tutto a pallini

Anche qui fa freddino, giorni della merla o no, s’apprisintò un friddu di moriri e le temperature si nnì scinneru della bella; vero è che siamo a gennaio parente di febbraio ma difficilmente mi abituerò alle temperature così fredde. E lo so che molti di voi del nord vi abbagnate il panuzzo perché in Sicilia le temperature sono miti in inverno, ma una cosa è certa, durerà poco e ce la faremo a ritornare al nostro  “solito” inverno.
Non solo fa un friddu d’aggigghiari che s’arrifriddanu puru i sentimenti, per completare l’opera sugnu puru a dieta, dal primo giorno utile dopo feste e avi a durari fino a dopo Pasqua. Facitivi ‘stu cuntu…vorrei rammentare che poco ci manca e trasi la primavera.

per due cristiani a dieta
per le polpette
250 g di filetto di merluzzo
150 g di patate (una)
25 g di semi di chia
spezie a piacere
sale e pepe
per il contorno di verdure stufate:
senza dosi, a sentimento, dipende dalla vostra fame
zucchine
carote
pisellini primavera surgelati
aglio
sale
peperoncino fresco
basilico
olio extra vergine d’oliva
acqua

lavate la patata, lessatela con la buccia in acqua fredda, pelatela e schiacciatela con una forchetta
cuocete al vapore il filetto di pesce, mettetelo insieme con la patata, salate aromatizzate con pepe e altre spezie o aromi e schiacciate anche questo con la forchetta amalgamando i due composti. Realizzate delle palline grosse come una noce e passatele sui semi di chia e mettete da parte.
Realizzate le verdure stufate; pelate le carote, lavate le zucchine e spuntatele, pulite l’aglio, tagliatelo a metà e degerminatelo. Affettate le zucchine e le carote con una mandolina,mettetele dentro un tegame con un cucchiaio d’olio, l’aglio, i piselli, il peperoncino affettato e mezzo bicchiere d’acqua, salate, coprite con un coperchio e portate a cottura, tgliete il coperchio e fate asciugare l’acqua in eccesso.
Servite le polpette tiepide accompagnate dalle verdure stufate.

immagini a colori caldi

 

M’innamoro delle immagini in genere, dei colori e delle emozioni che mi trasmettono. Paesaggi montani, colline aspre invernali o raccontate in primavera, con lo sfavillìo del verde rinascita.
 Uh, i miei preferiti sono i paesaggi marini. adoro il mare sempre; d’inverno è rude, affascinante e sferzante quando soffia il vento di tramontana. D’estate non ne parliamo, talmente mi affata.
Spettacolari sono i ritratti realizzati da fotografi bravi, ma bravi veramente nei quali le espressioni dei protagonisti sono colte fin nel profondo dell’anima.
 Infine amo le foto che ritraggono il cibo, ah! un capitolo a parte perché quelle posso avere l’opportunità di assaggiare quell’immagine realizzando la ricetta. Che io riesca a riprodurre anche la bellezza dell’immagine è difficile ma io ci provo comunque. Macari riesco a fare innamorare qualcuno anch’io.
 Tutto ‘sto giro per dire che ho visto, in rete, una foto meravigliosa di carote arrosto, bella da mozzare il fiato, talmente bella che non la trovo più. Porca miseria, ma come fu? Si piddìu nella rete? Eppure l’avevo salvata da qualche parte…ma dove? Nu sacciu!
 E va beh, non mi sono persa d’animo, ho googolato ricerca–> carrots roasted–> immagini–> trovo ‘millemila’ foto ma non quella che cerco.

Allora nenti fazzu? Scelgo le immagini che mi piacciono di più, leggo le ricette e ne fazzu una miscellanea: ecco chi nisciu ‘o laggu taliando queste due ricette, qui e qui

carote speziate
per 4 cristiani:
2 mazzi di carote con il ciuffo
40 g di olio extra vergine d’oliva
un cucchiaino di semi di papavero
un cucchiaio di harissa
1/2 cucchiaino di paprika forte
2 cucchiaini di cumino
2 cucchiaini di succo di limone
un cucchiaino di miele
2 stecche di cannella di 10 cm 
sale e pepe
un’arancia 
feta

tagliate buona parte del ciuffo delle carote, lasciatene circa 10-12 cm (la lunghezza del ciuffo non è legato alla riuscita della ricetta, è “solo” un elemento decorativo). Lavate le carote, tagliatele a metà se sono grosse, in caso contrario lasciatele intere. ponetele in una teglia capiente. Preparate un’emulsione con tutti gli altri ingredienti e con un pennello distribuite sulle carote; affettate l’arancia dopo averla lavata e asciugata e distribuite le fette a caso sulle carote. Infornate in forno caldo a 190°C per 25-30 minuti. Fate intiepidire e, se volete, distribuite la feta prima di servire. 

aggrassatu, aggrassato o agglassato

Chiamalo come vuoi, appena pronunci ‘sta palora, in Sicilia, si aprono i cuori, si commuovono le anime, s’accappona la pelle per l’emozione di un sapore di altri tempi. Poi se chiedi la ricetta scopri che esiste una serie interminabile di varianti con la l’assicurazione da parte di ogni famiglia, della vera paternità, autorevolezza e originalità della preparazione. Di spezzatino si tratta ma la bontà all’assaggio è commovente. Giuro!
Ecco, quando si dice che le ricette devono essere tramandate di madre in figlia è la pura e sacrosanta verità; s’annunca si perdono le tradizioni familiari e non è bello. Questa variante me l’ha raccontata la zia Mariella, è la ricetta di sua mamma e io la trascrivo qui con le sue precise ‘ntifiche indicazioni per i posteri e per me figghia, sempre che gliene freghi una beneamata.

 La zia Mariella dice che sua mamma, la nonna Venera, non usava sfumare la carne col vino, “nella maniera più assoluta”, niente patate e qualche coccitello di pomodoro.
Una cosa è certa, le cipolle devono essere assai picchì devono caramellare durante la lunghissima fase di cottura e si riducono di molto; anche la carne del resto, lo spezzatino, sia in bianco che al sugo ha un epiteto,‘svergogna famigghie’ proprio perché compri tre chili di carne e si riduce a un mossiceddu.
Non vi pozzu cuntari come viene la pasta condita con il sugo della carne e una spolverata di ricotta infornata, lassamu peddiri va!
per 4 cristiani
500 g di spezzatino di vitello
700 g di spezzatino di maiale (punta di petto)
1,500 g di cipolle rosse
5 pomodori datterino grossi
q.b. brodo vegetale
4-5 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
sale e pepe
soffriggete, in un tegame capiente, la carne nell’olio caldo a fuoco vivace fino a quando la carne si colora ben bene. Aggiungete le cipolle affettate finemente con una mandolina. Fate insaporire mescolando aggiungete i pomodori, il brodo vegetale, un po’ sotto il livello della carne. Coprite e cuocete a fuoco lento per un paio d’ore, mescolando ogni tanto. Quando la carne sarà cotta, ponetela in una ciotola e continuate a cuocere fino a ottenere una crema di cipolle.

come inizio direi che può bastare

con tutta la buona volontà iniziale, i buoni propositi, i brindisi, i giochi di foco, gli slanci positivi e proattivi, ‘st’annu sappresentò come una colossale caghera. Si può dire? Lasciatemelo dire picchì mi staju limitannu. Come inizio, questo 2015 lascia alquanto a desiderare, per usare un leggerissimo eufemismo.
‘U bellu è che ci inerpichiamo su ‘millemila’ amenità giornaliere, poi accendi la TV e resti alluccutu pi chiddu che nnì vomita ‘i supra.
Poi arrifletto sulla vita da formica che conduco in mezzo a ‘stu munnu pacciu, ma pacciu supra ‘u serio, mica ppì babbìo e mi dico: ma all’urtimata picchì?
per due cristiani, non s’offendano tutte l’autre religioni, ppì carità.:
140 g di riso basmati
un cucchiaio d’olio extra vergine d’oliva
un grosso mazzo di sparacelli, broccoletti
la scorza grattugiata di mezz’arancia
un cuore di brodo alle verdure
mezzo litro d’acqua circa
20 g di mandorle con la buccia
pepe
sale
lessate i broccoletti dopo averli mondati e lavati, scolateli lasciando poca acqua di cottura, frullateli con un frullatore a immersione;passateli in un tegamino e, appena la crema comincia a bollire unite il cuore di brodo e versate il riso. Portate a cottura aggiungendo acqua bollente. Tostate le mandorle  in un padellino e tritatele. Quando il riso è cotto servitelo con una manciata di mandorle e la scorza d’arancia grattugiata.

di fanatismo e di altri dei

Sono una fanatica, si dice così no? Anche se in genere, è un termine usato nell’accezione negativa, io sono una di quelle fanatiche che si entusiasmano e rincorrono per strada gli odori con la nasca all’insù. Nulla di negativo se non, forse, un tantino sconveniente per una signora.
 Sugnu smaniosa, esagerata e zelante nel cercare provenienza e a carpirne la base. Capire ‘nzoch’è gghiè non è facile, no no e non ci ‘nzertu sempre ma vago nell’aere, carica di ipotesi e congetture. Tutto questo per dire che mi piacciono gli odori e soprattutto le spezie. Comprate spezie intere e macinatele al momento, sentirete chi ciavuruuuu.
Il Pimento o pepe garofanato non è un vero e proprio pepe  ma una bacca derivata dai frutti secchi di un alberello sempreverde, originario della Giamaica, della famiglia delle Myrtaceae, il Pimenta dioica. Ha un odore e un sapore che somigliano a un mix di cannella, chiodi di garofano e noce moscata, le mie spezie preferite.

Triglie di scoglio con sfoglie di patate e pane aromatico
sulu ppì mia, per un cristiano quindi
una piccola patata rossa, circa 70 g
20 g di pane “vecchio” di due-tre giorni, grattugiato
180 g di filetti di triglie di scoglio
olio extra vergine d’oliva
pimento macinato al momento
sale

mescolate la mollica del pane con una generosa macinata di pimento, ungete una piccola teglia  di ceramica 13×16 cm, distribuite un po’ del mix di pane e pepe ed eliminate quello in eccesso. Affettate molto finemente la patata rossa, io ho una mandolina che riesce ad affettare a 1,5 mm. Più il taglio è sottile e più velocemente cuoceranno le patate.
Distribuite uno strato di patate sul fondo della teglia, macinate un po’ di sale e adagiate i filetti di triglie dal lato della pelle, salate, distribuite ancora una manciata di pane, uno strato di patate, sale e l’ultimo strato di pesce, continuate con il pane e finite con l’ultimo strato di patate sale e pane, distribuite un’idea di olio chiudete con il coperchio e infornate a 180°C per 30-40 minuti. Tirate fuori dal forno, eliminate il coperchio, irrorate con un giro d’olio crudo e servite.

due mila quindici

Ho chiuso in dolcezza e riapro allo stesso modo. Mi piace il salato ma in certe occasioni preferisco il dolce quindi mi auguro che il duemilaquindici sia duci, mi auguro di mangiare cioccolato amaro fondente con il pane e che, senza zucchero, io prenda solo il caffè. Chiù ducizze pppì tutti, almeno in senso metaforico.
Charlotte di Sale & Pepe con cioccolato fondente
ecco, se cliccate sul link qui sopra vedete la ricetta direttamente dal sito. Io ho usato il mio pandoro, 5 passion fruit, 5 alchechengi e una manciata di more
di seguito scrivo un promemoria per me, con tutti questi anni che passano comincio a dimenticare le cose.
150 ml di latte tiepido
6 g di colla di pesce (12 g per me sunnu assai)
70 g di zucchero
250 ml di panna fresca
Ammollate la gelatina in acqua fredda per 10 minuti. Strizzatela e scioglietela nel latte tiepido, aggiungete lo zucchero e mescolate con una frusta a fili. Tritate il cioccolato, ponetelo dentro un pentolino resistente al calore, mettete il pentolino dentro un altro con un po’ d’acqua, scaldate e sciogliete il cioccolato a bagnomaria facendo in modo che l’acqua calda non tocchi il pentolino contenete il cioccolato e non arrivi a ebollizione. Aggiungete a filo la miscela di latte e continuate a mescolare per amalgamare. Fate intiepidire, nel frattempo tagliate a metà tre fette di pandoro e lasciatene la calotta intera, abbrustolitele leggermente su una padella in pietra o sotto il grill, foderate un ring di 20 cm di diametro con le fette di pandoro tagliate a metà, modellatele in modo da non lasciare buchi, con la calotta foderate il fondo. Versate la crema dentro lo stampo e passate in frigo per almeno 5 ore. Tagliate a metà i frutti della passione e con n cucchiaino versate il contenuto sulla superficie del dolce. Finite di decorare con gli alchechengi intinti in un albume, poi in una ciotolina contenente dello zucchero e le more. Servite a temperatura ambiente. Buon anno.

dolci ne abbiamo?

Ancora uno si, e perché no?
L’idea geniale di questa crostata l’ho scopiazzata da Cappuccino e Cornetto della mitica Cranberry  lei ha azzizzato una ricetta di Martha Stewart e io ho azzizzato la sua, insomma un magna magna generale con il quale viene fuori sempre una cosa diversa.

Per la frolla
300 g di farina
225 g di burro
65 g di zucchero
un pizzico di sale
3 tuorli
impastate gli ingredienti secchi e poi aggiungete i tuorli, realizzate una palla e ponete in frigo per un’ora. Riprendete l’impasto,maneggiatelo e poi stendetelo con un matterello su una spianatoia infarinata  imburrate e infarinate uno stampo per crostate con il fondo amovibile, io ho usato uno stampo quadrato di 22 cm di lato quindi mi è avanzato un po’ di frolla che ho rimesso in frigo per altre preparazioni.
Arrotolate la frolla sul matterello e poi adagiatela dentro lo stampo, fatela aderire ai lati e al fondo con delicatezza, passate il matterello sulla teglia eliminando la pasta in eccesso, ponetela in frigo ancora per mezz’ora, bucherellate il fondo e poi cuocete in bianco coprendo la frolla con un foglio di alluminio e poi con dei fagioli secchi. Cuocete a 170°C per 25 minuti, per la cottura consiglio di fidarvi della conoscenza del vostro forno. Togliete i fagioli e l’alluminio e proseguite la cottura fino a doratura. Io ho avuto bisogno di 10 minuti. Fate raffreddare completamente.

 preparate la panna cotta io l’ho fatta esattamente come l’ha preparata Cran, vi occorrono:
250 ml di panna
75 ml di latte
77 g di zucchero
6 g di colla di pesce
i semi di mezza bacca di vaniglia
per decorare
125 g di mirtilli
125 g di lamponi
( i frutti di bosco li compro quando è stagione, ne faccio incetta e li congelo)
una manciata di pistacchi di Bronte, tritati
Ammollate la gelatina in acqua fredda, portate a bollore 150 ml di panna con il latte e i semi della bacca di vaniglia. In una ciotola mescolate lo zucchero con la panna rimasta e poi versatela nella panna che bolle. Togliete dal fuoco e aggiungete la colla di pesce strizzata e mescolate fino a completo scioglimento. Fate intiepidire prima di versare dentro il guscio di frolla, mettete in frigo e fate riposare tutta la notte o almeno per 5 ore.
Prima di servire decorate con i frutti di bosco e la granella di pistacchio.

quando si dice: ne valeva la pena

Bisogna che lo faccia, si, voglio pubblicare questa meraviglia nonostante sia il primo passo verso quelli più complicati.
 Questa versione del pandoro di Adriano è quello senza sfogliatura con il lievito di birra, una versione più facile…facile? Beh non oso immaginare come deve essere quella complicata. In verità, dopo aver letto le prodezze delle mie amiche che si sono cimentate in voli pindarici, mi sono detta che non ero pronta, devo maturare ancora un annetto, diciamo tutto il duemilaquindici. Spero di arrivare pronta con lievito madre attivo al 100% per fare il pandoro sfogliato, ci vediamo qua l’anno prossimo, e se non ci arriniscia niente ci fa. Rifaccio questo che non ha eguali con quelli accattati
😀
Intanto vi cuntu chi fici:

Ingredienti per due stampi uno da un kg e uno da 500 g 
635g di farina (w350)
250 g di zucchero a velo
260 g di burro
150 g di panna (35% di grassi)
190 g di acqua
6 tuorli + un uovo intero
80 g di cioccolato bianco

16 g di lievito di birra fresco
11 g di sale
un cucchiaino di miele di acacia
vaniglia in polvere oppure una stecca
un cucchiaino di estratto di vaniglia

Intanto facitivi ‘u segnu da cruci e pinsati che dovete stare alla mercè d’iddu per tre giorni tre.
La sera del 22 dicembre ho fatto il poolish mescolando in una ciotola 150 g di acqua, 75 g di farina, 6 grammi di lievito e la raschiatura di mezza bacca di vaniglia. Ho coperto con un foglio di pellicola e posto in frigo per 12 ore.
La mattina dopo, il 23, ho preparato la biga sciogliendo 10 g di lievito con il miele in 40 g di acqua tiepida, ho aggiunto 80 g di farina e un tuorlo d’uovo, ho realizzato una palla che ho coperto aspettando un’ora circa fino al suo raddoppio.
Trascorso il tempo ho messo il poolish e la biga nel bicchiere dell’impastatrice, togliendo il coperchio trasparente, ho unito 150 g di farina, montato la foglia, azionato la macchina e, lentamente, ho aumentato la velocità fino ad arrivare a 2, incordando. Ho abbassato a velocità 1 e aggiunto un tuorlo e 35 g di zucchero incordando. Poi ho inserito un altro tuorlo e altri 35 g di zucchero portando a incordatura. Mi fici du cunti e m’accuggìa che se n’erano andati già 3 tuorli ;). 
Andiamo avanti: ho rivoltato l’impasto nella ciotola aiutandomi con una spatola rigida, ho montato il gancio e avvio la macchina fino a incordatura. Ho portato a velocità 1,5, aggiungendo 80 g di burro morbido facendo incordare. Ho coperto con un telo e posto in forno spento fino al raddoppio, ci sono volute dalle 7 alle 8 ore.

Durante il tempo necessario alla lievitazione ho preparato un’emulsione fondendo a bagnomaria 100 g di burro, 50 g di panna, gli 80 g di cioccolato bianco spezzettato e la raschiatura della bacca di vaniglia rimasta. Ho messo il pentolino su un altro contenente acqua calda e ho fatto in modo che l’acqua non toccasse il pentolino. Il calore del bagnomaria ha sciolto gli ingredienti, sono stata attenta che l’acqua calda non andasse mai a ebollizione per evitare di compromettere lo scioglimento del cioccolato. Ho messo da parte per fare intiepidire e poi in frigo. Riprendendo il bicchiere dell’impastatrice ho aggiunto la panna rimasta, l’albume dell’uovo intero e 2/3 della farina avanzata (110 g), ho montato la foglia e avviato la macchina a velocità 2 portando a incordatura. Ho abbassato la velocità a 1, inserendo un tuorlo alla volta (ce ne sono 4 da inglobare),una porzione di zucchero (60 di 180 g rimasti) e una di farina (110 g). Dopo ogni inserimento ho aspettato di riprendere l’incordatura e con l’ultimo tuorlo ho aggiunto il sale.
Quando l’impasto è incordato ben bene ho aggiunto l’emulsione, potete aggiungerla anche fredda di frigo, deve avere la consistenza pastosa, l’importante è aggiungerla un cucchiaio alla volta, fermandovi ogni tanto per serrare l’incordatura. Dopo aver inserito pazientemente tutta l’emulsione ho proseguito aggiungendo poco alla volta il burro rimasto appena morbido a velocità 1,5 e infine l’estratto di vaniglia. Ho lavorato l’impasto con una spatola rigida rovesciandolo un paio di volte nello stesso bicchiere. L’impasto era liscio e lucidissimo. L’ho fatto riposare mezz’ora e poi, su una spianatoiaho dato le pieghe del secondo tipo.
A questo punto Adriano mi da ben due possibilità e mi dice che posso infornare subito dopo la lievitazione o fare lievitare ancora tutta la notte in frigo prolungando di un giorno il riposo.
Per la prima opzione si procede come segue: dopo 15 minuti dalle pieghe divido in due l’impasto, avvolgo stretto e metto negli stampi imburrati ma non infarinati, coperti dalla pellicola e messi a lievitare  a 26°C fino a che l’impasto raggiunge il bordo, circa 8 ore, si inforna A 180°C fino allo sviluppo circa 7-8 minuti poi abbassate la temperatura a 170°C fino a cottura circa 30 minuti.
Io ho preferito seguire l’altra strada quella di fare lievitare ancora una volta l’impasto in frigo. Ho messo l’impasto dentro una ciotola, l’ho coperto con la pellicola e poi l’ho messo in frigo; era quasi sera. La mattina alle 3 mi sono alzata, e ho tirato l’impasto fuori dal frigo, avevo prescia, era la mattina del 24 e non avrei avuto il tempo per la seconda lievitazione e la cottura. L’alzata notturna ha fatto si che l’impasto tornasse, dopo 4 ore a temperatura ambiente, alle 7 ho messo l’impasto sulla spianatoia è ho fatto altre pieghe inglobando aria, poi ho diviso in due l’impasto, tutto era 1,890 g, ne ho messo 1,110 nello stampo da un kg e quello rimasto in quello da mezzo kg ben imburrati ma non infarinati. Ho coperto con la pellicola e poi posti nel forno spento con la luce di cortesia accesa. Dopo circa 8 ore l’impasto è arrivato al bordo con mia grande soddisfazione, gioia e giubilo. Ho acceso il forno e portato a 180°C, ho infornato per 8 minuti e poi ho abbassato la temperatura a 170°C. Ho letto nei commenti del post di Adriano che è meglio infornare in forno statico nell’ignoranza io l’ho usato ventilato.
Ho verificato la cottura all’antica, con lo stecchino e poi ho sfornato. Prima di sformare ho fatto intiepidire i dolci dentro lo stampo per 15 minuti poi li ho inclinati leggermente sul piano favorendo la fuoriuscita del vapore avendo cura di ruotare gli stampi ogni 10 minuti, Stefania di profumi e sapori docet. Si toglie dagli stampi appena completato il giro e raffreddato il dolce. Dopo alcune ore ho imbustato e regalato in tempo per la cena della vigilia.

Dichiaro ufficialmente chiuso il “televoto”. Cu vinciu?

  

Signori miei, assittativi che ora vi cuntu. In effetti più che raccontare è meglio che parta il filmato così vedete con i vostri occhi chi ha vinto.
Tre di voi hanno avuto la fortuna sfacciata di essere sorteggiati a caso da Random.org, (‘ndo cojo cojo, per dirla con un francesismo), non per niente si chiama random no? 38 commenti validi e tre vincitori perché noi di finum siamo generosi 😀
Prego la regia di fare partire il filmato:

Signore e signori, ladies and gentlemen, the winners are: (rullo di tamburi)

Viviana Dal Pozzo, Elena Bruno e Gioia avete vinto un set di macina spezie Look Touch Taste di finum, congratulescion!




Evviva! Grazie a tutti per avere partecipato, vi voglio bene.
Le vincitrici abbiano la cortesia di aspettare che passino le feste di Natale alle poste sono già incasinati oberati di lavoro, dal 7 gennaio 2015 partiranno i vostri premi, mandatemi il vostro indirizzo via mail, per farveli recapitare.
Buon Natale a tutto il mondo e strepitoso 2015

Crema di zucca speziata su un bel suolo palermitano

Niè, quando ho visto questa ricetta su uno speciale di Sale& Pepe dedicato alla zucca (*) m’innamorai a prima vista, però la ricetta diceva crostini di polenta. Io polentona sono? ‘Nzamà, io sicula sono  e impastata con la farina di ceci  quindi invece della polenta fici delle panelline un po’ più grosse e le usai come basetta per la crema di zucca speziata…non ho parole, la crema di zucca è una cosa favolosa, non si può raccontare.
Come dice il venditore di sfincionello palermitano: si tastano queste cose, si tastano!
(*) Zucca, la regina dell’orto, ottobre 2012

La crema di sesamo, al secolo tahin me la sono fatta da me, se vi scoccia accattatela già pronta
tahin
100 g di sesamo
40 g circa di olio extra vergine d’oliva

panelle 
250 g di farina di ceci
750 ml di acqua
sale e pepe
un mazzetto di prezzemolo tritato

zucca
400 g di zucca
200 ml di acqua
sale
20 ml di succo di limone (circa mezzo limone)
mezzo cucchiaino di semi di cumino
mezzo cucchiaino di semi di coriandolo
200 g di pancetta a cubetti (la ricetta originale prevede la pancetta a fettine sottili)
mandorle a lamelle (le ho aggiunte io)

preparate le panelle sciogliendo in una casseruola, la farina con l’acqua, mescolate aggiungendo poca acqua per volta fino a inglobare tutto il liquido; ponete sul fuoco e cominciate a mescolare, aggiungete il sale e portate a cottura. Quando la farina comincia a staccarsi dalle pareti della pentola aggiungete il prezzemolo mescolate e spegnete. Io lo verso dentro un tubo di circa 8 cm di diametro e lungo 30 ma in mancanza di questo potete versare il composto dentro una teglia di 32 cm di diametro e poi quando si sarà raffreddta tagliate le panelle con un coppapasta. Friggetele in abbondante olio caldissimo. e poi ponetele a perdere l’unto in eccesso su un foglio di carta da cucina assorbente.
Se non avete la salsa tahin fatela in casa frullando il sesamo con l’olio fino a realizzare una salsa.
Cuocete la zucca tagliata a pezzetti con l’acqua leggermente salata, fate asciugare completamente il liquido e poi frullate insieme con i semi di cumino pestati con quelli di coriandolo, due cucchiaini di salsa tahin e il limone. Mettete da parte.
In una padella antiaderente abbrustolite la pancetta fatela rosolare e poi  fatela scolare su un foglio di carta assorbente.
Componete il piatto ponendo come base una panella, un cucchio di crema alla zucca speziata, la pancetta croccante e qualche mandorla a lamelle.