panini con l’uva

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Che ha settembre di bello?
Dai, settembre è un bel mese; la temperatura si attenua, non si scattìa più dal caldo, quello asfissiante di ‘st’agosto e per dormire ci vuole il lenzuolo per coprirti. Se ne sente l’esigenza, direi. Almeno a queste latitudini, in Friuli magari ci vorrà la copertina, certo. Scaricate d’acqua a parte, ché quando ‘u Signuruzzu dice, apre i cieli e se li scorda aperti, questo è un bel mese. Ha quel certo”non so che di flebile e soave”.

Questi paninetti rustici sono ottimi per un buffet o da gustare accompagnando un antipasto di formaggi, frutta e una gelatina di Inzolia, Se poi la gelatina te la regalano sarà ancora più buono, tutto.
La ricettuzza la trovai sul numero di Sale&Pepe di settembre del 2007, prevedeva anche 100 g di mandorle che io ho omesso, poi fai tu.
Ah, dimenticavo, con questa ricetta vecchia di 10 anni festeggio il decennale del blog!
500 g di farina più un pugno per il lievitino
250 ml di latte
7 g di lievito di birra
circa 200 g d’uva nera con acini piccoli, senza semi
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
20 g di zucchero più un cucchiaino
10 g di sale
4 rametti di rosmarino
per accompagnare, formaggi stagionati, un paio di pere e gelatina di Inzolia
Sciogli il lievito in una ciotola con 50 ml d’acqua tiepida, aggiungi un cucchiaino di zucchero e un pugno di farina, amalgama con le mani. Copri con un canovaccio e fai lievitare per mezz’ora. Trita le foglie di rosmarino molto finemente, aggiungile alla farina e impasta con il latte, l’olio e il lievitino, aggiungi il sale e realizza una palla. Poni l’impasto dentro una ciotola, copri con un canovaccio e fai lievitare fino al raddoppio. Riprendi l’impasto lavoralo per sgonfiarlo e poi suddividilo in palline da 60 g l’una. Adesso taglia ogni panetto in tre pezzi, poni un pezzo dentro una cocottina, precedentemente imburrata e infarinata, adagia due o tre acini d’uva, copri con il secondo pezzo , adagia ancora due acini d’uva e finisci con l’ultimo pezzo. Sigilla delicatamente con le mani e fai lievitare fino al raddoppio. Dopo quest’ultima lievitazione adagia qualche acino d’uva e cuoci in forno caldo a 220°C per circa mezz’ora. Sforna i panini, toglili dagli stamoi e fai raffreddare. Servi con i formaggi, le pere tagliate a fette o a dadini e la gelatina.

 

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soffice e ciavurusa

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Soffice e ciavurusa. Il profumo ti prende le narici e ti porta simultanenamente a pensare che se il paradiso esiste ha questo odore. C’è picca ‘i fari.
La scorza d’arancia, decisa, ti ammalia come una sirena e la ducizza della vaniglia ti cattura. Se poi hai la fortuna di addentare una fetta, chiudi gli occhi e il paradiso lo vedi. I denti affondano in un morbido impasto alveolato e duci al punto giusto, tanto che saresti indeciso se spalmarlo con un velo di confettura opuru no. Nonsi, non serve, è buono accussì, schitto. T’ha fidari di mia.
Il procedimento potrebbe sembrarti complicato, forse un po’ lungo ma questo tipo di cose voglio tempo, dedizione e amore. Comunque io sugnu ccà, se hai bisogno, scrivimi che ti supporto anche per telefono.
La ricetta l’ho copiata dal blog di Paoletta, troverai lì tutto quello che c’è da sapere sui lievitati. Devo dire che leggendo la ricetta avevo inteso che i 315 g di farina fossero totali invece l’impasto risultò essere troppo liquido. Poco male perché ho recuperato aggiungendo i 75 g alla fine. Poi, le volte successive che ho preparato questo dolcino, ho considerato una quantità di farina pari a 390 g. Lei usa un mix di farina manitoba e 00, io uso una farina di tipo 1.

per il lievitino
:
75 g di acqua
75 g di farina di tipo 1
un cucchiaino di miele
7,5 g di lievito di birra
Metti l’acqua in una piccola ciotola, sciogli il miele con il lievito sbriciolato, aggiungi la farina e mescola fino a ottenere un composto omogeneo e liscio. Lavora con le dita oppure con una spatola, decidi tu. Copri con un telo pulito e fai riposare 40 minuti, lo troverai gonfio.
per l’impasto:
315 g di farina di tipo 1
75 g di burro morbido
un uovo
un tuorlo (conserva l’albume per spennellare la superficie della brioche)
75 g di zucchero
75 g di latte
5 g di sale
i semi di una bacca di vaniglia
la scorza grattugiata di un’arancia non trattata
granella di zucchero
Metti il lievitino nell’impastatrice e con un cucchiaio di farina, cominciando a impastare a bassa velocità. Aggiungi il tuorlo e, a pioggia, 25 g di zucchero. versa un po’ di farina e poi l’uovo e lo zucchero rimasto. A questo punto alterna farina e latte, infine il sale aumentando la velocità. Quando l’impasto sarà incordato potrai inserire la scorza d’arancia, i semi della vaniglia e il burro a pezzetti. Aumenta ancora la velocità e e impasta fino a quando tutti gli ingredienti saranno assorbiti dalla massa e questa diventerà liscia e lucida. Forma una palla sulla spianatoia aggiungi poca farina se l’impasto dovesse risultare appiccicoso. Poni dentro una ciotola, copri con la pellicola e fai lievitare per 40 minuti, poi Trasferisci la ciotola in frigo per otto ore. Tira fuori la ciotola dal frigo e riporta l’impasto a temperatura ambiente, ti consiglio di toglierlo dalla ciotola e di porlo su una spianatoia di legno leggermente infarinata e di coprirlo da un telo. Ti ci vorrà un’ora circa in questa stagione. Trascorso il tempo necessario allarga l’impasto con le dita schiacciandolo e comincia a piegarlo dall’esterno verso l’interno; prendi il lembo esterno e lo pieghi al centro e fai ruotare in senso antiorario, poi continua con un altro lembo fino a quando l’avrai piegato tutto. Questo sistema di piegatura serrata carica il glutine e infittisce l’alveolatura e aiuta lo sviluppo verticale durante la lievitazione.

 

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Imburra uno stampo da brioche da 2,5 litri, infarinalo eliminando la farina in eccesso, poni l’impasto dentro lo stampo con le piegature verso il basso, coprilo con un telo e fai lievitare in un posto riparato da correnti, direi dentro il forno spento con la luce accesa. quando l’impasto avrà raggiunto quasi il bordo, circa un dito dal limite, spennella con l’albume leggermente sbattuto, cospargi con la granella di zucchero e, se vuoi, delle mandorle a lamelle e inforna in forno caldo a 180°C per circa 45 minuti. Potrebbe servirti più tempo, ad ogni modo fai la prova stecchino prima di sfornare.
Un consiglio: durante la cottura la superficie del dolce si colorerà, quando raggiungerà un bel colore dorato copri con un foglio di carta forno fino alla cottura, eviterai di bruciarla.

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i colori del cioccolato

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di cioccolato mi vestirei, in tutte le tonalità del suo “choctone“; una camicia con la manica a trequarti cioccolato bianco, una gonna retta, che lasci leggermente scoperto il ginocchio, cioccolato al latte e un paio di décolleté Mary Jane tacco a spillo e cinturino alla caviglia cioccolato fondente extra dark, senza calze perché il cioccolato sa essere caldo d’inverno e freddo d’estate.
Di sicuro, dovrei girare con un borsone con almeno un cambio, come i nutrichi, picchì durante la giornata, mi mancirìa i vestiti, scarpe comprese.
Il cioccolato è sensuale, ma anche nostalgico; un muzzicuni a una tavoletta o una cucchiaiata di calda e “scioglievolissima” crema riuscirebbe a trascinarti indietro nel tempo ma anche molto avanti emozionando e ingolosendo.
Ho letto che il cioccolato può essere  considerato una droga, che detto così pare una cosa terribile, ma in realtà è una cosa meravigliosa.
Ecco, una ricetta in cui il cioccolato ha diverse sfaccettature è quella che segue. Se provi ad assaggiare una torta Caprese resti affascinato, t’innamori perdutamente e, nei cassetti della memoria, ti resta indelebile il sapore come del primo bacio. Fuori un guscio che resiste alla forchetta e dentro un cuore morbido. Prova!

Questa è una ricetta di torta Caprese, ovviamente non me ne vogliano i campani se non ho ricercato la vera ricetta ma quella che per me sembrava la più buona e che poi alla fin fine ho pure leggermente modificato, comunque la sostanza non cambia.
Di facilissima esecuzione, realizzala e poi mi cunti.

– 170 g di burro e un po ‘di più per ungere lo stampo.
– 200 g di cioccolato fondente di ottima qualità.
– 4 uova medie.
– 160 g di zucchero di canna
– 200 g di mandorle pelate, tritate finemente.
-zucchero a velo per la finitura

cioccolato

riscalda il forno e portalo a 180 gradi, imburra e infarina una teglia di 22 cm di diametro.
Trita il cioccolato a coltello, mettilo dentro  un contenitore resistente al calore e poi dentro un bagnomaria  insieme con il burro tagliato a pezzetti; lascia raffreddare.
Sbatti le uova con lo zucchero fino a quando il composto diventerà bianco e avrà raddoppiato il suo volume iniziale, dai dieci ai 15 minuti.
Aggiungi le mandorle tritate al miscuglio di burro e cioccolato e con delicatezza ingloba le uova sbattute, poco alla volta e con movimenti circolari dal basso verso l’alto. Riempi la teglia e inforna per circa 30 minuti. Come al solito verifica la cottura con uno spiedino, quando lo tiri fuori dal centro della torta NON deve essere asciutto e pulito ma deve avere la giusta umidità. Sforna il dolce e fallo raffreddare nella teglia, poi sformalo su una gratella per dolci e fallo raffreddare completamente. Trasferiscilo su un piatto da portata, così capovolto, e cospargi lo zucchero a velo.

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quante Sicilie?

 

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L’Isola nella quale sono nata è di una vastità disarmante. Se viaggi tutto intorno o ci passi attraverso ti chiedi, istintivamente, “quante Sicilie ci sono?” Uh!
Se vivi sulla costa, comu a mia, ti pare che senza mare non puoi campare; il clima è temperato, molto caldo a volte, t’arricrii comu si fussi sempre in vacanza. L’entroterra invece cangia assai: tu che nascisti ddà, in uno dei borghi siculi, abbarbicati  sulle montagne che si innevano durante l’inverno, potresti anche non avere mai visto il mare, dico per assurdo.
Attia che leggi, se mai ti venisse in mente di approdare sull’Isola, in qualunque aeroporto, in una bella giornata di sole, magari a primavera, prova a tagghiari  il territorio percorrendo la Palermo Catania. Passeresti su per i monti Erei che non sono tra i più alti ma sono sicura al 200% che resteresti alluccutu. Non si può capire lo spettacolo al quale s’assiste passandoci attraverso, è commovente. Intanto, appena lassi la costa e t’addentri, ti pare che stai lassannu la vita e ti chiedi: cosa succede adesso? Cominci ad acchianari, dapprima leggermente poi sempre più in alto e la pianura diventa collina e il verde pennellato sui versanti è meraviglioso. Bello, veramente.
Io, che sono ambasciatrice Emile Henry per la Sicilia, viaggio tutt’attorno o nel mezzo dell’Isola e devo dire che questa terra mi sorprende sempre.

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250 g di semola di rimacinato
350 g di farina di grano tenero di tipo 2
un cucchiaio d’olio extra vergine d’oliva
10 g di lievito di birra fresco
13 g di sale
350 ml di acqua circa
30 ml di sciroppo d’acero
semi misti la finitura; semi di papavero, semi di zucca, semi di lino, semi di sesamo

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mescola le farine con il lievito sbriciolato, l’olio e lo sciroppo d’acero. Comincia a impastare aggiungendo l’acqua poco per volta e il sale.  Lavora l’impasto fino a ottenere un composto liscio e omogeneo; realizza una palla che porrai a lievitare dentro una ciotola leggermente infarinata. Copri con un canovaccio pulito e poni dentro il forno spento con la luce accesa per circa un’ora o fino a quando raddoppierà il suo volume iniziale.
Imburra lo stampo da pane in cassetta, cospargi di farina eliminando quella in eccesso e metti da parte. Recupera l’impasto, lavoralo un po’ sulla spianatoia. Versa i semi sul piano di lavoro, bagnati le mani, passale sull’impasto e poi rotolalo sui semi premendo leggermente per farli aderire.  Adagia il composto dentro lo stampo facendo una leggera pressione per adattarlo alle pareti, chiudi col coperchio e fai lievitare per circa 50 minuti. Accendi il forno a 230°C, cuoci il pane per circa 45 minuti. Sforna e fai raffreddare qualche minuto dentro lo stampo e poi sformalo delicatamente. Fai raffreddare completamente prima di affettarlo.

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n’addivittemmu!

guarda il video -Metti una cena in vetrina con “Palermo al contrario”spazio c_1

L’ho detto? Si, l’ho detto in tutte le salse; in Sicilia non siamo abituati al freddo, pochi giorni ci fanno andare fuori di testa.

-Ma siamo a febbraio, inverno quindi freddo!
-E va beh, lo capisco, ma non siamo abituati, che ti devo dire?

Non siamo abituati neanche a più di un giorno di pioggia, male che vada ci accolliamo quella pioggerellina attipo assuppaviddano, perfetta per le colture. Giriamo per le strade senza paracqua, tanto non serve, siamo convinti che affaccerà il sole da un momento all’altro. Io ho sempre gli occhiali da sole inforcati; quando si dice l’ottimismo…
Ma tutta ‘sta pioggia che è caduta sull’Isola, no, ci ha destabilizzato, ci convinciamo di non potercela fare; non siamo neppure attrezzati. Le fognature tutta ‘st’acqua non l’hanno vista mai, anche picchì s’attuppano per le tonnellate di aghi di pino e foglie di varia natura che poi galleggiano sull’acqua trasformando le strade in fiumi equatoriali. Ci vogliono quattro ruote attipo SUV (vedi che servono?), a piedi sono obbligatori gli stivali alti dei pescatori.
Diciamolo, viviamo in città in cui non è previsto ‘u malu tempu, solo sole, animi rilassati e schiticchi a tinchitè.
Allora niente facciamo? N’organizzamu!

spazio cooking
Ecco, manco a farlo apposta, a Palermo ha aperto uno spazio favoloso, Spazio Cooking si chiama, dove si coniuga la sensazione di casa con la comodità che poi qualcuno metterà a posto al posto tuo. Chistu ficimu l’autra sira. Eravamo dieci; gli amici blogger di Palermo al Contrario, il mio sposo e io, abbiamo prenotato uno dei tre spazi disponibili completo di cucina, attrezzatura varia, una sala con un tavolo e mise en place. Ficimu ‘a spisa, ma potresti fartela fare da loro se non hai tempo. N’arricampammu all’ora convenuta, e nnì misimu all’opera.

tavola

Amunì, mentre inforno il pane chi arrotola i cornetti di pasta sfoglia con pere e parmigiano?

Mizzica in dieci cristiani ci sunnu 20 brazza ‘i mari che si adoperano per realizzare anche le sicarette di pasta phyllo abbrazzate a fettine di prosciutto crudo; uno spettacolo! Mentre io cuocevo i vermicelli al vino rosso un ciavuru paradisiaco ci affatava e nel frattempo con un calice di Syrah in mano qualcuno immortalava questi momenti di condivisione allo stato puro.

calici

spaghetti al vino

-…Ma, e di secondo?
-Uddiu, chi stende la pasta brisée per la quiche lorraine?

quiche lorraine
Il forno ha lavorato tantissimo, l’abbiamo stressato fino all’ultimo cuocendo anche una crostata di mele e marmellata di arance. poi, felici, n’assittammu e ficimu ‘u schiticchiu!

crostata fetta
La cosa bella di ‘sto posto? Poi ti alzi e te ne vai.

noi spazio cooking

 

il grano antico che fa la differenza

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Piccamora, quando vai in alcune pizzerie attente al cliente, alle intolleranze, alle mode, trovi anche la pizza senza glutine e quella realizzata con farine diverse, farine di grano duro di grani antichi. Questa è una gran bella moda evè? Quella del revival mi piace assai, ma tanto tanto.
La farina di grano tenero, quella bianca per intenderci, è ricavata da un grano prodotto in maniera massiva e modificato per renderlo immune alle avversità naturali. E’ poverissimo dal punto di vista nutrizionale mentre invece il grano duro contiene pure più proteine e il fatto che in Sicilia ci sono ben 52 varietà di grani antichi autoctoni mi rende orgogliosa, una volta di più.
per due pizze
100 g di farina di grano duro antico, siciliano Russello semi integrale
200 g di semola di rimacinato
200 ml circa di acqua
4 g di lievito di birra
un cucchiaino di zucchero
un cucchiaio d’olio
6 g di sale

per farcire
quello che vuoi tu, io ho usato:
qualche cucchiaio di salsa di pomodoro
100 g di scamorza
rucola
scaglie di parmigiano
pesto di pistacchio
100 g di formaggio svizzero originale
mortadella o prosciutto cotto
Impasta la sera prima se puoi e metti l’impasto ottenuto, con il procedimento  che ti racconterò, nella parte bassa del frigo.
Nell’impastatrice metti le farine, il lievito sbriciolato, lo zucchero e l’olio. Fai partire la macchina oppure mescola a mano e poi cominci ad aggiungere l’acqua, poca alla volta impastando. Verso la fine aggiungi il sale e completa l’impasto. Verifica l’assorbimento dell’acqua da parte della farina, te ne potrebbe servire di più o di meno, comunque l’impasto deve essere molto idratato, appiccicoso al tatto. Fai lievitare tutta la notte in frigo; tira fuori dal frigo la ciotola un paio d’ore prima di stendere l’impasto, mettilo sulla spianatoia, manipolalo su una spolverata di farina d’appoggio e poi dividilo in due.
Nel frattempo accendi il forno a 230-250°C se hai il Pizza Stone mettilo nella parte bassa del forno leggermente infarinato. In caso contrario usa una teglia comune leggermente oleata sulla quale adagerai la pizza e la cuocerai nel modo classico.
Fai riposare mezz’ora l’impasto diviso in due e poi stendi un panetto per ricavare una pizza rotonda, allargala bene e condiscila con quello che hai scelto. Io ho messo la salsa di pomodoro, ho infarinato una pala di alluminio, con un movimento deciso l’ho inserita sotto la pizza per trasferirla nel pizza stone posto dentro il forno caldo. In pochi minuti l’impasto comincia a gonfiare sui bordi come in pizzeria, uguale uguale. Merito della botta di calore che riceve la pasta a contatto con la pietra bollente nel forno. Una magia meravigliosa!
Quando il fondo della pizza è dorato, distribuisci la scamorza tagliata a pezzetti e falla sciogliere per qualche minuto. Tira fuori la pizza distribuisci la rucola, un giro d’olio crudo e le scaglie di parmigiano.
Nell’altra pizza ho messo il pesto di pistacchio, infornato e poi aggiunto lo svizzero e il prosciutto. Se hai la mortadella mettila dopo la cottura, è più buona e non si sciupa.
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l’ipnosi della sfogliatura

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Per realizzare certe prelibatezze ci vuole farina, burro, zucchero e olio di gomito, ho detto a Carlotta ieri l’altro. Lei, distrattamente, tira su gli occhi dal libro sul quale stava studiando la lezione per il giorno dopo, mi guarda e mi chiede con assoluta naturalezza: “dove lo trovi l’olio di gomito, mamma?”
Non ti nascondo che un po’ mi veniva da ridere, sembra quasi un nuovo olio, tipo quello di palma, da bandire o esaltare a seconda della moda del momento.

Realizzare i croissant sfogliati al burro è sempre stato un mio desiderio, sono stata a Parigi una volta e non ti nascondo che ci lassai ‘u cori. Una siciliana a Parigi s’innamora c’è picca i fari.

parigi
La magia è veramente palpabile, si tocca, si ciavura nell’aria, si calpesta con gentilezza sul ciglio della strada, nella metropolitana, nelle pozzanghere che riflettono la bellezza pure ‘nterra. Per non parlare dei tetti. Acchiani su una qualunque terrazza e vedi uno spettacolo inenarrabile, come lo racconti? Quell’aria rarefatta di gennaio, mese freddissimo d’aggigghiari, un colore del cielo misto, dal giallo cangiante all’azzurro passando dalle sfumature intermedie, l’imponenza della torre Eiffel in lontananza e  i tetti romantici, mansarde bombate, finestrate o spioventi con piccole aperture tonde, e camini, tanti camini fumanti che si stagliano sul cielo della Ville Lumiere.
Parigi è Parigi, ci devi andare per comprendere pienamente.

Va beh provo a tornare con i piedi per terra per raccontarti questa esperienza della sfogliatura, la ricetta che ho scelto è di Gabila Gerardi, desunta dal suo bel blog “Pane dolce al cioccolato” una sicurezza assoluta, anzi vai da lei per la ricetta completa, io ho apportato qualche modifica.
Ti dicevo dell’ipnosi nel titolo, olio di gomito a parte, che trovi nel cassetto della forza di volontà per lavorare l’impasto, si innesca una sorta di trance nella quale i movimenti ripetitivi, lenti e precisi convogliano la totale concentrazione in quei tre giri di pieghe favorendo la coscienza di te stesso e una suggestione, intesa come fascino e seduzione, che ti spinge a uno stato che rasenta la maieutica. Funziona di sicuro se sei un tipo ricettivo e possiedi un pensiero creativo ben disposto all’incanto e alla bellezza, provaci.

Croissant sfogliati con farina integrale e miele.

Per l’impasto
prima fase
725 g di farina di forza 300/350 W
400 g di farina integrale
25 g di lievito di birra fresco
155 g di zucchero di canna zefiro
5 g di malto diastassico
10 g di sale
225 g di latte
seconda fase
10 g di sale
325 g di acqua
75 g di burro
Per le pieghe
500 g di burro
Per la finitura
miele o zucchero a velo
1 uovo
comincia 12 ore prima, io ho cominciato la mattina. Mescola gli ingredienti della prima fase. Se usi il Cook Expert ti consiglio di fare metà dose per evitare di sforzare il motore. Aziona la macchina modalità esperto velocità 6, per mescolare e poi aggiungi poco alla volta l’acqua. A questo punto unisci il burro morbido e fai assorbire completamente. Infine aggiungi il sale. Fare lavorare ancora, fino a quando l’impasto lucido si è amalgamato. Se usi una planetaria lavora l’impasto nella stessa modalità aspettando che si incordi attorno al gancio a uncino. Trasferisci su una spianatoia, amalgama l’impasto e ponilo a lievitare dentro una ciotola pulita, copri con la pellicola e metti nella parte bassa del frigorifero a 4°C per almeno 12 ore.prepara il burro per la sfogliatura, tiralo fuori dal frigo e, munisciti di un termometro per alimenti. E’ fondamentale che la temperatura del burro sia, indicativamente, di 15°C, è importante che non scenda mai al di sotto di questa. Prendi un foglio di carta forno, poggia il panetto di burro e copri con un altro foglio di carta forno, con l’aiuto di un matterello stendi il burro formando un rettangolo abbastanza regolare; lo spessore del burro dovrà essere abbastanza simile a quello dell’impasto circa un cm. Piega i bordi della carta da forno per realizzare un pacchetto e rimetti in frigo  quel tanto che ti servirà per stendere l’impasto e ripristinare la temperatura interna di 15°C. Trascorse le 12 ore recupera l’impasto, infarina leggermente la spianatoia e e stendilo formando un rettangolo alto e spesso quanto il pacchetto di burro che hai già steso in precedenza con una larghezza pari al doppio del panetto. Elimina la carta forno, adagia il panetto al centro dell’impasto lasciando 1/3 di impasto libero a destra e 1/3 a sinistra. Sigilla il panetto di burro chiudendolo all’interno dello scrigno di impasto. Fai attenzione che la pasta si congiunga a filo e non si accavalli. A questo punto il pastello sarà pronto per essere sfogliato.Adesso è il momento delle girate, tre serie di pieghe che hanno lo scopo di uniformare l’impasto, di fonderlo insieme sovrapponendo impasto e burro in vari strati.

  • Prima piega: infarina di nuovo la spianatoia  e stendi l’impasto  nel senso della lunghezza fino a raggiungere lo spessore  di circa 2 cm. A questo punto Gabila fa una notazione dicendo che ” se la temperatura del burro sarà di 15°C e quella dell’impasto di 4°C la sfogliatura sarà perfetta, diversamente il burro si spezzerà  e in fase di cottura verrà fuori dal cornetto”, quindi occhio alle temperature dei due prodotti.
    Piega un lembo dell’impasto verso la mezzeria del rettangolo. prendi l’altro lembo e ripiegalo sugli altri due. Ruota la pasta di un 90° in modo da avere il lato corto verso di te e con il dorso delle pieghe verso sinistra.
  • Seconda piega: procedi come per la prima piega copri con la pellicola il panetto e metti in frigo per mezz’ora.
  • Terza piega: tira fuori il panetto dal frigo procedi come sopra, copri con la pellicola e rimetti l’impasto in frigo per un’ora ancora.A questo punto il panetto è pronto per essere steso, per formare le pezzature e la lievitazione finale. Ti servirà una spianatoia grande, spolvera con un po’ di farina e stendi l’impasto nel senso della lunghezza  fino a ottenere un rettangolo di circa 55×25 cm dello spessore di 3 mm circa. Incidi la pasta formando dei triangoli isosceli con una base che misuri 8 cm che taglierai al centro per un cm. Arrotola i cornetti dalla base verso la punta allungando l’impasto. La punta dovrà rimanere sotto il cornetto per mantenere la forma sia durante la lievitazione che nella fase di cottura. Otterrai 16 cornetti.A questo punto puoi decidere di surgelare i cornetti mettendoli su un vassoio rivestito di carta forno, coperti da una pellicola, al momento dell’ultilizzo li tiri fuori e li fai scongelare in frigo e poi li fai lievitare a temperatura ambiente. Nel caso tu voglia cuocerli subito, poni i cornetti formati su una placca foderata con carta forno ben distanziati tra loro, copri con un foglio di pellicola e fai lievitare per un paio d’ore in un luogo al riparo da correnti di aria fredda. Dovranno raddoppiare il loro volume iniziale. Prima della cottura sbatti l’uovo con qualche goccia di latte e spennella sulla superficie dei croissant, inforna a 220°C per 5-6 minuti poi abbassa la temperatura a 190°C e prosegui la cottura per 10 minuti ancora. Per la cottura, come sempre ti ricordo che dovrai basarti sulla conoscenza del tuo elettrodomestico.  Comunque i cornetti saranno cotti quando avranno assunto una colorazione dorata. Servi il croissant tiepido con una velatura di miele oppure spolverato con lo zucchero a velo.
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la brioscia francisi

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…e lo so, ti stancasti di sentire sempre la stessa solfa, ma che posso farci?
Ho la possibilità, enorme, di prendere spunti indietro nel tempo e associare i Paesi più diversi a questa mia Isola. Comodo no?
Alla fin fine tutto il passìo che ci fu da queste parti, lungo il periplo, da una costa all’altra e nell’entroterra, ha dato i suoi frutti.
Chi ‘nni sacciu se e quanto, i francisi pigghiarono spunto unni nuatri o viceversa. In questi casi si perde il capo del discorso e non si saprà mai chi per primo ha fatto cosa, opuru se ‘sta cosa della forma della brioscia col tuppo l’anventammu ‘nsemmola, buh!
Per non di meno a ciò, ccà semu e di chistu parramu. Attento a mmia, la brioscia col tuppo ha un impasto morbidissimo molto ricco, non sembrerebbe, invece lo è eccome, ci sono molti ingredienti  e la lavorazione è molto lenta.
La pasta brioche francisi è un impasto lievitato molto soffice, ricco di burro e uova leggermente aromatizzato alla vaniglia, con una lievitazione lenta. Un dolce non troppo dolce buonissimo per la colazione, mangiato tiepido è una visione mistica.
Delle due cose c’è di pigghiari sulu la forma, differenze ci nnì sunnu “a lavare”, non ultima i francisi fanno uso di uno stampo per la cottura invece per chidde nostre no e poi con le brioscine col tuppo siciliane ci voli una pacienza di santi. Credimi.

Pan brioche di Francia

400 g di farina
un cucchiaino di estratto di vaniglia fatto in casa oppure i semi di una bacca di vaniglia
90 g di zucchero
9 g di lievito di birra fresco
4 uova
180 g di burro morbido
3 g di sale
un tuorlo sbattuto con qualche goccia di latte per spennellare
la sera prima metti nell’impastatrice la farina, lo zucchero, il lievito sbriciolato, la vaniglia, uova e il burro morbido, aziona la macchina e aggiungi il sale. Otterrai un impasto molto appiccicoso. Infarina na spianatoia di legno e continua a lavorare l’impasto. Realizza una palla, ponila dentro una ciotola copri con la pellicola e metti in frigo per tutta la notte. La mattina dopo tira fuori dal frigo l’impasto per circa un’ora. Rimettilo sulla spianatoia e lavoralo per riscaldarlo ancora. Preleva una porzione di circa 80 g e fanne una pallina; ricomponi l’impasto maggiore e ponilo dentro uno stampo da brioche francese imburrato e infarinato, fai un incavo sulla sommità della palla e poni la pallina più piccola. Inserisci la teglia nel forno spento con la luce di cortesia accesa e fai lievitare dalle 3 alle 4 ore. L’impasto lievitato dovrà arrivare al bordo. Trascorso il tempo necessario alla lievitazione spennella con il tuorlo sbattuto con poche gocce di latte. Accendi il forno e porta a una temperatura di 170- 180°C (la temperatura dipende dalla potenza del tuo forno), e cuoci per circa mezz’ora. Fai la prova stecchino per verificare la cottura. Sforna e fai raffreddare un paio d’ore almeno.

 

a ciascuno il suo

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Sacrifici sono: sacrifici che cominciano alle 4 del pomeriggio in una giornata di festa quando in famiglia reclamano il dolce nonostante l’abbuffata del pranzo. Allora nenti fazzu? Impasto n’anticchiedda di farina e, durante la lievitazione, penso già a dei bomboloni farciti con i vari gusti della confettura Squeezita, a ciascuno il suo gusto, appunto.

squeezita

450 g di farina tipo 1
10 g di lievito di birra
un pizzico di sale
80 g di zucchero di canna più quello per ricoprire i bomboloni
125 g di latte
50 g di burro a pezzetti
2 uova piccole
50 g di acqua
olio per friggere
confettura Squeezita, tutti i gusti
Mescolate la farina con lo zucchero e il lievito sbriciolato. Scaldate il latte, mettete il burro e fatelo sciogliere mescolando, unite l’acqua e fate intiepidire. Impastate la farina aggiungendogli ingredienti liquidi poco alla volta, unite il sale e le uova leggermente sbattute. Il composto finale sarà parecchio idratato, trasferitelo su una spianatoia, se lo avete lavorato dentro un mixer, e lavoratelo ancora aggiungendo farina se occorre, senza esagerare dovrà rimanere umido.
Realizzate una palla e ponetelo dentro una ciotola coperta con la pellicola o con un telo umido e fate lievitare fino al raddoppio, circa due ore. Recuperate l’impasto, lavoratelo ancora sulla spianatoia e dividetelo in 10 panetti da circa 80 g l’uno, poneteli su un tagliere leggermente infarinato, discostati tra di loro, coprite con un canovaccio e fate lievitare ancora fino al raddoppio, circa un’ora.
Scaldate l’olio in un pentolino dai bordi alti e friggete, poco per volta, i bomboloni, poneteli a scolare su carta da cucina per assorbire l’unto in eccesso. Rotolate i bomboloni in una ciotola piena di zucchero di canna, praticate un taglio a croce sulla sommità, adagiate il pratico erogatore della confettura scelta e riempite i bomboloni con la confettura Squeezita. Poi mi cuntate.

 

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cambia_farine

Il cambia_farine prevede una inversione di tendenza, proseguo dunque, con una carrellata di cose strane. Oggi mi sfirnicio col miscelare farine diverse dalle solite avvelenate; lungi da me fare la catastrofista ma con l’aumentare delle intolleranze mi faccio una domanda e mi do una risposta. Cosa che ognuno di noi dovrebbe fare, passarsi una mano sulla coscienza.

Pane con farina integrale e amaranto.
300 g di farina integrale senatore Cappelli
50 g di farina di amaranto
100 g semola di rimacinato
un cucchiaio di miele
un cucchiaio di olio extra vergine d’oliva
5 g di lievito di birra
10 g di sale
250 ml di acqua tiepida (circa)
per la finitura
un cucchiaio di acqua
qualche goccia di olio extra vergine d’oliva
un cucchiaino di semi di lino
impastate le farine con il lievito sbriciolato e il miele, aggiungete poco per volta l’acqua tiepida, il sale e l’olio. Se usate l’impastatrice, quando l’impasto incorda attorno al gancio spegnete la macchina e ponete la massa sulla spianatoia leggermente infarinata, allargatela, schiacciandola leggermente, e fate delle pieghe prendendo un lembo superiore e ponendolo verso il centro, girando l’impasto ogni volta. Girate al contrario la massa, con le pieghe verso il basso, ponetela in una ciotola e fate lievitare per circa un’ora nel forno spento con la luce accesa. Trascorso il tempo prendete l’impasto, sgonfiatelo e ripiegatelo verso il basso, poggiatelo su una teglia o sul piatto della pentola del pane infarinata se l’avete, effettuate dei tagli, spennellate con una miscela di acqua e olio, distribuite i semi di lino e una spolverata di semola di rimacinato, coprite con la cloche, e fate lievitare un’ora e mezza sempre nel forno spento con la luce accesa. Tirate fuori dal forno la “le pain” accendete il forno a una temperatura pari a 230°C, e infornate per circa 40-45 minuti. Per la cottura, in generale, basatevi sulla conoscenza del vostro elettrodomestico. Se non avete la pentola per il pane in ceramica smaltata, potete usare una pentola in alluminio oppure cuocete su una teglia modificando la temperatura e inserendo una piccola teglia con dell’acqua.