‘a tunnina ammuttunata

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Ammuttunata, un termine con diverse accezioni. Vuol dire abbottonata letteralmente o, parafrasando il carattere di una persona, la tendenza di un cristiano ad avere pochi rapporti socializzanti, chiuso o di poche parole. In cucina invece il termine richiama la lardellatura degli alimenti. Melanzane o tonno, ammuttunato significa imbottito. Tipicamente con aglio e aromi.
Questa ricetta è tipica del palermitano e io, che sono messinese, me la sono fatta raccontare e preparare da Paolo che invece è del luogo. Iddu mi cuntò che c’è chi mette i piselli nel suco ma lui no, nella sua famiglia non si usa e adesso anche nella mia.

Per otto cristiani
1,400 kg di tonno fresco in due fette o un tocco unico
6 spicchi d’aglio rosso di Nubia
un mazzetto di menta
olio extra vergine d’oliva
sale
pepe
circa un litro di passata di pomodoro
mezzo bicchiere di vino bianco
un cucchiaio di estratto di pomodoro ( o triplo concentrato di pomodoro)

Tampona il tonno con della carta assorbente per eliminare i liquidi in eccesso. Con la punta di un coltello affilato, incidi la carne effettuando delle piccole tasche. Taglia a listarelle 4 spicchi d’aglio, avvolgi ogni pezzetto con una fogliolina di menta e inserisci dentro la tasca, spingendo in profondità.
Massaggia il tocco con olio e sale per pochi istanti e metti da parte. In una casseruola capiente versa un fondo d’olio e due spicchi d’aglio schiacciati e fai imbiondire; elimina l’aglio e rosola il tocco di tonno da tutti i lati per sigillare la superficie esterna. Sfuma con il vino e fai evaporare. Sciogli l’estratto di pomodoro nella miscela del soffritto, con un cucchiaio di legno. Abbassa il fuoco al minimo e aggiungi la passata di pomodoro fino a coprire, quasi, il tocco.

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Porta a bollore e fai pippiare per circa mezz’ora con il coperchio, girando ogni tanto. Controlla la cottura del tonno (dipende dalle dimensioni del tocco) aprendo un po’ le fibre del pesce: a cottura ultimata estrai la carne dal tegame e metti al caldo. Continua la cottura della salsa per fare stringere il sugo e aggiusta di sale, aggiungi un pizzico di zucchero e la punta di un cucchiaino di bicarbonato per togliere un po’ di acidità del pomodoro. Servi con il sugo come secondo e pucciaci una scanata di pane. C’è chi aggiunge, alla preparazione, i piselli.
Questo piatto potrebbe diventare il condimento per un piatto di pasta se sminuzzi la carne, otterrai un ragù di pesce, favoloso.

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verde

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O lo ami o lo odi, il verde dico.
Si perché è un colore che non ha mezze misure: o ti piace da impazzire in tutte le sue nuance o ti fa caga…ehm, non ti piace in nessuna salsa. Beh, a me piace, ci sono alcune sfumature veramente appassionanti, anche se il mio colore preferito è il blu.
Mi faccio affatare dai colori, alcuni un po’ di più di altri, certo. E mi piace il monocromatico anche in cucina, nonostante ci siano una miriade di ingredienti che concorrono in alcune preparazioni come questa.

Burger di verdure:

per circa 8 pezzi
1 melanzana lunga (450 g)
40 g di parmigiano grattugiato
250 g di spinaci freschi
140 g di ceci cotti
300 g di patate rosse (con la buccia)basilico
sale
pepe
curry

 

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scotta gli spinaci in una padella con la sola acqua dell’ultimo lavaggio e frullali con i ceci, metti da parte.
Taglia la melanzana a dadini, a questo punto hai due scelte: o friggi e non ci pensi più (alla dieta) oppure disponi la dadolata su una teglia foderata con carta forno, irrorata con un filo d’olio e un pizzico di sale e inforni a 180°C per 20 minuti.

nel frattempo cuoci le patate in abbondante acqua fredda, senza sbucciarle; quando saranno cotte, schiacciale con uno schiacciapatate.

In una ciotola mescola il mix di pangrattato, le patate, le melanzane, il basilico, il parmigiano a pezzetti, aggiusta di sale, aggiungi una macinata di pepe e un cucchiaino di curry o a piacere. Se l’impasto dovesse essere troppo morbido aggiungi una manciata di pan grattato.

Forma i burger aiutandoti con un ring, schiaccia su un pezzetto di carta forno e pareggia, sforma con delicatezza e procedi così con tutto l’impasto. Se hai l’attrezzo per formare i burger, meglio, ovviamente.

Cuoci su una padella antiaderente a fondo liscio, arroventata oppure in forno. Servi con un’insalata e una spolverata di mandorle a lamelle, se ti piacciono.

 

 

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cotto al vapore, leggera consistenza

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eccomi, dopo un’assenza notevole, un mese e più!
Ti propongo un piatto leggero, a lavata di faccia devo proprio proportelo, il prossimo post magari lo dedico a qualcosa di più licco, godurioso e grasso…  sempre che lo vorrai.
Per una mano ti ringrazio per essere passato da qui (sempre e comunque,) per avermi chiesto lumi sulla fine di questo blog, per non avermi abbandonato. Essendo questo, il primo post dell’anno, ti auguro una buona vita andando a cominciare, mano manuzza, con questo paolotto, cotto al vapore, di un kg e duecento grammi di peso.
Era bellissimo, con una bella carne soda, tritrigno, una bellezza!

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Ho preso:
Un paolotto da kg 1,200
una grossa arancia
due carote
due finocchi
due rametti di maggiorana
olio extra vergine d’oliva
sale
pepe
Pulisci ed eviscera il paolotto, pela a vivo l’arancia, raccogli il succo e metti un paio di scorze nell’acqua della vaporiera. Nel mio cuocivapore XXL del Cook Expert Magimix ho messo un foglio di carta forno, distribuito un giro d’olio extra vergine d’oliva, adagiato le verdure dopo averle pulite e affettate e infine salate. Ho posizionato il pesce, salato e pepato sia internamente che esternamente, massaggiando per bene. In ultimo l’ho coperto con le fette di arancia, irrorato con un filo d’olio e il succo dell’arancia. Ho chiuso con il coperchio e azionato il Cook Expert con la funzione automatica “vapore” aumentando il tempo di cottura a 40 minuti. Il tempo varia dal peso dell’alimento da cuocere.
A cottura ultimata, sfiletta il pesce e servi con qualche fetta di arancia e le verdure cotte, irrora con un filo d’olio crudo.

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un maiale ubriaco e speziato ovvero, l’arista che non s’ha da fa

oggi ti cuntu di quella volta che decisi di preparare un’arista di maiale.

L’accattai già conzata per la cottura, legata e con “gli aromi”; un rametto spelacchiato di rosmarino che mi facìa tenerezza, mischino, l’ho levato, trasferendolo nell’archivio centrale: l’umido.
Credevo di avere avuto una bella idea a meno che non c’era chi doveva mangiarla. Di tre abitanti della casa, ci fu chi non aveva l’ummira della fame e chi invece aveva altri programmi per la serata; e poi c’ero io. Mi nnì pintivi in meno di un secondo.
Ho impacchettato il tocco di carne e l’ho congelato per direttissima.
Qualche giorno dopo, tastando il polso della famigghia, pensai che forse era arrivato il momento fatidico per la cottura. Tirai fuori l’arista dal congelatore il giorno prima e la fici scongelare dolcemente in frigo, col suo tempo, piano piano. Il giorno dopo raccolgo ‘na poco di erbette aromatiche in giardino e di buzzo buono, porto a compimento il mio desiderio, mettendoci tanto amore.

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Sul bancone, in cucina c’erano un’arista di maiale da 800 g
2 rametti di rosmarino del tipo prostrato
una ventina di foglie di salvia variegata
un cucchiaio di fior di sale alla vaniglia
5 bacche di ginepro
15 bacche di pepe lungo
2 spicchi d’aglio nuovo
olio extra vergine d’oliva
100 ml di gin
6 patate medie
per la riduzione al gin
80 ml di gin
120 ml di acqua
un cucchiaino di zucchero di canna
un cucchiaino di miele

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poi è stato facile fare delle incisioni nella carne, tenerissima e lardellarla con 10 bacche di  pepe lungo rotte a metà. Nel mortaio ho macinato il fior di sale alla vaniglia con le spezie rimaste e, dopo avere alternato i rametti di rosmarino con la salvia fissandoli alla legatura della carne, il passo successivo fu quello di massaggiare l’arista con il mix di sale e aromi.

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Dopo aver acceso il forno e portato a una temperatura di 200°C, ho messo un giro d’olio sul fondo di una teglia munita di coperchio, ci ho versato le patate pelate e tagliate a cubetti e gli spicchi d’aglio pelati, ho mescolate con il mix di sale e aromi e ho infornato per mezz’ora.

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In un tegame ho messo tre cucchiai d’olio, ho fatto scaldare e poi ci ho rosolato l’arista per sigillare da tutti i lati, ho sfumato con il gin facendo evaporare, girando la carne. Ho tirato fuori le patate dal forno e ho fatto spazio alla carne, dopo averla adagiata, ho irrorato con il sughetto rimasto nel tegame e 100  ml di acqua. Chiuso il coperchio, ho rimesso in forno per un’ora circa.

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Nel frattempo ho preparato la riduzione al gin: in un pentolino ho messo il gin con l’acqua, lo zucchero e il miele, ho portato a bollore e fatto evaporare più di metà. Ho trasferito la riduzione in un contenitore e nello stesso pentolino, usato per la riduzione ho scaldato un cucchiaio d’olio con un cucchiaio scarso di farina, sciogliendo delicatamente per non fare grumi, con la riduzione al gin realizzando una salsa. Appena ha raggiunto il bollore ho spento e messo da parte.
Trascorsa l’ora della cottura della carne ho controllato, con un termometro, che la cottura interna fosse tra i 60-65°C. Poi dipende da quanto la desideri cotta. A me piace rosa, internamente.
Il più è fatto, pinsai e invece no; il più doveva ancora venire. Nessuno e dico nessuno mangiò quell’arista se non io. Tutto l’amore che c’era dentro è tornato indietro, a me, il legittimo proprietario.
Chi di amore ferisce, di amore perisce, o qualcosa del genere.
Per cuntariti come ho mangiato quelle belle fette di arista, ti pozzu diri che, dopo avere eliminato il legaccio, ho tagliato la carne a fette, adagiato nel piatto con una cucchiaiata abbondante di patate e una generosa irrorata di salsa al gin. Il giorno dopo ci fici un’insalata di riso, tagliando a dadini 3-4 fette e condendo con qualche funghetto fresco tagliato a fettine sottili, pezzetti di parmigiano, olio e basilico.
Ora, dell’arista, non voglio più nemmeno sentire l’odore.

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digressioni

 

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Digressioni, dicevo… ma picchì, diresti tu; cammini su un terreno consolidato, un percorso conosciuto, giustamente ti potresti chiedere: all’urtimata picchì?
MAH! Che ti devo dire a me piace assai divagare, prendere altre strade, incrociare quella maestra, salire, scendere e tornare, anche. Penso che se resti ancorato alla boa ti puoi allontanare ma non ti puoi perdere. A me piace nuotare al largo ma mi piace, dopo tante bracciate, girarmi e vedere la costa. Mi rassicura. So che posso andare ma anche tornare.
Come giudichi un comportamento simile? Un vorrei ma non posso?
Sappimi dire, intanto ti cuntu chi cumminai cu ‘ste triglie. Ho divagato, spero ti piaccia.
Mentre ti scrivo, ricevo degli apprezzamenti sulla foto appena pubblicata sulla pagina di scorzadarancia su Facebook. Delle amiche che apprezzano il sapore di questo pesce. Maria Pia e Benedetta, ancora non sanno cosa ho combinato, spero tanto si fidano di me al 100%
Teglia di triglie e fichi d’India

per due persone:
sei triglie medie
2 zucchine
4 fichi d’india
4 cipollotti di Tropea
qualche foglia di alloro
sale
pepe
noce moscata
olio extra vergine d’oliva

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In effetti che ti devo cuntari? Questa non è una ricetta vera e propria, di quelle che devi misurare gli ingredienti.
Sporca la teglia con l’olio, affetta i cipollotti molto sottilmente, e distribuiscili sul fondo della teglia, affetta le zucchine, sottili anch’esse, e realizza un bel suolo sopra le cipolle. spolvera un po’ di sale, pepe macinato al momento e una grattatina di noce moscata. Sbuccia i fichi d’India e tagliali a rondelle, distribuiscili a sentimento sulle zucchine. Pulisci le triglie e squamale, adagiale sulla stratificazione di frutta e verdura, spolvera ancora di poco sale, pepe macinato al momento e una grattatina di noce moscata, finisci con le foglie di alloro e un giro d’olio. Chiudi il coperchio, inforna a 200°C per una ventina di minuti, non esagerare con la cottura picchì le triglie pesce delicato è.
Non so se hai mai visto “L’aria del continente” di Martoglio. Non facciamo che ti senti tutta come Milla Milord e sputi i “noccioli” di fico d’India?

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una bella idea

 

tonno_00001ci sono piatti che preparo da sempre ma che non sono presenti in questo diario; picchì, non te lo sacciu diri, probabilmente perché, nonostante non siano delle vere e proprie ricette, restano delle belle idee ma se non mi riesce un bel piatto dal punto di vista estetico, non lo pubblico.
È il caso di questo piatto, una fesseria se vuoi, niente di complicato ma buono e scenografico.  Questa bella idea di avvoltolare il pesce in un gomitolo di patate l’ho letta, un po’ di anni fa, su qualche rivista; non ti seccare, non mi ricordo, forse era un “A Tavola” di duemila anni fa, abbi pazienza. Comunque, il concetto è semplice devi solo munirti di un accessorio magico, nei tempi passati usavo lo schiaccia patate ma non è assolutamente la stessa cosa, fidati. Oggi ho un accessorio Magimix che mi lascia “giocare” con le verdure e, fidati ancora una volta, gli spaghetti di patate vengono favolosi con lo Spiral Expert. Prepararli è facilissimo, peli le patate e le passi nello Spiral Expert, otterrai degli spaghetti fantastici, sembrano veri spaghetti di grano duro ma cotti; li metti in acqua fredda per farli mantenere belli sodi e poi al momento di avvoltolare il pesce li scoli ben bene.
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A questo punto, il gioco è fatto: prendi un trancio di pesce, quello che vuoi, anche “stopposissimo” come il tonno, gli dai una spolverata di sale affumicato, una di pepe garofanato, una massaggiata con un’anticchiedda d’olio extra vergine d’oliva. Avvoltola ogni trancio con gli spaghetti di patate. Poni su una placca foderata con carta da forno leggermente unta d’olio, macina un po’ di sale e un po’ di pepe, inforna a 180°C per circa 15 minuti o fino a quando le patate saranno dorate. Nel frattempo prepara un guazzetto d’accompagnamento, usa una quindicina di pomodorini a testa, sporca di olio una padella, aggiungi i pomodorini tagliati a metà, capperi e cucunci dissalati, a piacere, uno spicchio d’aglio tagliato a metà, un peperone abbrustolito e privato dei semi, della pelle e tagliato a filetti, una decina di foglie di basilico. Fai cuocere schiacciando i pomodorini, aggiungi un pizzico di bicarbonato, uno di zucchero e il sale. Fai stufare e poi servi nei piatti, distribuendo uno specchio di pomodorini e sopra adagia un gomitolo di tonno e patate. Non è una bella idea? Io dico di si!

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meravigliose arance di Sicilia

 

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Ci sto pensando da un po’; l’evoluzione delle cose porta a seguire delle strade lasciandone altre. Il bivio che lascia, inevitabilmente, il segno. Il divenire mi portò fino a qui, tra alti e bassi, certo ci mancassi, ma sto pensando se, forse, sia il caso di chiudere queste pagine. Mi rendo conto che ultimamente la stanchezza di sentire storie senza fine mi porta a uno sfinimento e alla ricerca di qualcosa d’altro.
Questa cosa è periodica, in dieci anni, mi capitò altre volte. Mi sembra di deludere qualcuno che, ancora, legge e poi mi guardo dentro e mi dico: se ti piace, tienti ‘sto diario e aggiornalo, se vuoi. È un ragionamento egoistico evè? Vero, hai ragione, ma se scrivi su un diario, scrivi quando hai qualcosa da comunicare, in caso contrario, ti astieni… no?
Va beh, dai, oggi affacciai per cuntariti un modo di cucinare il pollo sfruttando la magia delle arancie siciliane e la ducizza delle albicocche secche da una vaga idea de “la Cucina” del Corriere della Sera. Se ti piace potresti mettere un “bel suolo” di patate affettate sottili. Fai tu.
Io, per una mano, l’ho cucinato senza, e me la scialai con quel sapore d’arancia e rosmarino.

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per tre cristiani:

4 grosse cosce di pollo ruspante
6 scalogni freschi
12 albicocche secche
2 grosse arance
qualche rametto di rosmarino
sale
pepe garofanato, se ti piace, oppure un altro pepe
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sporca, con un paio di cucchiai d’olio, il fondo del cuoci pollo; ungi le cosce da ambo i lati. Massaggia la carne con il sale e il pepe e disponi dentro la teglia a incastro. Monda gli scalogni, affettali nel senso della lunghezza e distribuiscili sul pollo. Lava le arance, affetta a spicchi la più grossa e distribuisci negli spazi liberi; aggiungi le albicocche, il rosmarino e il succo dell’altra arancia. Copri con il coperchio e inforna a 210°C per circa un’ora. Trascorso questo tempo, togli il coperchio, controlla la cottura e fai dorare altri dieci minuti senza coperchio. Fai intiepidire, disossa e servi nei piatti adagiando un terzo dello scalogno, un terzo del pollo qualche spicchio d’arancia e 4 albicocche a testa. Irrora con il sugo d’arancia e servi tiepido.

 

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pollo arrustutu con mele, patate, miele e fiori di cannella

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L’altra sera ero in un negozio ambasciatore Emile Henry, a Favara in provincia di Agrigento, stavo facendo una dimostrazione degli strumenti da cottura in ceramica della Borgogna Emile Henry, la mia passione. Ho cotto un polletto da un chilo, arrosto. Non ho avuto il bene di assaggiarlo picchì le clienti s’entusiasmarono e i picciriddi presenti fecero man bassa; ‘nzumma, finiu e mi rimase lo spinno. Allora nenti fici? Il giorno dopo m’accattai un bellissimo pollo ruspante di più di due chili e me lo sono cunzato con quello che avìa dintra. M’ascialai!
Amunì, se ti piace il pollo arrustutu, pigghia un pizzino che ti cuntu ‘sta ricetta.

un pollo ruspante di circa 2 kg, pronto per la cottura
2 mele
5-6 patate
un cucchiaio di miele
rosmarino
salvia
alloro
sale
6 fiori secchi di cannella
olio extra vergine d’oliva
Massaggia il pollo con un po’ di sale e olio, dentro la cavità toracica e fuori; sbuccia una mela, togli il torsolo e tagliala a fettine, mettila dentro una ciotola con gli aromi, cospargi con un po’ di sale un cucchiaino d’olio e metà dei fiori secchi precedentemente macinati. Mescola e inserisci il preparato dentro la cavità del pollo. Se è necessario, lega il pollo in modo da mantenere le cosce raccolte. Metti un filo d’olio sul fondo del cuocipollo e sistema il pollo al centro. Pela le patate, lavale, asciugale, tagliale a spicchi e mettile dentro la ciotola insieme con la mela rimasta, pelata e tagliata a dadini con qualche foglia del mix aromatico, condisci con un cucchiaio d’olio, il sale e i fiori secchi rimasti, mescola e distribuisci tutto intorno al pollo. Dosa il cucchiaio di miele facendolo colare a filo su tutto il contenuto del cuocipollo, chiudi il coperchio e inforna in forno caldo a 220°C per circa due ore. Negli ultimi 5 minuti di cottura puoi levare il coperchio, se volessi dorare la pelle ancora di più, senza avere il pensiero di sporcare il forno perché il processo di cottura è terminato.
Ti do un dato per la cottura del pollo in questo strumento di cottura in ceramica: per avere una cottura ottimale devi considerare la permanenza in forno mezz’ora per ogni mezzo chilo di pollo. Quindi se  hai un pollo di circa un chilo un’ora di cottura andrà bene.

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millefoglie per te e per me

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Nnì stiamo squagghiannu, tutti, da nord a sud lungo tutta la penisola. E va beh, dice che è estate, propongo un letargo estivo. Non ci catamiamo, piuttosto tampasiamo casa casa cercando un po’ di frescura.
C’è chi consiglia financo, di non ridere perchè s’annunca sudi.
Ora ti fazzu ‘na dumanna: ma non dobbiamo mangiare? C’è chi dice di mangiare solo cose fresche, frutta e verdura, cose crude per evitare di aumentare la caloria già presente accendendo fuochi o forni. Ah si, bere molto.
Io bevo molto. Vino, nella fattispecie, fresco e bianco magari leggermente mosso, cala che è una meraviglia.
Mangio anche, si ma mi scinni un magone a manciari sempre ‘i stissi cosi. Se ti accolli di accendere il fuoco per saltare in padella ‘n’anticchia di radicchio e il forno per cinque minuti di cottura allora questo piatticeddu semplice sta per te!

per 6 cristiani:

800 g di pesce spada tagliato a fettine sottili
mezzo bicchiere di vino bianco secco
rucola
due cespi di radicchio
mezza cipolla rossa
400 g di pomodorini
olio extra vergine d’oliva
sale e pepe
in una padella metti un giro d’olio e la cipolla tritata, fai appassire leggermente, aggiungi il radicchio tagliato a fettine sottili, fai appassire e sfuma con il vino, aggiungi i pomodorini tagliati a metà o a fettine se usi il piccadilly. Cuoci ancora pochi minuti, dieci minuti basteranno. Aggiusta di sale, spegni e metti da parte. Fodera una teglia con un foglio di carta forno e realizza i millefoglie di pescespada alternando fettine di pesce spada condito con poco sale e condimento al radiccchio. Inforna a 170°C per 5 minuti o fino a quando il pesce ti sembrerà dorato. Ti serviranno pochi minuti, te lo prometto, il pesce cuoce in pochissimo tempo, è sottilissimo.
Con una paletta preleva con delicatezza le torrette di pescespada, adagiale sui piatti singoli aggiungi la rucola, un giro d’olio e una spolverata di pepe e servi immediatamente.
Se hai della frutta secca da cospargere tritata sulla sommità, ci fai un figurone, ti consiglio nocciole o pistacchio.

 

triscele

Che dicevo? AH si, mi ponevo il dilemma di Bufalino. Quante Sicilie? Lui diceva che sono tante, addirittura cento. Un numero che, secondo me, non vuol dire niente, matematicamente parlando; un titolo forse, da dare a un bellissimo libro.
Nondimeno, sono qua, in questa moltitudine di aspetti, di facce, di magarie in un palinsesto straordinario; l’isola nell’isola, abbacinata da una luce esagerata, fortissima. Una perla d’acqua salata al centro del mediterraneo, nuda, spontanea, vera. Modellata dai mari, dal vento, dalla pioggia, dal sole, dagli stranieri e dal languore di noi siciliani.
Io innamorata sono di questo posto, esattamente come lo sono tutti quelli che, nati qui, sono andati via, fuori, lontano; sono quelli che poi tornano sempre per ritrovare cose, luoghi, storie, simboli e persone o, addirittura, se stessi.
Di simboli da queste parti ne puoi scovare a bizzeffe -ancora alla ricerca di un numero? Uno fra tanti è il triscele che a sua volta contiene in esso diversi significati compreso “la potenza del numero tre”. Gli è stato attribuito anche un valore geografico, almeno qui da noi, associandolo alla Trinacria.
Lo conosci? Talè, è bellissimo! Un vortice a tre spirali che dal centro, sotto la faccia della Gorgone, s’impirugghiano su loro stesse; se lo fanno da destra verso sinistra, come viene rappresentato nella bannera della Sicilia, viene a significare il catamiarsi delle energie, dall’interno verso l’esterno, la rivelazione di cose belle, positive, forti. Se invece lo fanno da sinistra verso destra, trattasi di cose tinte, la calata nel regno degli inferi. Matri mia, che paura!
Delle cose tinte non vogghiu parrari, piccarità. Parramu, invece, di cose belle come questo Triscele di Purpiceddu

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Triscele di polpo arrostisto e patate viola
per due cristiani:
un polpo da mezzo chilo decongelato
300 g di patate viola o quelle che ti piacciono di più
aglio se ti piace
rosmarino
timo
sale
pepe
olio extra vergine d’oliva

Pulisci il polpo, togli gli occhi, il becco e pulisci la testa al suo interno. Lavalo sotto l’acqua corrente e calalo per tre volte in una pentola con l’acqua bollente, fallo cuocere mezz’ora, spegni il fuoco e fai raffreddare nella sua acqua di cottura. Occorreranno delle ore, niente ci fa, ne vale la pena.nel frattempo pela le patate tagliale a cubetti nichi, se hai il robot multifunzione Magimix usa l’accessorio “cubetti & bastoncini” otterrai cubetti perfetti in un secondo da un cm.
mettile in una ciotola, condiscile con il sale, il pepe e le erbe aromatiche. Mescola e disponi, in un solo strato, su una teglia foderata con carta forno. Inforna a 200°C per circa 40 minuti o fino a quando le patate saranno cotte.

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Affetta i tentacoli del polpo, lasciandoli interi e affetta il corpo e la testa. Arroventa una piastra in ghisa e arrostisci il polpo, pochi minuti per ogni lato, regala quella crosticina dorata alla carne.
Impiatta mettendo, al centro del piatto, un cumulo di patate e parte del corpo del polpo, finisci, adagiando sopra i tentacoli, a guisa di un vortice, se ti piace.
E dopo mi cunti.

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