plumcake di mele ubriache e noci

plumcake mele e noci_00001Queste piccole mele sono deliziose da mangiare accussì come sono, calano sole sole. Quann’eru picciridda le vedevo più spesso, quindi quannu li vitti a Messina, dal fruttivendolo di me matri, l’accattai subitaneamente. Vengono chiamate in modi diversi anche in Sicilia, da te come si chiamano?
Mentre aspetto di sentirti, anzi di leggerti, ti cuntu ‘sta ricetta facilissima; forse l’unica cosa fuori dal cuntu della solita procedura è la cottura delle mele nel vino, ma niente ci fa. Attent’a mmia.
5 meline gialle intere
4 meline gialle tagliate a ottavi e private del torsolo
500 ml di nero d’Avola
200 ml di acqua
180 g di zucchero
2 grani di pepe lungo divisi a metà
2 cm di zenzero sbucciato
una stecca di cannella
4-5 fiori di cannella

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300 g di farina
150 ml di latte
2 uova
100 g di burro fuso
160 g di zucchero
40 g di noci
una bustina di lievito
un pizzico di sale
mezzo cucchiaino di cannella in polvere

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metti le meline a bollire dentro una mistura realizzata con le spezie, il vino, lo zucchero e l’acqua. Cuoci per 15 minuti circa. Nel frattempo prepara l’impasto sbattendo lo zucchero con il burro fuso, aggiungi un uovo alla volta, la cannella in polvere e, poco per volta, la farina mescolata con il lievito alternando con il latte, aggiungi il sale.
Scola le mele tagliate, passale nella farina e scuotile per eliminare la farina in eccesso, aggiungile all’impasto mescolando con un leccapentola. Passa nella farina anche le noci, sminuzzate grossolanamente e scuoti anch’esse, prima di aggiungerle all’impasto, mescola per amalgamare bene tutto il composto. Versa dentro una teglia da plumcake imburrata e infarinata, infarina leggermente la base delle meline intere, appoggiale sulla superficie dell’impasto e inforna in forno caldo a 180°C per circa 45 minuti o fino a quando, inserendo uno stecchino all’interno dell’impasto, questo ne uscirà asciutto.

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autunno d’oro

zucca saturazione

La percezione visiva, combacia perfettamente con il significato che dò alle cose. Mentre guardo un oggetto comprendo quello che l’occhio dell’intelletto è in grado di vedere, supportato dall’intensità della luce, dalla forma e dal colore. In questo mondo dove o mangi o sei mangiato, vedere non è subire ma è elaborare ciò che stai guardando, superando la sostanza degli oggetti. Quello che, tipicamente faccio ogni giorno, non solo qui, è cogliere ed evidenziare l’aspetto formale delle cose e provare a lasciare un messaggio di bellezza.
Quando ho visto questo pane, sulla bacheca di Chiarapassion, ho subito pensato alla rappresentazione delle forme, alla crescita della materia che sopravvive a qualcosa di statico. Ho pensato a ciò che germoglia, cresce e finisce davanti ai nostri occhi per essere apprezzato.

La ricetta originale è di Gabriele Bonci, è davvero facile. Scegli le farine che ti piacciono di più, io ho usato mezza dose di quella originale. Tu, fai tu!

pane di zucca

400 g di farina di gano duro integrale Cappelli
100 g di farina Manitoba
350 g di zucca tagliata a dadini
due cucchiai di olio extra vergine d’oliva
5 g di lievito di birra fresco
10 g di sale per l’impasto
6 foglie di salvia
ora ti cuntu come fici, sapendo però che ho un’attrezzatura che mi agevola molto durante molti processi di cottura e lavorazione. Non ti scantare, ovviamente puoi realizzare il tuo pane all’antica, usando tegami per cuocere e olio di gomito per impastare, scegli il procedimento che più ti si confà (*).

Metti la zucca dentro il boccale del Cook Expert con l’olio e qualche foglia di salvia o rosmarino, chiudi con il coperchio, seleziona il programma Esperto, setta la velocità 1A, la temperatura a 110°C e il tempo a 10 minuti. Avvia il processo di cottura e nel frattempo pesa gli altri ingredienti.  Quando senti il segnale di fine cottura, aumenta la velocità a 18, e aggiungi un paio di cucchiai di acqua  solo se è necessario (dipende da quanta acqua di vegetazione possiede la zucca) poni il tempo a un minuto e la temperatura a zero. Quando il processo finirà, avrai la vellutata che ti servirà per il pane. Fai intiepidire togliendo dal boccale se vuoi velocizzare il processo successivo.
Versa le farine dentro il boccale, sbriciola il lievito e unisci la vellutata di zucca oramà tiepida, seleziona il programma panetteria e fai partire la macchina. Non c’è bisogno di aggiungere acqua, dopo un minuto aggiungi il sale e riavvia. Preleva l’impasto piegalo più volte e fallo lievitare dentro una ciotola coperta da un canovaccio, dentro il forno spento con la luce accesa fino al raddoppio, mi ci sono volute un paio d’ore. Trascorso questo tempo, sgonfia il pane, piega ancora più volte e rifai la pagnotta rotonda, legala  con un filo di spago da cucina incrociando 4 volte e ottenendo otto spicchi. Infarina il cuoci pane di Emile Henry, adagia la tua pagnotta, spennella la superficie del pane con dell’olio extra vergine d’oliva, copri con la cloque e fai lievitare ancora un’ora dentro il forno spento. La seconda lievitazione e la cottura dentro questo stampo sono un toccasana per il tuo pane. Senti ammia.

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Accendi il forno, portalo alla temperatura massima, il mio arriva a 230°C, inserisci il cuoci pane e cuoci per circa 45 minuti. Sforna elimina lo spago e fai raffreddare su una griglia. Decoralo, se vuoi con un bastoncino di legno o un rametto di rosmarino.
Proverò, la prossima volta a cuocere la zucca con un’idea di salsiccia, sfumando con del vino rosso.

(*) metti la zucca in un tegame, cuocila per dieci minuti con l’olio, un po’ di sale e le erbe aromatiche senza l’aggiunta di acqua (aggiungi acqua solo se la zucca non possiede abbastanza acqua di vegetazione). Copri con un coperchio e mescola ogni tanto. Appena sarà cotta frulla con un frullatore a immersione e metti da parte e fai raffreddare. Mescola le farine con il lievito sbriciolato, impasta con la purea di zucca fino a quando si amalgamerà, aggiungi il sale e continua a impastare fino a ottenere un impasto omogeneo, e liscio. Metti dentro una ciotola, copri con un canovaccio umido e metti a lievitare nel forno spento con la luce accesa fino al raddoppio. Circa un paio d’ore. Sgonfia l’impasto e forma il pane rotondo. Fai delle legature con uno spago da cucina incrociando quattro volte ottenendo otto spicchi, fai lievitare ancora fino al raddoppio dentro il forno spento con la luce accesa. Poi inforna in forno caldo a 200°C per 10 minuti poi abbassa la temperatura a 180° e cuoci altri 25 minuti o fino a quando il pane sarà bello dorato. Sforna e elimina lo spago prima di fare riposare il pane su una gratella.

pane di zucca_

rilassati

baguette_ farina

Se sei minimamente contrariato e hai tempo, ti consiglio di affondare le mani nella farina e preparare il pane. Ti assicuro che ti scordi tutte cose.
Compra delle farine di qualità e procurati dell’acqua minerale, se sei bravo avrai sicuramente realizzato il lievito madre e te la spirugghi anche bene con la serie di interminabili rinfreschi. Se invece sei come me accatta il lievito di birra fresco, ti verrà fuori un buon pane senza pentimenti.
Realizzare il pane in casa è una delle cose più semplici da fare ma per la quale hai bisogno anche di una buona dose di pazienza. Se poi hai l’attrezzatura che ti supporta ancora megghiu, ci mancassi. Per me che non sono un panettiere e mi avvalgo del forno di casa e non certo di uno professionale, gli strumenti di cottura in ceramica della Borgogna, Emile Henry mi assicurano un risultato perfetto.

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380 g di farina di forza e di semola rimacinato, (metà e metà) più quella del lievitino
5 g di lievito di birra
200 ml di acqua circa
5 g di sale
un cucchiaino di zucchero

Allora fai così: prepara il poolish, sciogli il lievito dentro una ciotola con 40 ml di acqua, un cucchiaino di zucchero e circa 40 g di farina. Sciogli bene, copri con un canovaccio e fai levitare mezz’ora.

lievitino

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Metti la farina dentro l’impastatrice, aggiungi il poolish e avvia la macchina. Impasta aggiungendo quasi tutta l’acqua. Aggiungi il sale e finisci di impastare con l’acqua rimasta. Poni a lievitare per 40 minuti dentro una ciotola coperta, messa dentro il forno spento con la luce accesa. Dopo la lievitazione pesa l’impasto e dividi in tre pezzature, stendi ogni pezzatura realizzando quasi una pizza ovoidale, poi arrotola a mo’ di filoncino, passa nella farina e poni dentro lo stampo per baguette, copri e fai lievitare ancora mezz’ora. Poi effettua dei tagli, le vere baguette ne hanno 5, cospargi con una manciata di farina. Inforna in forno caldo per 40 minuti a 230°C. Togli il coperchio dello stampo e fai dorare leggermente qualche minuto. Se hai domande, scrivimi, anche sulla pagina facebook di scorzadarancia, se preferisci.

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panini con l’uva

panini con l'uva _

Che ha settembre di bello?
Dai, settembre è un bel mese; la temperatura si attenua, non si scattìa più dal caldo, quello asfissiante di ‘st’agosto e per dormire ci vuole il lenzuolo per coprirti. Se ne sente l’esigenza, direi. Almeno a queste latitudini, in Friuli magari ci vorrà la copertina, certo. Scaricate d’acqua a parte, ché quando ‘u Signuruzzu dice, apre i cieli e se li scorda aperti, questo è un bel mese. Ha quel certo”non so che di flebile e soave”.

Questi paninetti rustici sono ottimi per un buffet o da gustare accompagnando un antipasto di formaggi, frutta e una gelatina di Inzolia, Se poi la gelatina te la regalano sarà ancora più buono, tutto.
La ricettuzza la trovai sul numero di Sale&Pepe di settembre del 2007, prevedeva anche 100 g di mandorle che io ho omesso, poi fai tu.
Ah, dimenticavo, con questa ricetta vecchia di 10 anni festeggio il decennale del blog!
500 g di farina più un pugno per il lievitino
250 ml di latte
7 g di lievito di birra
circa 200 g d’uva nera con acini piccoli, senza semi
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
20 g di zucchero più un cucchiaino
10 g di sale
4 rametti di rosmarino
per accompagnare, formaggi stagionati, un paio di pere e gelatina di Inzolia
Sciogli il lievito in una ciotola con 50 ml d’acqua tiepida, aggiungi un cucchiaino di zucchero e un pugno di farina, amalgama con le mani. Copri con un canovaccio e fai lievitare per mezz’ora. Trita le foglie di rosmarino molto finemente, aggiungile alla farina e impasta con il latte, l’olio e il lievitino, aggiungi il sale e realizza una palla. Poni l’impasto dentro una ciotola, copri con un canovaccio e fai lievitare fino al raddoppio. Riprendi l’impasto lavoralo per sgonfiarlo e poi suddividilo in palline da 60 g l’una. Adesso taglia ogni panetto in tre pezzi, poni un pezzo dentro una cocottina, precedentemente imburrata e infarinata, adagia due o tre acini d’uva, copri con il secondo pezzo , adagia ancora due acini d’uva e finisci con l’ultimo pezzo. Sigilla delicatamente con le mani e fai lievitare fino al raddoppio. Dopo quest’ultima lievitazione adagia qualche acino d’uva e cuoci in forno caldo a 220°C per circa mezz’ora. Sforna i panini, toglili dagli stamoi e fai raffreddare. Servi con i formaggi, le pere tagliate a fette o a dadini e la gelatina.

 

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fresco e al lime

crema di lime

Cca semu fissati, ogni volta che manciamo ‘na cosa poi ci dobbiamo levare il sapore della cosa mangiata in precedenza ingerendo un’altra cosa.
Quannera picciridda c’era sempre la zia di turno che diceva: veni picciridda mia, manciati ‘sta bedda ‘nsalata di arance cu pitrusino che ti levi ‘u sapuri d’agghia. Con questa filosofia, in Sicilia, non finiamo mai di mangiare.
Ma all’urtimata picchì, ci dico io, mi devo togliere il sapore di una cosuzza bona chi manciai? Boh!
Per non di meno ti vulìa cuntari che per un fine pasto priparai sti ducizzi; dice che il limone sgrassa la bocca e con il lime sono parenti stritti, ma mi sorge il ragionevole dubbio che la panna, invece, ingrassi e non solo la bocca.
Qualcosa mi dice chi semu punto e accapo. Non ne niscemu chiù!

75 g di burro
la scorza di grattugiata di due lime
il succo di tre lime
2 uova
130 g di zucchero di canna
un cucchiaino raso da caffè di agar agar
500 ml di panna
per guarnire:
250 g di mirtilli
foglioline di menta glaciale
la scorza di un lime
lava i lime e preleva la scorza, conservandone un terzo. Spremi il succo e mettilo da parte. Sciogli il burro in una casseruola, aggiungi il succo dei lime, i due terzi di scorza, le uova, l’agar agar e lo zucchero. Mescola con una frusta a fili e porta a un leggero bollore sempre mescolando. Fai intiepidire. Monta la panna, aggiungi la crema al lime, poco per volta e mescolando con una spatola con movimenti circolari dal basso verso l’alto, per evitare di smontare la panna. Versa un “suolo” di mirtilli sul fondo di un ramequin o di una ciotolina, distribuisci la crema e livella la superficie. Copri con un foglio di pellicola e poni in frigo per un paio d’ore. Prima di servire elimina la pellicola e distribuisci sopra una manciata di mirtilli, una spolverata di scorza di lime e qualche fogliolina di menta glaciale.

soffice e ciavurusa

brioche paoletta_fetta

Soffice e ciavurusa. Il profumo ti prende le narici e ti porta simultanenamente a pensare che se il paradiso esiste ha questo odore. C’è picca ‘i fari.
La scorza d’arancia, decisa, ti ammalia come una sirena e la ducizza della vaniglia ti cattura. Se poi hai la fortuna di addentare una fetta, chiudi gli occhi e il paradiso lo vedi. I denti affondano in un morbido impasto alveolato e duci al punto giusto, tanto che saresti indeciso se spalmarlo con un velo di confettura opuru no. Nonsi, non serve, è buono accussì, schitto. T’ha fidari di mia.
Il procedimento potrebbe sembrarti complicato, forse un po’ lungo ma questo tipo di cose voglio tempo, dedizione e amore. Comunque io sugnu ccà, se hai bisogno, scrivimi che ti supporto anche per telefono.
La ricetta l’ho copiata dal blog di Paoletta, troverai lì tutto quello che c’è da sapere sui lievitati. Devo dire che leggendo la ricetta avevo inteso che i 315 g di farina fossero totali invece l’impasto risultò essere troppo liquido. Poco male perché ho recuperato aggiungendo i 75 g alla fine. Poi, le volte successive che ho preparato questo dolcino, ho considerato una quantità di farina pari a 390 g. Lei usa un mix di farina manitoba e 00, io uso una farina di tipo 1.

per il lievitino
:
75 g di acqua
75 g di farina di tipo 1
un cucchiaino di miele
7,5 g di lievito di birra
Metti l’acqua in una piccola ciotola, sciogli il miele con il lievito sbriciolato, aggiungi la farina e mescola fino a ottenere un composto omogeneo e liscio. Lavora con le dita oppure con una spatola, decidi tu. Copri con un telo pulito e fai riposare 40 minuti, lo troverai gonfio.
per l’impasto:
315 g di farina di tipo 1
75 g di burro morbido
un uovo
un tuorlo (conserva l’albume per spennellare la superficie della brioche)
75 g di zucchero
75 g di latte
5 g di sale
i semi di una bacca di vaniglia
la scorza grattugiata di un’arancia non trattata
granella di zucchero
Metti il lievitino nell’impastatrice e con un cucchiaio di farina, cominciando a impastare a bassa velocità. Aggiungi il tuorlo e, a pioggia, 25 g di zucchero. versa un po’ di farina e poi l’uovo e lo zucchero rimasto. A questo punto alterna farina e latte, infine il sale aumentando la velocità. Quando l’impasto sarà incordato potrai inserire la scorza d’arancia, i semi della vaniglia e il burro a pezzetti. Aumenta ancora la velocità e e impasta fino a quando tutti gli ingredienti saranno assorbiti dalla massa e questa diventerà liscia e lucida. Forma una palla sulla spianatoia aggiungi poca farina se l’impasto dovesse risultare appiccicoso. Poni dentro una ciotola, copri con la pellicola e fai lievitare per 40 minuti, poi Trasferisci la ciotola in frigo per otto ore. Tira fuori la ciotola dal frigo e riporta l’impasto a temperatura ambiente, ti consiglio di toglierlo dalla ciotola e di porlo su una spianatoia di legno leggermente infarinata e di coprirlo da un telo. Ti ci vorrà un’ora circa in questa stagione. Trascorso il tempo necessario allarga l’impasto con le dita schiacciandolo e comincia a piegarlo dall’esterno verso l’interno; prendi il lembo esterno e lo pieghi al centro e fai ruotare in senso antiorario, poi continua con un altro lembo fino a quando l’avrai piegato tutto. Questo sistema di piegatura serrata carica il glutine e infittisce l’alveolatura e aiuta lo sviluppo verticale durante la lievitazione.

 

brioche paoletta_1

Imburra uno stampo da brioche da 2,5 litri, infarinalo eliminando la farina in eccesso, poni l’impasto dentro lo stampo con le piegature verso il basso, coprilo con un telo e fai lievitare in un posto riparato da correnti, direi dentro il forno spento con la luce accesa. quando l’impasto avrà raggiunto quasi il bordo, circa un dito dal limite, spennella con l’albume leggermente sbattuto, cospargi con la granella di zucchero e, se vuoi, delle mandorle a lamelle e inforna in forno caldo a 180°C per circa 45 minuti. Potrebbe servirti più tempo, ad ogni modo fai la prova stecchino prima di sfornare.
Un consiglio: durante la cottura la superficie del dolce si colorerà, quando raggiungerà un bel colore dorato copri con un foglio di carta forno fino alla cottura, eviterai di bruciarla.

brioche paoletta_2

 

risotto anzi no, farrotto

farrotto_2Per come s’appresentò la iurnata stamatina, capivi subitaneamente che  sarei riuscita a fare una carrettata di cose diverse dalle solite, il problema fu che a fine matinata mi rimasero le “solite cose” da fare…
Mizzica, quanto mi girano i cabasisi quannu il tempo mi squagghia tra le mani; quannu talìo ‘u roggiteddu e chiddu mi talia, quasi ridendo, con le due braccine in alto a segnare un tempo, oramà scaduto da spendere per ogni altra cosa  Bih, chi sulenne camurria.
E va beh, non ho il dono dell’ubiquità ma ho il Cook Expert che mi risolve un problema di gestione della cottura del pranzo. Mi calcolai 10 minuti per per il soffritto e la sfumatura del farro, impostai il programma esperto e lo salutai.
-Ciao -ci rissi- vado a fare altre cose, tra mezz’ora chiamami che vengo a mangiare.
Manco a dirlo, se hai tempo e non hai il magico mondo Magimix che t’aiuta, organizzati all’antica, fai meno cose e concentrati sul pranzo, fisicamente presente in loco; di pirsona pirsoalmente, per dirla come Catarella.

farrotto

per due cristiani:
una cipolla media di Tropea
3 zucchine medie
1/2 pompelmo rosa conserva la scorza prima di spremere il succo
120 g di farro
pepe garofanato (pimento)
50 ml di vino bianco secco
olio extra vergine d’oliva
timo limone
sale

per i ceci croccanti:
(le dosi delle spezie sono indicative, a me piacciono moltissimo quindi abbondo)
200 g di ceci cotti
un cucchiaino da caffè di curcuma
un cucchiainoda caffè di curry
un cucchiainoda caffè di zenzero
un po’ di peperoncino
un mazzetto di erbe aromatiche fresche tritate
basilico
due varietà di menta
timo limone
rosmarino
un cucchiaio d’olio extra vergine d’oliva
sale

nella bacinella d’acciaio metti la cipolla tagliata in quattro e due cucchiai d’olio. Seleziona il programma Esperto, lascia la temperatura a zero, porta la velocità a 13 e il tempo a un minuto. Mi piace che la cipolla tritata rilasciando l’acqua di vegetazione si emulsioni con l’olio realizzando una cremina. Porta la velocità 3, aggiungi il valore 110 alla temperatura e imposta il tempo a tre minuti. appena suona il segnale acustico aggiungi il farro e fai tostare per tre minuti velocità 2A temperatura 110. aggiungi il vino e sfuma con gli stessi valori di prima per tre minuti, senza tappo. Mi piace fare evaporare la parte alcolica.
A ‘sto punto, aggiungi le zucchine tagliate a cubetti l’acqua e il succo del pompelmo, sala leggermente, chiudi il coperchio con il tappo e imposta la velocità 2A, tempo 30 minuti, 110°C.
Prepara i ceci, devono essere ben scolati e asciugati, li poni dentro una ciotola con un cucchiaio d’olio, mescola bene e poi aggiungi le spezie, le erbe aromatiche tritate finemente e il sale. Distribuisci in una teglia foderata con carta forno, in un unico strato. Inforna a 200°C per 30 minuti.
Quando il farro è cotto lascia riposare un minuto, dai una grattatina di pepe garofanato macinato al momento, aggiungi la scorza del pompelmo, aggiusta di sale e manteca con un cucchiaio d’olio extra vergine d’oliva, mescola e disponi dentro il piatto. Per finire aggiungi i ceci croccanti, sparpaglia qua e la qualche fogliolina di timo limone e il gioco è fatto.

una ricetta non è solo una ricetta

teglia di verdure

Mentre preparavo ‘sta -semplice- teglia di verdure pensavo che sovente, quannu ti spiu ‘na ricetta, trascrivo il processo della preparazione con le diverse successioni, senza cuntariti tutte cose. Do per scontato che tu abbia un minimo di conoscenze culinarie, in base alle quali sai giostrarti durante le diverse fasi. In definitiva, ti consegno una spiegazione carente, omettendo cose, date per sottintese e, se non hai dimestichezza ai fornelli, potresti avere qualche problema. Sappi però che, per tutte le cose non dette per esteso, rimandate o implicite, io sugnu sempre cca, disponibile a cuntariti tutto quanto ti occorre per preparare un piatto, la cui ricetta – o presunta tale- sia  contenuta all’interno di questo diario.

Ora che mi misi l’anima in pace, auto assolvendomi dal peccato di imperfezione, ti pozzu cuntari che mi vinni n’autra pinsata, mentre affettavo le verdure.

Se vabbè -mi dissi parrannu, tra me e me- se ci cuntu la ricetta di ‘sta teglia di verdure, minimo minimo, me la tira in testa, picchì chista che è ‘na ricetta?

Ebbene, sai chi ti ricu?

Una ricetta non è solo una ricetta
…Che dissi, una minchiata?

Nzù! Picchì, se talii bonu e ci fai caso, alla fin fine, tutti quelli che parramu di cibo, proviamo a far vivere un rituale, spingiamo questa moda legata al cibo sulla passerella inondata di luci, manco fussi ‘na sfilata, coinvolgendoti come in un’esperienza sensoriale.  Come ti dissi l’autru jornu mangiare non è un bisogno alimentare, oramà è una rappresentazione sociale. E’ teatro, né più e né meno. Sceneggiatori, attori, scenografie e palcoscenico entrano in scena, interpretando un ricordo, proponendo un sapore che lega come un filo rosso e poi s’intreccia coi pensieri chiusi nei cassetti della memoria.
Quannnu dicidi di preparare quel piatto che ti solletica la vista accade una magarìa che profuma, che solletica le narici come un incanto. E quando meno te l’aspetti il dejavu arriva a timpulata, ‘u ciavuru s’insinua nella testa e cadi a piè pari dentro il fosso dei ricordi.

teglia di verdure_saturazione

Non mi resta da cuntarti i passaggi che si susseguono per realizzare questa bella teglia di verdure. Amunì, pigghia un pizzinu.
per 6 persone
una teglia in ceramica rettangolare 29×25

1 Kg di patate sbucciate
500 g di zucchine
2 scalogni o una cipolla bianca
3 pomodori cuore di bue
una manciata di olive nere snocciolate
4 rametti di rosmarino
olio extra vergine d’oliva
sale
pepe

Lava le patate, affettale con un robot o con una mandolina realizzando fette di 4 mm di spessore, mettile a bagno in acqua fredda per circa mezz’ora poi sciacquale e asciugale. Ponile dentro una ciotola capiente e condiscile con sale, pepe e olio; mescola con le mani per assicurarti che siano ben condite. Distribuisci le rondelle di patata “di taglio” dentro la teglia, unta leggermente. Per non impazzire usa una carota posta ortogonalmente alle fette, in modo da mantenere in forma le rondelle, ti consiglio di lasciarla durante la cottura.
Inforna in forno caldo, portato a una temperatura di 190°C , cuoci mezz’ora e nel frattempo prepara le altre verdure.
Affetta le zucchine a 4 mm dopo averle lavate, asciugate e spuntate; condiscile dentro la solita ciotola nel medesimo modo descritto in precedenza. Tira fuori la teglia e senza bruciarti –ppì carità- disponi le zucchine in sequenza. Mantieni la forma aiutandoti con la carota. Affetta i pomodori, condiscili e, se il loro diametro dovesse essere troppo grande per l’ordine della teglia, tagliali a metà e disponili di taglio sempre dopo averli conditi nella ciotola con olio, sale e pepe. Affetta lo scalogno e inseriscilo tra i pomodori e le patate, decora con il rosmarino e le olive; inforna ancora per circa 15, 20 minuti o fino a quando pensi che il livello di cottura delle verdure sia di tuo gradimento. Io preferisco sentire sotto i denti la consistenza delle zucchine e anche dei pomodori, proseguire la cottura significa, per me, avere una consistenza troppo molle. Ma come si dice? Gusti sono!

 

 

un dolce alla salute

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ho trovato un dolcino senza glutine e senza zucchero, a base di sola frutta, buono da fare impallidire puru ammia ca sugnu abbronzata. Il libro dal quale ho desunto la ricetta è stato scritto dal mio amico Marco Orsini, ambasciatore Magimix. Trovi tutti i riferimenti qui.
Se affondi il naso tra quelle pagine resterai affascinato da 50 ricette semplici che ti appassioneranno. Con Duo Plus XL Magimix io ho l’opportunità di organizzare un pasto completo in modo sano.
La ricetta è di una semplicità disarmante, non ci vuole chissà quale laurea o master chef di turno.
Mi credi? Leggi qua:
per 4 piccoli aspic ti servono due mele gialle
200 g di lamponi freschi
un cucchiaino di agar agar in polvere
qualche foglia di menta
Lava e asciuga le mele, tagliale a metà e inseriscile nella bocca di carico del Juice Expert. Accendi la macchina ed estrai il succo dentro una casseruola; metti sul fuoco con l’agar agar mescola e porta a bollore. Suddividi i lamponi dentro 4 stampini, versa il succo di mela caldo e fai raffreddare prima di mettere in frigo a fare rassodare per almeno un’ora prima di servire.
Estrai gli aspic con delicatezza dai loro alloggiamenti, disponi su piatti singoli decorando, se ti piace con lamponi freschi e foglie di menta.

Poi mi cunti.

aspic lamponi e succo di mela rescaspic_res 2

triscele

Che dicevo? AH si, mi ponevo il dilemma di Bufalino. Quante Sicilie? Lui diceva che sono tante, addirittura cento. Un numero che, secondo me, non vuol dire niente, matematicamente parlando; un titolo forse, da dare a un bellissimo libro.
Nondimeno, sono qua, in questa moltitudine di aspetti, di facce, di magarie in un palinsesto straordinario; l’isola nell’isola, abbacinata da una luce esagerata, fortissima. Una perla d’acqua salata al centro del mediterraneo, nuda, spontanea, vera. Modellata dai mari, dal vento, dalla pioggia, dal sole, dagli stranieri e dal languore di noi siciliani.
Io innamorata sono di questo posto, esattamente come lo sono tutti quelli che, nati qui, sono andati via, fuori, lontano; sono quelli che poi tornano sempre per ritrovare cose, luoghi, storie, simboli e persone o, addirittura, se stessi.
Di simboli da queste parti ne puoi scovare a bizzeffe -ancora alla ricerca di un numero? Uno fra tanti è il triscele che a sua volta contiene in esso diversi significati compreso “la potenza del numero tre”. Gli è stato attribuito anche un valore geografico, almeno qui da noi, associandolo alla Trinacria.
Lo conosci? Talè, è bellissimo! Un vortice a tre spirali che dal centro, sotto la faccia della Gorgone, s’impirugghiano su loro stesse; se lo fanno da destra verso sinistra, come viene rappresentato nella bannera della Sicilia, viene a significare il catamiarsi delle energie, dall’interno verso l’esterno, la rivelazione di cose belle, positive, forti. Se invece lo fanno da sinistra verso destra, trattasi di cose tinte, la calata nel regno degli inferi. Matri mia, che paura!
Delle cose tinte non vogghiu parrari, piccarità. Parramu, invece, di cose belle come questo Triscele di Purpiceddu

polpo triscele_res

polpo tri_res3

Triscele di polpo arrostisto e patate viola
per due cristiani:
un polpo da mezzo chilo decongelato
300 g di patate viola o quelle che ti piacciono di più
aglio se ti piace
rosmarino
timo
sale
pepe
olio extra vergine d’oliva

Pulisci il polpo, togli gli occhi, il becco e pulisci la testa al suo interno. Lavalo sotto l’acqua corrente e calalo per tre volte in una pentola con l’acqua bollente, fallo cuocere mezz’ora, spegni il fuoco e fai raffreddare nella sua acqua di cottura. Occorreranno delle ore, niente ci fa, ne vale la pena.nel frattempo pela le patate tagliale a cubetti nichi, se hai il robot multifunzione Magimix usa l’accessorio “cubetti & bastoncini” otterrai cubetti perfetti in un secondo da un cm.
mettile in una ciotola, condiscile con il sale, il pepe e le erbe aromatiche. Mescola e disponi, in un solo strato, su una teglia foderata con carta forno. Inforna a 200°C per circa 40 minuti o fino a quando le patate saranno cotte.

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Affetta i tentacoli del polpo, lasciandoli interi e affetta il corpo e la testa. Arroventa una piastra in ghisa e arrostisci il polpo, pochi minuti per ogni lato, regala quella crosticina dorata alla carne.
Impiatta mettendo, al centro del piatto, un cumulo di patate e parte del corpo del polpo, finisci, adagiando sopra i tentacoli, a guisa di un vortice, se ti piace.
E dopo mi cunti.

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