialo dopo averlo messo in frezeer per qualche minuto. Monta a neve ferma gli albumi e metti da parte. Monta la panna ben fredda con lo zucchero a velo, aggiungi il cioccolato, i lamponi e gli albumi, con movimenti delicati dal basso verso l’alto, per non smontare il composto. Riempi uno stampo da crème caramel e, aiutandoti con un ring dello stesso diametro degli stampi, riempilo altri 2 cm, sfila il ring e procedi con gli altri contenitori. Otterrai “l’effetto soufflé”. Poni in frezeer per un paio d’ore.
Al momento di servire, ammorbidisci a bagnomaria qualche cucchiaio di confettura di lamponi, fai intiepidire e versane un po’ su ogni soufflé, decora con qualche lampone e servi.
A me piaciu il croccantino del cioccolato sotto i denti e la spumosità del soufflé, ti consiglio dunque di aspettare qualche minuto prima di servire, in modo da dare al dolcetto il tempo per ritornare a temperatura.

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Creme tart

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se aspettavo ancora un po’, questo post diventava “fuori stagione” in effetti sono al limite. Le ciliegie oramà fineru; quelle che trovo hanno di nuovo i prezzi alle stelle. Vero è che questa torta scenografica si presta a mille “vestiti” quindi la decorazione è stagionale, la base resta strepitosa comunque e la cosa bella è proprio questa.
Mi piace assai, la sua bellezza è pari alla sua bontà, la volevo fare da una marea di tempo ma sul ueb ci sono millemila ricette, di quale fidarsi? Qualche mese fa, da Tony il mio parrucchiere, ho incontrato la mia amica Agnese, lei è maestra di torte, bravissima, non ci vedevamo da quasi “un secolo” e, indovina? mi cuntò che aveva realizzato la creme tart… mizzica, chi meglio di lei? Pigghiai un pizzino elettronico ( le note del cellulare ghghghghgh), mi scrissi la ricetta e ora te la cuntu.

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250 g di farina
125 g di burro morbido
100 g di zucchero a velo
un tuorlo
un uovo intero
5 g di lievito per dolci
un pizzico di sale
la scorza grattugiata di un limone
Con le fruste, monta lo zucchero con il burro e la scorza del limone, aggiungi le uova e poi la farina, il lievito e il sale, amalgamando con una spatola, delicatamente. Stendi un foglio di pellicola e avvolgi la frolla che sarà molto morbida, a fortiori con questo caldo. Ti consiglio, quindi, di lavorare con un leccapentola per raccogliere tutto il composto e compattarlo aiutandoti con la pellicola stessa. Poni in frigo, Agnese suggerisce almeno un paio d’ore, io la preparo la sera e la faccio riposare tutta la notte in frigo.

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Trascorso il tempo di riposo, recupera la frolla e dividi in due panetti, uno rimettilo in frigo, l’altro stendilo tra un foglio di carta forno e uno di pellicola, su un piano freddo, di marmo sarebbe l’ideale. Realizza la forma desiderata con una dima: io ho fatto una corona ma vanno di moda lettere e numeri per festeggiare compleanni o ricorrenze diverse; trasferisci la frolla su una base liscia, facendo scivolare la carta forno, bucherella con i rebbi di una forchetta e fai riposare in frigo per circa 15 minuti, nel frattempo realizza l’altra base e ponila in frigo. creme tarte secondo disco_00002_01

Accendi  il forno a 160°C e inforna la prima base per circa un quarto d’ora, comunque per la cottura basati sulla conoscenza del tuo forno e controlla il processo. Sforna e fai raffreddare completamente prima di maneggiarla. Cuoci anche la seconda base e fai raffreddare.
Agnese per il ripieno ha realizzato una sorta di crema diplomatica, ma non so in che proporzione, io invece ho riempito la mia sac-a-poche con una namelaka.

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340 g di cioccolato 
400 ml di panna fresca
200 ml di latte intero
10 g di sciroppo di glucosio
4 g agar agar o di gelatina in fogli 

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taglia a pezzetti il cioccolato bianco, ponilo dentro un pentolino e scioglilo a bagnomaria. Se usi la gelatina mettila ammollo in acqua fredda per una decina di minuti e poi l’aggiungi al latte caldo, strizzata; se invece usi l’agar agar porta a bollore il latte e aggiungi la polvere, mescola per scioglierla e poi aggiungi il glucosio.
Versa il cioccolato dentro un contenitore grande abbastanza per contenere tutta la crema, versa un terzo di latte caldo e con un cucchiaio mescola per farlo assorbire dal cioccolato. Procedi allo stesso modo per fare assorbire il latte rimasto e infine la panna. Mescola ancora per amalgamare. Immergi un frullatore a immersione e frulla per circa un minuto lasciandolo fermo sul fondo, copri con la pellicola e poni in frigo tutta la notte.

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Il giorno dopo metti la crema in una sac-a-poche, sporca un piatto da portata per fissare la prima base della torta, distribuisci tanti piccoli fiocchetti fino a ricoprire la superficie, adagia l’altra base e rifai il processo.

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Metti in frigo e fai rassodare, la torta è molto delicata, tema il caldo. Decora come più ti piace, con fiori edibili e frutta di stagione, io ho realizzato dei biscotti con la frolla avanzata e ho usato anche delle piccole sfoglie di cioccolato. Tu, fai tu.
Grazie Agnese!

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Morbidi intrecci e sapori memorabili

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Io sugnu ‘ntipatica e pillicusa, sicuramente per quanto riguarda marmellate e confetture. Almeno di questo, sono consapevole. Sono difficile, critica e pignola, picchì sunnu prodotti che prepara me matri, in casa con le sue manuzze sante; mi regala un prodotto genuino, sapendo esattamente da quale giardino siciliano arriva la materia prima. Sono sicura  al cento per cento che il prodotto finale, è esattamente come lo voglio: fidati che le aspettative sono pari al risultato e difficilmente mi accontento di quello che offre il mercato, anzi quasi mai.
Poi incocciai Zikilia, che praticamente realizza prodotti di impareggiabile bontà, esattamente come preparati da me matri. Picchì lo sento appena apro il barattolo, un ciavuru mi trasi nelle narici fino al ciriveddu. C’è tutto: passione, arte, ricette antiche siciliane e materie prime dell’Isola del Sole, biologiche e controllate. E poi c’è una varietà altissima di scelta.
E allora nenti fici? Seeeee: ho impastato, anche col caldo torrido e una elevatissima percentuale di umidità, addumai il forno e m’arricriai. A colazione brioscia farcita con marmellata di arance e zenzero e una cascata croccante di mandorle a lamelle.
che fa tu cuntu? Pigghiati un pizzinu e segnati ‘sta ricetta.

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600 g di farina di grano tenero di tipo 0
300 ml di latte intero
5 g di lievito di birra fresco
100 g di burro morbido
100 g di zucchero di canna
un uovo
un pizzico di sale
300 g di marmellata di arance e zenzero Zikilia
una manciata di granella di zucchero o zucchero di canna
60 g di mandorle a lamelle

scalda pochissimo 100 ml di latte, versalo tiepido in una ciotolina e sciogli il lievito con un cucchiaino di zucchero e 50 g di farina; poni in un luogo riparato e fai lievitare fino al raddoppio, con questo caldo ti bastano pochi minuti, circa dieci, undici al massimo. Nel frattempo prepara gli altri ingredienti nella tua impastatrice: il resto della farina, lo zucchero rimasto, il burro morbido. Prepara anche gli ingredienti liquidi; stempera leggermente il latte rimasto,  aggiungi l’uovo e sbatti con una forchetta.

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Impasta gli ingredienti secchi per amalgamarli, poi aggiungi la pastella iniziale con il lievito e continua a impastare aggiungendo gli ingredienti liquidi, poco per volta. Fai attenzione, controlla l’impasto durante la lavorazione, devi ottenere un composto morbido ed elastico, lucido ma non appiccicoso. In reazione all’umidità dell’aria e alla igroscopicità della farina potrai avere bisogno di meno liquido o di ‘n’anticchiedda chiossà (o un po’ di più). Quindi è importante controllare l’assorbimento durante la lavorazione. Quasi a fine lavoro aggiungi il sale, realizza una palla e ponila a lievitare dentro una ciotola coperta da un panno pulito, dentro il forno spento con la luce accesa. Sempre grazie a questo caldo africano, il mio impasto ha quasi triplicato il suo volume in un’ora.

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Recupera la brioche, stendila con un matterello su un piano pulito e realizza un rettangolo di 40×50 cm. Distribuisci la marmellata con il dorso di un cucchiaio.

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Spolvera 50 g di mandorle a lamelle sul piano del rettangolo e poi arrotolalo dal lato lungo.

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Incidi il cilindro di pasta brioche per tutta la lunghezza lasciando il fondo attaccato. Piega le due estremità verso di te e intreccia i lati lunghi in una morbida treccia con la parte tagliata verso l’alto. Imburra e infarina uno stampo in ceramica dai bordi alti (39,5 x 16,5 x 15 cm) alloggia la treccia e copri pre fare lievitare ancora, fino a quando raggiunge il bordo sella teglia. Distribuisci le mandorle rimaste e la granella di zucchero.

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Inforna coperto per 50 minuti in forno caldo a 180°C poi togli il coperchio e fai dorare cinque minuti. Sforna e fai raffreddare nello stampo qualche minuto prima di sformare la treccia. 

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Che fa, poi mi cunti comu ti vinni?

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sensualissima mousse

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Il cioccolato, per me, non ha stagione. Non riesco a decretare la fine e l’inizio dell’uso di questo alimento, che regala felicità ad ogni muzzicuni.  C’è chi associa il cioccolato ai mesi invernali, per me è quasi un sacrilegio. Quando l’astinenza mi morde le viscere, iddu mi chiama: Cla, Cla, Cla… E che fa, non ci arrispunnu? Apro lo sportello della dispensa e astuto quella vocina dicendo: ah, qua sei?
Che poi, se non la stoppo, quella vocina non mi molla più. La conosco benissimo. S’insinua con sensualità fino all’anima, s’ammuccia dietro un velo di ipocrisia e vince.

per sei cristiani
250 g di cioccolato fondente
70 g di zucchero di canna scuro
20 g di burro
4 uova
250 ml di panna
250 g di fragole
foglioline di menta cioccolato (Mentha × piperita ‘Chocolate Mint’)

trita il cioccolato e ponilo dentro un pentolino che poi porrai su un altro con dell’acqua, sciogli a bagnomaria con il burro; mescola per amalgamare bene e fai intiepidire.
Separa i tuorli dagli albumi: sbatti i primi con lo zucchero fino ad ottenere una crema liscia, gonfia e chiara. Aggiungi il cioccolato tiepido, poco alla volta e mescolando con una spatola, dal basso verso l’alto senza smontare i tuorli. Monta separatamente gli albumi e la panna; ingloba prima gli albumi e poi la panna sempre con delicatezza. Versa il composto ottenuto in singole coppette e lasciale in frigo coperte da uno strato di pellicola per almeno un paio d’ore. Al momento di servire ponete qualche  fogliolina di menta e le fragole lavate, tagliate a fette o intere, con il picciolo ben in evidenza che servirà per la presa.

 

lèggere o leggère, pagine & pagine

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Sto leggendo un romanzo che non mi ha acchiappato come avrei voluto.
Scelgo i libri, per farmi accompagnare attraverso un incanto, dal titolo, dall’autore, dal genere, dalla copertina e, in ultimo ma non per importanza, dal numero di pagine. Più sono grossi, più le pagine hanno una bassa grammatura, più io sono felice di poterli acquistare e lasciarmi affogare in quel mare di fruscianti fogli, certa che finiranno tardi, tardissimo, nonostante la mia foga nel leggerli. M’assuglia la curiosità di sapere cosa avranno da celare tutte quelle parole affastellate una appiccicata all’altra.
Certo, se le premesse non coincidono con le aspettative è un disastro, perché il fatto, la storia, diventa un mattone; pesante di moriri. Accussì, il testo diventa lento, i mesi trascorrono e quel libro è sempre lì: grosso, sovrasta la torretta di quelli che aspettano pacinziusi di essere goduti. Altre grandi aspettative.
Lo mollo? no, difficile che lo molli, perché arrivata a pagina 348, mi chiedo che cosa può succedere lungo tutte le settecentosessanta pagine. Tra l’altro è un giallo e vugghiu sapiri cu fu che l’ammazzò a quella nicaredda. Quindi non se ne parla, lo finirò, lentamente, ma lo finirò. Mi affiderò a un pomeriggio di ozio con una fetta di torta, magari una mud cake come questa che posso mangiare schettamaritata con una “quenelle” di panna montata, frutti di bosco o del gelato alla vaniglia.
Esistono innumerevoli ricette della mud cake, la famosa torta fango a base di molto cioccolato. Ha una consistenza compatta ma morbidissima, io ho scelto di seguire la ricetta di Donna Hay apportando due sole modifiche; ho usato una teglia da 26 cm di diametro (lei usa una teglia da 22 cm) e aggiunto 8 g di lievito.
375 g di burro morbido
230 g di zucchero di canna
3 uova
300 g di farina setacciata
1/2 cucchiaino di bicarbonato di sodio
8 g di lievito chimico
80 g di cacao in polvere amaro, setacciato
200 g di cioccolato fondente, fuso
180/200 ml di latte (decidi in base alla consistenza del composto)
cacao in polvere per guarnire

scalda il forno e portalo a 160°C, imburra una teglia da 26 cm di diametro, spolverala con un po’ di farina e metti da parte. Lavora il burro con lo zucchero per 8-10 minuti. Il composto diventerà molto chiaro e spumoso. Aggiungi un uovo alla volta, aspettando che venga assorbito dall’impasto prima di aggiungere il successivo. aggiungi la farina con il lievito e il bicarbonato, il cacao. Alterna con il latte e il cioccolato fuso.  Versa nello stampo, livella e inforna per circa un’ora e un quarto. Fai la prova stecchino prima di sfornare, fai raffreddare cinque, dieci minuti prima di sformare il dolce e farlo raffreddare su una gratella. Spolvera con del amaro e servi come ti piace di più.

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