la tradizione del 13 dicembre

 

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In Sicilia, il 13 dicembre, un siciliano si sveglia e sa che deve festeggiare Santa Lucia.
In Sicilia, il tredici dicembre un palermitano, un messinese e un catanese si svegliano e sanno che devono friggere una pietanza che mette famigghie contro famigghie.
Alla fine, in Sicilia, il tredici dicembre, non è importante dove campi e come appelli la pietanza; l’importante è friggere.
Te lo dico io che sono una messinese che ha sempre chiamato gli arancini, arancini. Da quasi trent’anni abito a Palermo e gli arancini li chiamo anche arancine. Ma per forza, se sono tonde sono femene, lisce e morbide, perfette, quindi sono femmine! Se hanno la punta, si capisce, masculi sunnu; pizzuti che parunu cimiari, parunu arboli sbattuliati dal vento, masculi! Poi c’è la versione ovale che pare (pare) mettere tutti d’accordo e qui non metterei alcun genere accussì non abbattemu l’omofobia!
Allora la ricetta più vicina alla tradizione è questa che ti cuntu oggi, anche se mutuata dalla mio modo di cucinare; nel 2017 tinni desi n’autra, chiù finulidda ma questa di oggi è chidda vastasa!
Accumincia il giorno prima e accatta tutti gl’ingredienti per i condimeti accarne e abburro
400 g di tritato misto, maiale e vitello
600 g di salsa di pomodoro datterino
4 foglie d’alloro
una carota
una costa di sedano
una cipolla rossa
un cucchiaio di estratto di pomodoro
mezzo bicchiere di vino bianco fruttato
100 g di piselli surgelati
sale
pepe
noce moscata
un po’ di zucchero
una girata d’olio extra vergine
20 g di burro
prepara il ragù: trita la carota mondata e pelata insieme con la cipolla e il sedano, riponi dentro un tegame con l’olio, il burro e i piselli, scalda su fiamma dolce e mescola. Aggiungi il tritato e insaporisci con il soffritto, sfuma con il vino e fai evaporare. Sciogli nel composto l’estratto di pomodoro e poi versa la salsa. condisci con il sale, il pepe, la noce moscata, le foglie d’alloro e lo zucchero,;copri con un coperchio, abbassa la fiamma al minimo e fai pippiare per due ore, mescolando ogni tanto. Quando sarà pronto e a temperatura ambiente, copri con la pellicola e metti in frigo per tutta la notte.un kg di riso Carnaroli
due foglie d’alloro
un cuore di brodo alle verdure
due litri d’acqua
50 g di burro
una bustina di zafferano
100 g di parmigiano grattugiato
100 g di ricotta infornata
Prepara il riso: Metti sul fuoco l’acqua con il burro, l’alloro, lo zafferano e il cuore di brodo, mescola e porta a bolllore, aggiungi il riso e aspetta che assorba tutta l’acqua, senza mescolare. Otterrai una consistenza simile al risotto, all’onda.
Elimina le foglie d’alloro, fai intiepidire e aggiungi i formaggi, mescola e versa dentro una placca da forno, per fare raffreddare tutta la notte.Il giorno dopo prepara la conza per le arancine al burro.
75 g zi burro
80 g di farina
1 litro di latte caldo
sale
pepe
noce moscata
150 g di prosciutto crudo in una sola fetta da tagliare a dadini
200 g di provola dolce, tipo Galbanino o Sikanino che ti servirà anche per la versione accarne
in un tegame metti il burro  fallo sciogliere su fiamma dolce, aggiungi la farina e mescola con una frusta a fili, aggiungi il latte caldo, poco alla volta, facendolo assorbire al roux di burro e farina. Porta a bollore, sempre mescolando, spegni il fuoco, aggiungi il sale, il pepe, la noce moscata e il prosciutto. Mescola a fai raffreddare completamente.Ti serviranno ancora:
per la “lega”
500 g di farina
700 g di acqua
salePer la panatura:
700 g di pangrattato

A questo punto prepara la sequenza di passaggi sul tavolo, nell’ordine:
1) una ciotola piena d’acqua. Ti servirà per bagnarti le mani durante la preparazione delle arancine
2) la teglia con il riso
3) una ciotola con il ragù
4) una ciotola con il mix di besciamella e prosciutto
5) una ciotola con la provola dolce
6) la lega
7) pan grattato

prendi una porzione di riso, grande quanto la tua mano, fai una palla, scavala, con la mano messa a conca, fai sbordare il riso ai lati, allarga il buco, riempi con un cucchiaio di ragù e un paio di dadini di provola. Ricompatta la palla e forma l’arancina realizzando una palla. Passa le arancine dentro la pastella, poi nel pangrattato, accarezzale una ad una eliminando il pan grattato di troppo, poi ponile su un piatto, prima della frittura.
Un consiglio: usa uno scolapasta per filtrare il pan grattato ogni tanto. Deve essere sempre pulito e senza grumi, si formano inevitabilmente con la pastella che cade accidentalmente, all’interno.

Gli arancini hanno una forma a punta, sono sempre accarne, forma a parte seguono lo stesso procedimento delle arancine.
Le arancine abburro, a Palermo, hanno una forma oblunga, si procede sempre riempendo la mano di riso facendo la forma senza ripieno, poi si scava lasciano il riso marginalmene, si riempie con una cucchiaiata di besciamella, si aggiungono un paio di cubetti di provola dolce e si richiudono. Poi il solito passaggio dalla lega e dal pan grattato.

Per friggere ti servirà tanto olio, le arancine e gli arancini, devono affondare beatamente nell’olio. Tuffale per qualche minuto, girandole con tanta delicatezza, fino a doratura, poi adagiale su carta assorbente; falle intiepidire prima di addentarle!

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Il giardino di rose di pasta phyllo ed elisir di zibibbo

 

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Mi sono trovata in un giardino incantato; un roseto in un giardino che non c’è ma esiste tra le mie mani mentre lo realizzo. Un non luogo dove la creatività, la fantasia, il senso dello spazio e il profumo si mescolano come se fossi in una casa di campagna davanti a un soffice tappeto erboso colorato da cespugli di rose che lasciano senza fiato.

per 10 rose:
10 fogli di pasta phyllo, circa 300 g
200 g di feta
4-5 rametti di di timo limone
noce moscata
Per bagnare la pasta:
60 ml di olio extra vergine d’oliva
60 ml di latte
un uovo
per decorare:
elisir di zibibbo

Sbriciola la feta e mescola con le foglioline di timo, spolvera con una grattata di noce moscata e metti da parte. Sbatti, in una ciotola, gli ingredienti per bagnare la pasta e fai riposare qualche minuto. Srotola la pasta phyllo, distendi un foglio su un piano, pennellalo con la salsa preparata; con delicatezza solleva il centro del foglio con una mano e gira in senso antiorario. forma un alloggiamento al centro e distribuisci una parte del ripieno a base di feta; gira la rosa di pasta phyllo e ponila dentro una teglia per muffin leggermente oleata. Utilizza la stessa procedura per i fogli rimasti, spennella con la salsa tutti i fiori e inforna in forno caldo a 180°C per 20 minuti. A fine cottura distribuisci le pastine nei piatti irrorando con l’elisir di zibibbo che ti consiglio di lasciare in tavola per l’eventuale rabbocco dopo il primo morso.

 

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soffici pancake russi

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I blini sono delle frittelle russe, molto simili ai pancake, chiù nicareddi, da provare assolutamente. Sono preparati con  farina di grano saraceno, latte e yogurt; sono un delicato supporto a gusti risoluti, accippati, come il caviale e il salmone affumicato; almeno così vorrebbe la tradizione d’iddi. I francesi, invece, preferiscono ridurre il pesce in un composto spalmabile, fa molto chic, secunnu mia. Io fici come la testa mi fici riri.
Ho realizzato una finitura a base di pesce azzurro, accattai uno sgombro e l’ho cotto in un tegame, dopo averlo eviscerato, con un battuto di sedano, carota e scalogno poca acqua e un cucchiaio d’olio; poi l’ho sfilettato con tantissima pacienza e l’ho condito con un cucchiaio d’olio extravergine d’oliva e qualche goccia di lime. A parte ho lessato in acqua salata, 250 g di asparagi, mondati e lavati, dai quali ho prelevato solo le punte, il resto l’ho utilizzato per condire un piatto di pasta a base di verdure. Ho impiattato distribuendo sui blini una foglia di basilico, parte del pesce cotto e insaporito e un paio di punte d’asparagi. È un antipasto leggero e scenografico. Se non ti va di stare a pulire e cucinare il pesce, puoi ovviare con dello sgombo in scatola al naturale, non sarà la stessa cosa ma megghiu di nenti.

per 12 blinis
100 g di farina di tipo 0
50 g di farina di grano saraceno
150 ml di latte
150 g di yogurt greco
burro
un uovo e due albumi
un pizzico di zucchero
8 g di lievito in polvere o se preferisci 4 g di lievito di birra
scalda il latte, appena appena, mescola lo yogurt; aggiungi le farine, lo zucchero, il tuorlo e il lievito. Sbatti a neve gli albumi e poi aggiungili al composto con movimenti dall’alto verso il basso per non smontare il composto. Copri e fai lievitare per circa un’ora in un luogo tiepido. Ungi un padellino con un velo di burro e cuoci, a fuoco basso, un cucchiaio colmo di pastella. Appena sulla superficie si formeranno dei buchetti è il momento di girare le frittelle per cuocerle dall’altro lato. Poni su un piatto al caldo e cuoci la pastella rimasta allo stesso modo. I  blini vanno serviti tiepidi quindi ti consiglio di prepararli in anticipo perché ci vuole tempo, almeno un’ora per cuocerli tutti, e poi di scaldarli in forno prima di servire.

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il soufflé ri-cotto

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qualche mese fa ho provato, per la prima volta, a fare il soufflé, una bellissima esperienza, m’arrinisciu al primo colpo, lo guardavo affatata mentre cresceva al di là del vetro del forno. Una maarìa,  mi sono detta, miiiii che cosa bellissima!
Ecco, peccato però, che i miei tempi sono lenti rispetto a quelli del soufflé. Appena l’ho tirato fuori dal forno, iddu era bello gonfio, meravigliosamente leggero, magicamente tronfio. Praticamente uno spettacolo per la vista, parola mia.  Peccato, peccato davvero, picchì il tempo che mi votài e mi rivotài, per scattare ‘na foto, chiddù s’afflosciò, e finiua poesia.

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allora, ‘n’anticchia abbattutella,  non ho postato la ricetta, mi dispiaceva assai però.
Poi, dopo qualche giorno, ho trovo una ricetta su Sale&Pepe Collection, che fa al caso mio, il soufflé ricotto, uno spettacolo! Puoi prepararlo prima e non avere lo stress di servirlo subito, tanto si sa che si affloscia.
Allora che fai? Lu pigghi un pizzino?

per circa 12 soufflé
160 g di burro
2 pere
120 g di farina
600 ml di latte a temperatura ambiente
160 g di crescenza
6 uova
6 noci
200 g di formaggio brie o qualunque altro formaggio a pasta molle
parmigiano grattugiato per gli stampi
sale e pepe
sciogli 40 g di burro in una casseruola e cuoci le pere pelate e tagliate a piccoli cubetti per circa 10-15 minuti. Ponile a scolare su un foglio di carta assorbente. Sciogli il resto del burro nella stessa casseruola, aggiungi la farina e mescola fino a quando diventerà asciutta e granulosa, quindi aggiungi a poco a poco il latte tiepido o a temperatura ambiente e mescola fino a ottenere un composto denso e liscio. togli dal fuoco e aggiungi la crescenza, mescola fino a quando sarà totalmente sciolta, poi aggiungi le pere e i tuorli. Aggiusta di sale e  macina un po’ di pepe.
Monta gli albumi a neve soda, aggiungili al composto di latte con una spatola e con movimenti dall’alto verso il basso. Riempi 12 ramequin imburrati e spolverati con del parmigiano grattugiato. Cuoci in forno caldo a 180°C per circa mezz’ora, controlla la cottura. Togli dal forno e fai raffreddare per un minimo di mezz’ora e un massimo di sei ore. Aiutandoti con una spatola sforma i soufflé, ponili su una placca da forno foderata con la carta apposita leggermente unta, adagia il formaggio sulla parte concava e inforna circa 20 minuti, appena fuori, disponili con delicatezza sui piatti e decora con le noci.

panini con l’uva

panini con l'uva _

Che ha settembre di bello?
Dai, settembre è un bel mese; la temperatura si attenua, non si scattìa più dal caldo, quello asfissiante di ‘st’agosto e per dormire ci vuole il lenzuolo per coprirti. Se ne sente l’esigenza, direi. Almeno a queste latitudini, in Friuli magari ci vorrà la copertina, certo. Scaricate d’acqua a parte, ché quando ‘u Signuruzzu dice, apre i cieli e se li scorda aperti, questo è un bel mese. Ha quel certo”non so che di flebile e soave”.

Questi paninetti rustici sono ottimi per un buffet o da gustare accompagnando un antipasto di formaggi, frutta e una gelatina di Inzolia, Se poi la gelatina te la regalano sarà ancora più buono, tutto.
La ricettuzza la trovai sul numero di Sale&Pepe di settembre del 2007, prevedeva anche 100 g di mandorle che io ho omesso, poi fai tu.
Ah, dimenticavo, con questa ricetta vecchia di 10 anni festeggio il decennale del blog!
500 g di farina più un pugno per il lievitino
250 ml di latte
7 g di lievito di birra
circa 200 g d’uva nera con acini piccoli, senza semi
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
20 g di zucchero più un cucchiaino
10 g di sale
4 rametti di rosmarino
per accompagnare, formaggi stagionati, un paio di pere e gelatina di Inzolia
Sciogli il lievito in una ciotola con 50 ml d’acqua tiepida, aggiungi un cucchiaino di zucchero e un pugno di farina, amalgama con le mani. Copri con un canovaccio e fai lievitare per mezz’ora. Trita le foglie di rosmarino molto finemente, aggiungile alla farina e impasta con il latte, l’olio e il lievitino, aggiungi il sale e realizza una palla. Poni l’impasto dentro una ciotola, copri con un canovaccio e fai lievitare fino al raddoppio. Riprendi l’impasto lavoralo per sgonfiarlo e poi suddividilo in palline da 60 g l’una. Adesso taglia ogni panetto in tre pezzi, poni un pezzo dentro una cocottina, precedentemente imburrata e infarinata, adagia due o tre acini d’uva, copri con il secondo pezzo , adagia ancora due acini d’uva e finisci con l’ultimo pezzo. Sigilla delicatamente con le mani e fai lievitare fino al raddoppio. Dopo quest’ultima lievitazione adagia qualche acino d’uva e cuoci in forno caldo a 220°C per circa mezz’ora. Sforna i panini, toglili dagli stamoi e fai raffreddare. Servi con i formaggi, le pere tagliate a fette o a dadini e la gelatina.

 

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tapas

vongole allo scherry

Qualcuno ha detto che un siciliano “pensa e sente come un arabo, agisce come un greco, concepisce la vita come uno spagnuolo”.
Ha un malo carattere aggiungo io, appassionato e mutevole, entusiasta e pessimista, generoso e rassegnato, complesso fino allo sfinimento. Il siciliano è stato agghiuttutu dalla stratificazione storica, s’ammucciau in un retroterra intriso di momentanei caput mundi, sotto la cappa dello scirocco che da sempre si impossessa di cielo e terra. Ma iddu isa ‘a testa, con la tipica fierezza, vorace di sentimenti di orgoglio e sofferenza in uno stato di non-tempo in questa bedda terra, degli dei e degli eroi.

Ma come mangia un siciliano? Esattamente come vive, a colori. Te lo dico io e se non mi credi passa di qua puru tu, ‘nsemmola all’autri ppì tastari ‘ste cosuzze. Io non sacciu qual è l’origine delle tapas; al di là di tutte  le storie e le leggende che si cuntano, per quanto ne so, potrebbero essere state concepite ccà, nei due secoli in cui la Sicilia fu dominata proprio dagli spagnoli in uno spettacolare trionfo del Rinascimento prima e del Barocco poi. Una cosa la so perone, la tapa è un tappo, una sorta di copertura per il bicchiere del vino, realizzato con dei salumi prima e con tante altre squisitezze poi.
Avrei voluto realizzare questo piatto seguendo la ricetta pedissequamente ma non potti essiri picchì non trovai il serrano. Considerando che non conosco il sapore del serrano sono andata a sentimento e accattai un buon crudo. La ricetta è desunta da una raccolta di Sale&Pepe “Piccoli antipasti” di Valérie Berry, Guido Tommasi Editore del 2009.
Per 4 cristiani:
600 g di vongole già spurgate
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
2 spicchi d’aglio schiacciati
un peperoncino piccante
100 g di sherry secco (vino liquoroso dell’Andalusia)
2 cucchiaini di concentrato di pomodoro
35 g di jamon serrano se lo trovi o un buon prosciutto crudo tritato finemente
prezzemolo tritato

poni le vongole già spurgate in una padella, copri con un coperchio e cuci cinque minuti circa muovendo la padella spesso. Trasferisci le vongole in un colapasta recuperando il liquido di cottura. Asciuga la padella con un foglio di carta assorbente, versa l’olio, rosola l’aglio schiacciato e il peperoncino. Versa lo sherry e sciogli il concentrato di pomodoro, mescola e fai sobollire per un paio di minuti facendo evaporare l’alcool. Aggiungi le vongole, due cucchiai del liquido di cottura, il prosciutto e il prezzemolo. Mescola per un minuto e servi caldissimo in piccole scodelle o bicchierini.

 

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le parole che abbiamo in sospeso

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Le parole che abbiamo in sospeso, quelle che danno una ragione e proiettano vagheggiamenti lontani. Debiti di emozioni appese, segnate da separazioni algide, pesanti, imposte.
Ripenserò a tutto il bene che ho avuto in regalo; peserò l’assenza come fosse un ingrediente segreto da usare per un impasto, provando a trasformarla in qualcosa di bello e buono per me. Vorrei pesare il niente tuo con il mio tutto, assaggiare e aggiustarlo di zucchero, aggiungere un pizzico di sale e uno di bicarbonato che fa miracoli, quasi sempre. Infilo il mio anello di sempre al pollice sinistro, la spirale di pallini d’argento ora ha un’anima d’oro, più resistente e flessibile. Evoca un “per sempre” che non esiste. Mi tiro su i jeans che cominciano a cascare sui fianchi, indosso il grembiule e vado a principiare.

tartellette salate con robiola e pomodorini secchi

per la pasta brisée:
300 g di farina
75 g di burro
75 g di strutto
un paio di cucchiai di acqua fredda
un pizzico di sale
per il ripieno:
300 g di robiola
un mazzetto di basilico
5-6 fiori di cannella macinati o una spezia a tuo piacimento
una trentina di pomodorini secchi ammollati in acqua bollente e poi asciugati

impasta gli ingredienti per la brisée senza l’acqua che aggiungerai in ultimo per addensare il composto. Realizza una palla che avvolgerai dentro la pellicola; riponi in frigo per un’ora. Recupera l’impasto stendilo raggiungendo uno spessore di circa 2-3 mm, ritaglia la sfoglia con un coppapasta da 6 cm di diametro e fodera con questi dischi uno stampo da mini muffin. con queste dosi otterrai circa una quarantina di tartellette. Inforna a 180°C per circa 10 minuti o fino a quando le ciotoline di pasta si coloreranno di un bell’oro. Sforna e fai raffreddare.
Mescola con una frusta a fili montandola un po’, la robiola con il basilico tritato e la spezia che hai scelto, macinata finemente. Passala in frigo fino quasi al momento di servire, almeno un’ora. Monta una bocchetta a stella dentro un sac-a-poche, riempilo con la crema di robiola e poi riempi le tartellette. Finisci con uno o due pomodorini e servi. Oh, poi mi cunti.

fritto, sinonimo di buono

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Assittatevi, cosa  longa è!
Tra i ‘millemila’ programmi televisivi che parlano di cibo noi, in famiglia, guardiamo volentieri “Cuochi e fiamme” con Simone Rugiati. Tralascio commenti di carattere squisitamente soggettivo sui nuovi ‘giudici’ e mi concentro su una puntata che ci ha lasciato il segno, la curiosità di assaggiare il prodotto finito mi stava spurtusannu ‘u ciriveddu. Li dobbiamo fare, ci siamo detti, quando? Presto!
Il giorno dopo la visione del programma mi sono fiondata al supermercato senza appuntarmi gli ingredienti su un pizzino, tanto me li ricordo… Paccheri ripieni e fritti, facile!
Torno a casa, metto a posto la spesa, riguardo la puntata e… mi scurdai i paccheri e sbagghiai; anziché la burrata accattai la mozzarella. Ma si può essere più svaniti? ‘U ciriveddu lu lassai nel cellophane, per non rischiare di usarlo, si vede!

E va beh, chi non ha testa ha gambe e rimando tutto al giorno dopo con la variante causata dal’evanescenza del mio ciriveddu.

Per 5 cristiani
250 g di ricotta
250 g di mozzarella di bufala
150 di mortadella tagliata a cubetti
25 paccheri
2 grosse uova
farina 0
farina di ceci  (Lorenzo ha usato la farina di mais)
olio extra vergine d’oliva
paccheri

niè, ve la siete taliata la puntata? Manco a dirlo, in trasmissione non sono indicate le dosi, ci mancassi, io, a sentimento, li fici accussì: avendo tutto il tempo che mi abbisognava prima mi preparai il condimento tritando a coltello la mortadella. Ho ridotto a pezzetti piccoli la mozzarella e mescolata con la ricotta. Ho acceso il fuoco sotto un padellino e fatto saltare la mortadella per far buttare un po’ di grasso, mi sembra che Lorenzo, abbia usato dell’alcool, tipo grappa,  per sfumare la mortazza ma io non ne ho visto la necessità; ho fatto intiepidire e poi l’ho aggiunta ai formaggi, mescolando.
Ho cotto i paccheri in abbondante acqua salata e li ho scolati tre minuti prima della fine della cottura. Li ho farciti uno per uno e messi su un tagliere. Ho preparato tre scodelle: farina bianca, uova sbattute e farina di ceci e, nell’ordine, ho passato i paccheri nelle ciotole, poi li ho fritti in abbondante olio caldo, scolati su un foglio di carta assorbente e tenuti al caldo fino al completamento della frittura. L’autore di questa ricetta ha realizzato anche una salsa di pomodoro per pucciare i paccheri, attipo ketchup. Beh che dire? Buonissimi!

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nordici pacchetti di pasta phyllo

Quando si dice “Unità d’Italia” voi che pensate? Certo lo so, pensate al Risorgimento, agli Ideali Nazionalisti, all’Indipendenza, a Garibaldi e a quei Mille, niè non possiamo risolvere in due parole, ci dovremmo assittari per dissertare di storia, filosofia, politica, geografia, di Amor Patrio e molto altro ancora. E va beh, lasciatemi dire, prosaicamente, che l’unità d’Italia si fa anche unendo vite da nord a sud e da est a ovest lasciando indietro, anni luce, inutili campanilismi e ottusi federalismi. Io, nel mio piccolo, trasporto l’idea di unione anche a tavola, allargo il mio campo visivo e gustativo verso lidi lontani che cuntano di Trentino, mele, speck, e montagne viste da qui, da Palermo.
difficoltà: facile
preparazione: 20 minuti
cottura: 20 minuti
per 4 cristiani:
4 fogli di pasta phyllo 120 g
una mela rossa e dura
100 g di speck tagliato sottile sottile
un tuorlo
30 g di parmigiano grattugiato
150 g di formaggio cremoso
burro fuso per spennellare
sale e pepe
Con le fruste montate il formaggio con il tuorlo e il parmigiano, aggiustate di sale se necessario e pepate, ponete dentro un sac-a-poche e poi in frigo a rassodare. Trascorsa almeno un’ora di riposo, tagliate a metà un foglio di pasta phyllo, stendetelo sulla spianatoia e spennellatelo con il burro fuso, tirate fuori dal frigo il sac-a-poche, tagliatene la punta e a tre cm circa e distribuite una striscia alla base della metà del foglio, disponete due fettine di mela precedentemente sbucciata e avvolta in un fettina di speck. Richiudete i lembi di destra e sinistra e arrotolate spennellando sempre con il burro. Infornate in forno caldo a 200°C per circa 15 minuti o fino a quando saranno dorati, sfornare e servire tiepidi o freddi.

 

facili bicchierini

I toni agrumati del pompelmo rosa smorzano, alleggeriscono, amalgamano e sgrassano il sapore dell’insieme… forse e se mai ce ne fosse bisogno. Mi do un tono perché le innumerevoli trasmissioni televisive che si susseguono senza tregua sul cibo mi insegnarono un sacco di cose ma di altre vado ancora alla fimminina picchì non sempre le capisco, e va beh, che sarà mai? Certo, parranu tra iddi e si capisciunu dando per scontato che tutti l’autri comprendano come loro. Io dove arrivo metto un punto esattamente come il punto fermo di questi bicchieri che aprirono una cenetta a lume di candele.

Bicchierini di tonno affumicato
Per 4 cristiani:
tempo di preparazione: 30 minuti
tempo di cottura: un’ora
difficoltà: facile
per la marinata:
1 spicchio d’aglio
Il succo di mezzo limone
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
q.b. barbe di finocchio
Un cucchiaino di pepe rosa
2 cucchiai di Grand Marnier
Per i bicchierini:
300 g di patate rosse
1 cuore di sedano
100 g di tonno affumicato a fettine
1 pompelmo rosa
150 g di panna acida
Lessate le patate, scolatele, tagliatele a cubetti e mettete da parte in una ciotolina.
Pelate a vivo il pompelmo, raccogliete il succo che altrimenti si perderebbe e mettetelo da parte. Tagliate a dadini la polpa del pompelmo.
Preparate la marinata mettendo tutti gli ingredienti in una ciotola compreso il succo raccolto dalla pelatura a vivo del pompelmo, sbattete con una forchetta per emulsionare. Tagliate a pezzetti piccoli il tonno e ponetelo dentro la ciotola, mescolate, coprite con un foglio di pellicola e ponete in frigo per un’ora.
Tritate il sedano lasciando per la decorazione 4 foglie e mettete da parte.
Preparate i bicchierini suddividendo la panna acida sul fondo, le patate, il pompelmo, il sedano e il tonno con la marinata. Decorate, se volete, con le foglie di sedano e qualche barba di finocchio. 
Potete preparare questo antipasto anche un paio d’ore prima e tenerlo in frigo, abbiate l’accortezza di tirarlo fuori in tempo per servirlo non troppo freddo.