ma com’è che non li avevo fatti mai?

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Cose, cose, cose da pazzi, in tant’anni di onorato servizio cuciniero, mai li fici. Vergogna!
I pitoni (o pidoni) messinesi sono un cibo da asporto tipico della provincia di Messina; sono calzoni farciti con indivia, tuma, pomodoro e pezzetti d’acciuga, praticamente la versione infagottata, della focaccia messinese, in un impasto brioches. Il segreto lu voi sapiri qual è?
La cottura.
Vergognosamente fritti sono.
Per ottenere 19 pitoni ho impastato 350 g di farina 0 e 350 g di semola di rimacinato con 350 ml di latte tiepido, 60 g di strutto, 40 g di olio extra vergine d’oliva, 60 g di zucchero, 15 g di sale, 15 g di miele d’acacia, 12 g di lievito. Mettete la farina nell’impastatrice (o lavorate di olio di gomito), sbriciolatevi il lievito, unite lo zucchero e lo strutto a pezzetti, impastate aggiungendo poco alla volta il latte, il sale, l’olio e il miele. Realizzate una palla, ponetela, dentro una ciotola coperta con un canovaccio, dentro il forno spento con la luce accesa. Fate lievitare fino al raddoppio. Se dovete mangiarli la sera vi consiglio di impastare la mattina per consentire la lenta lievitazione. Nel pomeriggio riprendete l’impasto e porzionatelo in palline di circa 68g ciascuno; infarinate una spianatoia di legno e poggiate le palline  per la seconda lievitazione, coprite con un canovaccio.
Nel frattempo preparate il ripieno; lavate e asciugate un piccolo cespo di lattuga indivia, tagliatelo a pezzetti e mettetelo in un contenitore. Lavate 300 g di pomodorini datterino, tagliateli a metà, metteli in un colapasta e salateli; elimineranno l’acqua di vegetazione. Riducete in piccoli pezzi 300 g di tuma o formaggio dolce tipo Galbanino. Spezzettate delle acciughe sott’olio e collocate tutti gli ingredienti in successione sul piano di lavoro.
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Non dimenticare di disporre anche una ciotolina piena d’acqua. Prendi una pallina di pasta, stendila, con le mani o con il matterello, sul piano leggermente infarinato, realizzando un disco sottile. Metti al centro due pezzetti di acciuga e una piccola parte di ogni ingrediente preparato; intingi gli indici nell’acqua e bagna il contorno del disco; chiudi il pitone e sigillalo prima con le dita e poi con i rebbi di una forchetta. In una friggitrice o in una pentola colma d’olio, friggi due pitoni per volta. Dopo la cottura, poggiali su carta assorbente coperti con un foglio dall’alluminio per mantenerli caldi.
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cca semu

Non c’è nenti ‘i fari, ‘u Signuruzzu, s’incaponì; nì voli fari moriri? ‘Sti terremoti fannu ballari un ballo che genera morte, terrore e distruzione. Non vi nego la mia paura, mi scanto assai. Ma non si vive con la paura; cca semu, tutti suttu ‘stu cielu. 

Crostata di farro con crema frangipane e frutta fresca

per la frolla:
300 g di farina di farro
150 g di burro
150 g zucchero di canna
1 uovo
un baccello di vaniglia
un pizzico di sale
qualche goccia di acqua fredda
impastate gli ingredienti a mano o nella planetaria, ponete in frigo a rassodare per almeno un paio d’ore.
Per il ripieno:
2 mele pink lady
20 g di zucchero
20 g di burro
15 g di brandy
sbucciate le mele e riducetele a cubetti, mettetele in una padella antiaderente con lo zucchero e il burro, cuocete per pochi minuti e sfumate con il brandy fino a quando saranno morbide. Schiacciatele con una forchetta o con un batticarne e fate raffreddare completamente. Nel frattempo preparate la crema.

Per la crema frangipane:

200 g di burro
200 g di zucchero a velo
200 g di farina di mandorle
2 uova
sbattete il burro a temperatura ambiente con lo zucchero, unite un uovo alla volta e infine la farina di mandorle. Stendete la frolla con un matterello e rivestite una teglia da 26 cm, imburrata e infarinata, bucherellate il fondo e distribuite le mele cotte. Mettete la crema dentro un sac-a-poche senza bocchetta e distribuitela dentro la tortiera. Infornate in forno caldo a 160°C per circa 20 minuti. Per la cottura basatevi sulla conoscenza del vostro forno. Quando è cotta sfornate e fate raffreddare completamente.

Per la decorazione:
frutta fresca a piacere, io ho usato 1 banana, 400 g di ciliegie e 3 kiwi
mezza bustina di gelatina in gel
Quando la torta è fredda lavate e asciugando le ciliegie, sbucciate e affettate la banana e i kiwi; disponete la frutta secondo il vostro gusto. Preparate la gelatina seguendo le istruzioni nella confezione e spennellatela sulla frutta; passate in frigo fino al momento di servire

non ammuttate, ce n’è per tutti

Non vorrei sbilanciarmi dicendo che, a fine maggio, sia arrivata l’estate, picchì manco la primavera si vitti ‘sta’annu. Quindi mi muovo con cautela tra le coperte che metto e tolgo dal letto e le giacchette che restano appizzate all’attaccapanni dell’ingresso…a fine maggio, mah!  Vorrei che ‘u Signuruzzu, stabilisse una tregua tra terremoti e malu tempu, che durasse magari un centinaro d’anni, così, per non sapere né leggere né scrivere nnì cummigghiamu li spaddi. Facennu finta che il sole arrivò caldo caldo, nnì pigghiamu un gelato che fa, non ci sta?

gelato al pistacchio
1l di latte parzialmente scremato
400 ml di panna fresca
300 g di zucchero
3 uova intere
150 g di pistacchi di Bronte privati della pellicola che li ricopre e frullati per ridurli in pasta  oppure 150 g di pasta di pistacchio
 Riscaldate 750 ml di latte fino quasi al bollore; nel frattempo, con una frusta, sbattete le uova con lo zucchero, aggiungete la pasta di pistacchio e il latte rimanente miscelato con la panna. Mescolate per amalgamare e unite il latte caldo. Ponete sul fuoco fino quasi al bollore, togliete dal fuoco e fate raffreddare completamente prima di metterlo in frigo. Quando la miscela sarà ben fredda mettetela nella gelatiera e azionatela per il tempo necessario. Se avete la gelatiera del Kenwood, passate il gelato in freezer prima di consumarlo. Se non avete la gelatiera procuratevi un contenitore d’acciaio inox, versate la miscela fredda e mettete in freezer, mescolando ogni mezz’ora circa, fino a quando otterrete la consistenza desiderata. Se volete decorate con dei pistacchi interi o ridotti in granella.

insisto e persisto

Chi la dura la vince in definitiva no? Nonostante qui stia piovendo di brutto, brutto, brutto, io mi metto la maschera, il boccaglio, le pinne e accendo il forno. Chiù scuru ‘i menzannuotti non può fare no? Allora sfodero il mio sorriso interiore e impasto una crostata grezza con erbe aromatiche e pomodoro costoluto di Pachino. Ma vi giuro, non ne posso più di tuttu ‘stu malu tempu.
per la base:
110 g di farina di grano saraceno
140 g di semola di rimacinato
125 g di burro morbido
3 g di sale
1 uovo
acqua fredda quanto basta (poche gocce)
per il ripieno:
200 g di crescenza
100 g di brie
3 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
un mazzetto di erbe aromatiche fresche:
basilico 
timo 
origano
erba cipollina
menta

sale grosso
pepe
2 pomodori costoluti di Pachino

Impastate tutti gli ingredienti, a mano o nella planetaria, realizzate una palla, avvolgetela nella pellicola per alimenti e ponetela in frigo per un paio d’ore. Riprendete l’impasto, manipolatelo sul piano di lavoro infarinato  e poi stendetelo con il mattarello, rivestite una teglia da 26 cm di diametro, dai bordi bassi, precedentemente imburrata e infarinata; bucherellate il fondo della torta con i rebbi di una forchetta e infornate in forno caldo a 180°C per 10 minuti. 

 Nel boccale del minipimer mettete i formaggi, l’olio e le erbe aromatiche lavate e asciugate; frullate fino ad ottenere una crema. Verstate nel guscio e distribuite il pomodoro tagliato a fette sottili. Salate e pepate. Infornate sempre a 180°C per circa 15 minuti, verificate la cottura considerando sempre la conoscenza del vostro forno. Distribuite qualche fogliolina di timo e servite tiepida.

amunì che non c’è niente, pigliamoci un caffè

Mizzica non me l’aspettavo, un titolo, apparentemente innocuo, quello del post precedente, ha scatenato un incrocio di  commenti e rassicurazioni sul fatto che qua sono e che non me ne vado. Manco mi passò per l’anticamera del cervello; già non faccio una beneamata dalla mattina alla sera, se chiudessi il blog potrei andare a ricoverami alla neuro, sempre che mi accettino…
amunì, era assai che non vi cuntavu na ricetta di biscotti, pigghiate un pizzinu
biscotti alla mandorla
per circa 120 biscotti
290 g di farina 00
150 g di farina di mandorle
160 g di zucchero
200 g di burro morbido
un cucchiaino di estratto di vaniglia
un pizzico di sale
50 ml di panna fredda
un albume leggermente sbattuto
80 g di mandorle a lamelle

Mettete nella planetaria lo zucchero e il burro a pezzetti, lavorate con il gancio K, aggiungete la vaniglia, il sale e le farine alternate alla panna. Otterrete un impasto morbidissimo, realizzate una palla, avvolgetela nella pellicola e fate riposare in frigo almeno un’ora. Accendete il forno a 180°C, infarinate abbondantemente il piano di lavoro, prelevate un quarto dell’impasto, il resto rimettetelo in frigo; stendete la frolla poco più di due  millimetri, con un coppapasta ricavate dei biscotti che porrete su una teglia foderata con carta forno. Spennellate con l’albume, distribuite le mandorle e infornate per circa 10 minuti. Fate attenzione alla cottura, essendo sottili, potrebbero bruciarsi.

signori, si chiude…

una stagione, quella delle arance.Vi scantastuvu? Certo, se al titolo del post vi siete fiondati qui, vuol dire che vi siete scantati che vi mannavo i miei saluti, chiudendo queste pagine; oppure, vi siete fiondati, per l’alligrizza per la medesima notizia, chi lo sa? Ma niente ci fa, chi non vuole leggere cambia canale, agli altri che restano cu mmia ci dugnu ‘nà vasata  e gli regalo questa torta di fine stagione :*

 Torta di mele e arance alla vaniglia
questa torta la dedico alla mia amica Mia, che si è trasferita da pochi mesi qui, in Italia. L’ho progettata pensando alla delicatezza del suo animo e alla leggerezza della sua emozione quando guarda un tramonto dalla sua finestra umbra; utilizzando due degli ingredienti speciali che mi ha portato dall’America.
100 g di cranberries secchi
100 ml di succo d’arancia (due arance piccole)
160 g di burro morbido
180 g di zucchero semolato
4 uova
290 g di farina
2 arance piccole (prelevate la scorza da una delle due)
una bacca di vaniglia del Madagascar
100 ml di latte scarsi
una bustina di lievito
un pizzico di sale
una mela pink lady
q.b. sciroppo d’acero
una manciata di zucchero di canna

 Scaldate il forno a 180°C, mettete dentro un pentolino i cranberries con il succo d’arancia, portate a ebollizione e cuocete fino a quando il succo viene assorbito dai frutti secchi. Affettate le mele con una mandolina, dopo aver eliminato il torsolo; sbucciate a vivo le arance piccole, tagliatele a metà e poi a fette sottili. Sbattete il burro morbido con lo zucchero, aggiungete un uovo alla volta amalgamandolo bene al composto. Unite a cucchiaiate la farina e il lievito setacciati, la scorza d’arancia grattugiata, i semi della bacca di vaniglia e il sale. In ultimo aggiungete i cranberries e il latte. Versate il composto in una teglia da 26 cm precedentemente imburrata e infarinata. Distibuite le mele e le arance alternate, spennellate con lo sciroppo d’acero, cospargete lo zucchero di canna e infornate per circa 45 minuti, a metà cottura abbassate la temperatura a 160°C, come al solito vi consiglio, per la cottura, di basarvi sulla conoscenza del vostro forno.

 

a ripa di mare

oggi il ciavuru, di mare arrivava fino a casa mia, non abito distante ma stamatina si sentiva preciso come se fossi a ripa di mare. Unu s’arricria magari dopo una nottata mallitta, quest’aria mi riempie i polmoni di sale benefico. Pare di sentirmi meglio, le cose mi parunu cosicedde, cose di vento, fissarie .
pasta con ragù di triglie su macco di piselli
per 4 cristiani
scegliete una pasta callosa, io ho usato i Pici di Toscana trafilati al bronzo presi da Tastexp
340 g di pasta lunga
mezzo chilo di triglie
500 g di piselli freschi
200 g di pomodori datterino
200 g di finocchietto di montagna
mezza cipolla rossa
2 spicchi d’aglio
2 cucchiaini raso di zucchero
olio extra vergine d’oliva
50 ml di vino bianco secco

sgusciate i piselli e metteteli a stufare in una casseruola con un soffritto di cipolla tritata finemente e un cucchiaino raso di zucchero; coprite con dell’acqua e fate cuocere per almeno un’ora,  se durante la cottura l’acqua si asciuga aggiungetene dell’altra bollente. Quando, rimestando di continuo, i piselli si disfano, avrete ottenuto il macco, una sorta di purea che vi servirà da fondo per la pasta; salate e mettete da parte.
Lessate il finocchietto, lavato e mondato, in abbondante acqua bollente per una quarantina di minuti o fino a quando sarà tenero, tritatelo e mettetelo da parte. Pulite le triglie, eliminate le interiora, le pinne dorsali, le squame, le teste, le lische e quante più spine potete. Apritele a libro e tagliatele in 4 pezzi. Tritate uno spicchio d’aglio, rosolatelo con 2 cucchiai d’olio aggiungete il pesce e fatelo saltare per fare insaporire. Quando prendono colore sfumate con il vino e fate evaporare ma non completamente; aggiungete il finocchietto mescolate per insaporire e spegnete. In un tegame soffriggete uno spicchio d’aglio tritato finemente, aggiungete i pomodorini tagliati a metà, cospargete con lo zucchero e fate stufare per una decina di minuti, fino a quando appassiranno. Unite le triglie al pomodoro fate sobollire il condimento per pochi minuti, aggiustate di sale e poi spegnete. Cuocete la pasta nell’acqua di cottura del finocchietto,  scolatela al dente dentro il tegame con il condimento e fate mantecare su fuoco vivo per pochi istanti. Impiattate distribuendo sul fondo del piatto il macco di piselli e sopra la pasta.

mare di Sicilia

Bastano i raggi di un sole caldo ma lèggio di maggio, per rasserenare il mio animo; chi mi conosce sa perfettamente che d’inverno il mio umore è parecchio mutevole, diventa scurusu se la giornata appare scurusa al mio risveglio. Anche nella bella stagione capita che all’orizzonte ci siano nuvole cariche di pioggia, come oggi. Ecco, oggi il mio umore annegherà assamarato d’acqua. Meteoropatica sugnu, accussì si dice in italiano. Aspetto che cominci, per me, il periodo più bello dell’anno, caldo estivo e passate di scirocco che tolgono il fiato. AH! Finalmente, caldo e mare a tinchitè. Ma il mare smorca il pititto e cosa c’è di meglio di una focaccia da portare in ripa di mari per fare un pic-nic e, perché no, festeggiare un compleanno speciale sulla spiaggia? Buon compleanno mamà! Com’è il tempo da te?
La ‘mapanata è una focaccia di derivazione spagnola, la empanada: un pasticcio di carne, pesce o formaggio avvolto in pasta di pane. In Sicilia sono presenti due tipologie di impasti per fare le ‘mapanate, uno di pane e l’altro più simile ad una frolla. Un modo opulento di servire una pietanza, uno scrigno che cela la meraviglia delle meraviglie 😀
Quella che vi propongo, può essere servita come antipasto ma anche come secondo, accompagnata da una insalata di pomodori freschi e aglio a pezzi grossi.

‘Mpanata di alici
per 4 cristiani
per l’impasto:
500 g di semola di rimacinato di grano duro
10 g di lievito di birra fresco
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
350 ml di acqua tiepida
un cucchiaino di zucchero
11 g di sale
per il ripieno:

500 g di di alici fresche
uno spicchio d’aglio
5 rametti di timo
25 g di capperi sotto sale
80 g di pangrattato
2 pomodorori sodi
olio extra vergine d’oliva
sale aromatizzato alle erbe
pepe macinato al momento

Preparate la pasta mettendo nella planetaria la farina e il lievito sbriciolato; accendete la macchina al minimo, impastate aggiungendo l’acqua tiepida in cui avrete sciolto lo zucchero e infine unite il sale e l’olio. Otterrete un impasto molto idratato e appiccicoso, coprite con un canovaccio e fate riposare nel boccale della macchina per mezz’ora. Nel frattempo lavate e diliscate le alici sotto l’acqua corrente, tamponatele con della carta assorbente e mettetele da parte. Infarinate, con la semola, il piano di lavoro adagiate l’impasto e, con le mani infarinate, allargatelo e fate un giro di pieghe, mettetelo in una ciotola coperta con un canovaccio umido dentro il forno spento con la luce accesa; fate lievitare per due ore.  Preparate il ripieno mescolando in una ciotola il pangrattato con le foglioline di timo lavate e asciugate, i capperi e l’aglio tritati finemente.Spolverate il piano da lavoro con abbondante semola di rimacinato, stendete l’impasto lievitato con le dita, allargandolo, poi, con il mattarello, stendete una sfoglia rotonda sottile e adagiatela sul pizza stone (o dentro una teglia  antiaderente) precedentemente spolverato con semola di rimacinato; distribuite un filo d’olio su tutta la superficie aiutandovi con pennello oppure con le dita. Su metà del cerchio di pasta, sistemate a strati metà del pangrattato aromatizzato, le alici, i pomodori tagliati a fette e un filo d’olio, salate con il sale alle erbe, finite con il pangrattato e una spolverata di pepe nero. Sovrapponete l’altra metà della pasta e sigillate la parte inferiore  su quella superiore intrecciando i bordi.Infornate in forno caldo a 190°C per 35 minuti. Sfornate e servite tiepida 

la regina

Amo la pizza e adoro farla in casa; la magia dell’impasto che lievita mi ha sempre affascinato, mi sembra, quando lievita, un premio alla costanza 🙂 un bel giorno, perché bello per forza addiventò, incocciai la ricetta del Maestro Bonci sul blog di Sarah Fel…l’amore a quel punto è lievitato come un impasto al calduccio. Considerando però, che per la ricetta del Maestro, ci vuole molta più costanza e tempo, ho alterato n’anticchia la sua adattandola a mia.

300 g di farina tipo 0
200 g di semola di rimacinato di grano duro
350 ml di acqua tiepida
un cucchiaino di zucchero
12 g di sale
10 g di lievito di birra fresco
un cucchiaio d’olio extra vergine d’oliva

Mettete le farine nella planetaria e sbriciolate sopra il lievito, fate partire la macchina al minimo e aggiungete poco alla volta l’acqua tiepida con lo zucchero sciolto dentro. Aggiungete il sale e l’olio continuando a impastare. Appena l’impasto incorda è pronto, sarà molto umido. Togliete il gancio, coprite con un canovaccio e lasciate riposare per una ventina di minuti nell’impastatrice. Riprendete l’impasto, trasferitelo sulla spianatoia spolverata con della semola di rimacinato e, con le mani infarinate, date qualche giro di pieghe. Ponete dentro una ciotola coperta e fate lievitare, nel forno spento con la luce accesa, fino al raddoppio: circa un’ora e mezzo in questo periodo caldo. Riprendete l’impasto, se desiderate delle pizzette staccate circa 130 g di pasta e stendetela allargandola con le mani, è molto idratata e si stende facilmente,  fate lo stesso con il resto della pasta; se invece volete due pizze standard dividete in due l’impasto e allargatelo sulla spianatoia o se lo avete sul pizza stone leggermente riscaldato in forno e abbondantemete cosparso di semola di rimacinato. La cottura sul pizza stone distribuisce il calore in maniera uniforme e rende croccante la pizza, come tirata fuori dal forno a legna.

Condite le pizze come più vi piace, io adoro la regina delle pizze, la Margherita: condita semplicemente con il pomodoro fresco tagliato a rondelle. Dopo aver steso l’impasto distribuisco un giro d’olio extra vergine d’oliva, il momodoro e qualche oliva; spolvero con del sale grosso e una macinata di pepe, inforno per circa un quarto d’ora a 200°C nella parte bassa del forno. Trascorso questo tempo, tiro fuori e cospargo con della mozzarella tagliata fine, ripasso in forno per pochi minuti ancora. Prima di servire, condite con un filo d’olio crudo e basilico oppure con delle foglioline di origano fresco come ho fatto io. 

dalla Sicilia con Amore

Dalla Sicilia sono passati molti popoli, probabilmente grazie a questa nostra multi etnicità, l’evoluzione della cucina ha preservato il rispetto per le
tradizioni, valorizzando gli ingredienti che costituiscono, in modo
inconfondibile, i nostri piatti…probabilmente. Ma di che cosa sto parlando? Mah! certe volte mi travesto da cattedratica e devo dire, talìandomi, che ‘stu vistitu mi sta strittu, strittu assai. Picchi si vulissimu considerare un’evoluzione la mia cucina, sempre e comunque troverete, ingredienti che ne caratterizzano la sicula provenienza. Viditi chistu piattu? Ci sunnu muddica atturrata e mandorle tostate, chistu, senza ombra di dubbio, un piatto della mia terra è!

 Spaghetti integrali con pesto di spinaci e mandorle ciavurusi d’ arancia
per il pesto di spinaci da conservare in frigo:
250 g di spinaci freschi mondati, sciacquati e asciugati
15 foglie di basilico
60 g di mandorle pelate e tostate
1 spicchio d’aglio degerminato
60 g di parmigiano grattugiato
100 ml di vino vianco secco
150 ml di olio extra vergine d’oliva
1 acciuga sott’olio
una macinata di pepe
sale se serve
Mettete nel bicchiere del frullatore gli spinaci, insieme con tutti gli ingredienti sopra elencati, frullate fino a ridurre tutto ad una crema omogenea. Versate dentro uno o più contenitori in vetro puliti, coprite con dell’olio e ponete in frigo.
ora preparate la pasta…
per due cristiani:
200 g di spaghetti integrali (potete usare la pasta che preferite, ovviamente)
50-60 g spinaci freschi, le foglioline tenere interne
60 g di mandorle con la pellicola tostate e tagliate a filetti
40 g di pan grattato tostato
la scorza e il succo di un’arancia

 portate a bollore abbondante acqua salata, cuocete la pasta al dente e poi conditela dentro una ciotola capiente con 4 o più cucchiai colmi di pesto; mescolate insieme con le foglie tenere di spinaci e qualche mandorla preparata, irrorate con il succo d’arancia e verificate la fluidità della preparazione, in caso contrario aggiungete poca acqua di cottura della pasta e impiattate. Cospargete con la scorza grattugiata, il pan grattato e le mandorle rimaste, se volete decorate i piatti con una fetta di arancia.