GELO!

D’estate ci vogliono le cose fresche, lo so anch’io che ci sguazzo nel caldo e nell’appiccicaticcio. Fresche, anche se non gelate; il gelo, da noi, è una gelatina, un dolcetto tremolante non troppo duci e rinfrescante. Se gustato in piccole dosi è perfetto. Dategli la forma che più vi piace, può diventare un semplice, accattivante e ottimo dessert, oppure un buon ripieno per una crostata. Nella ricetta tradizionale l’acqua viene profumata con un bicchiere di fiori di gelsomino; ma c’è chi pensa che il ciavuru du ciuriddo sia troppo forte. Si porta a bollore e poi si fa raffreddare prima di eliminare i fiori. Alcuni mettono dentro anche la zuccata, io no. 
Gelo ‘i miluni
500 g di anguria senza buccia e senza semi
500 ml di acqua
150 g di zucchero
90 g di amido di frumento
20 g di gocce di cioccolato
1 bacca di vaniglia
fiori di gelsomino, granella di pistacchi e gocce di cioccolato per decorare
frullate l’anguria con l’acqua, passate poi a setaccio. Mettete il succo in un tegame con lo zucchero e l’amido setacciato e aggiunto poco alla volta mescolando per evitare i grumi. Unite i semi della vaniglia e la bacca stessa, portate a ebollizione a fuoco leggio mescolando ripetutamente. Fate sobollire uno o due minuti, spegnete e fate raffreddare, mescolando ogni tanto. Eliminate la bacca e aggiungere le gocce di cioccolato. Dategli la forma che volete, versate nelle ciotoline, in uno stampo a semisfere, in un unico stampo da budino oppure dentro il guscio di pasta frolla già pronto. Ponete in frigo per almeno due ore. Sformate su un piatto da portata e decorate con gocce di cioccolato, pistacchi tritati e fiori di gelsomino.

un quasi mescomè

a meno delle melanzane, e si perché il mescomè è una miscellanea di patate fritte, peperoni fritti e melenzane fritte…quindi questo piatto potremmo chiamarlo semplicemente peperonata con le patate 😀
In estate, perchè siamo in E_STA_TE, adoro preparare le ricettuzze della mamma. Questa è una ricetta tipicamente sicula: attenti a mia.
per due cristiani, pigghiate 500 g di peperoni, una cipolla di Tropea, olio extra vergine d’oliva, 500 g di patate rosse, 300 g di pomodori maturi per salsa e basilico fresco

affettate sottile la cipolla, mettetela in un tegame con 6 cucchiai di olio e 50 ml di acqua, fatela stufare e aggiungete i peperoni, lavati,privati dei semi ed eventuali filamenti. Tagliateli a filetti e poi a metà, uniteli alla cipolla e cuoceteli aggiungendo n’anticchia di acqua calda se il sugo dovesse restringere troppo. A metà cottura aggiungete i pomodori, pelati, privati dei semi e ridotti a pezzetti. Lavate le patate, sbucciatele, tagliatele a tocchetti e friggetele in olio extra vergine d’oliva ben caldo. Quando anche le patate sono cotte unitele ai peperoni, cuocete ancora cinque minuti e spegnete il fuoco; salate, pepate, cospargete con il basilico sminuzzato con le mani.

ma com’è che non li avevo fatti mai?

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Cose, cose, cose da pazzi, in tant’anni di onorato servizio cuciniero, mai li fici. Vergogna!
I pitoni (o pidoni) messinesi sono un cibo da asporto tipico della provincia di Messina; sono calzoni farciti con indivia, tuma, pomodoro e pezzetti d’acciuga, praticamente la versione infagottata, della focaccia messinese, in un impasto brioches. Il segreto lu voi sapiri qual è?
La cottura.
Vergognosamente fritti sono.
Per ottenere 19 pitoni ho impastato 350 g di farina 0 e 350 g di semola di rimacinato con 350 ml di latte tiepido, 60 g di strutto, 40 g di olio extra vergine d’oliva, 60 g di zucchero, 15 g di sale, 15 g di miele d’acacia, 12 g di lievito. Mettete la farina nell’impastatrice (o lavorate di olio di gomito), sbriciolatevi il lievito, unite lo zucchero e lo strutto a pezzetti, impastate aggiungendo poco alla volta il latte, il sale, l’olio e il miele. Realizzate una palla, ponetela, dentro una ciotola coperta con un canovaccio, dentro il forno spento con la luce accesa. Fate lievitare fino al raddoppio. Se dovete mangiarli la sera vi consiglio di impastare la mattina per consentire la lenta lievitazione. Nel pomeriggio riprendete l’impasto e porzionatelo in palline di circa 68g ciascuno; infarinate una spianatoia di legno e poggiate le palline  per la seconda lievitazione, coprite con un canovaccio.
Nel frattempo preparate il ripieno; lavate e asciugate un piccolo cespo di lattuga indivia, tagliatelo a pezzetti e mettetelo in un contenitore. Lavate 300 g di pomodorini datterino, tagliateli a metà, metteli in un colapasta e salateli; elimineranno l’acqua di vegetazione. Riducete in piccoli pezzi 300 g di tuma o formaggio dolce tipo Galbanino. Spezzettate delle acciughe sott’olio e collocate tutti gli ingredienti in successione sul piano di lavoro.
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Non dimenticare di disporre anche una ciotolina piena d’acqua. Prendi una pallina di pasta, stendila, con le mani o con il matterello, sul piano leggermente infarinato, realizzando un disco sottile. Metti al centro due pezzetti di acciuga e una piccola parte di ogni ingrediente preparato; intingi gli indici nell’acqua e bagna il contorno del disco; chiudi il pitone e sigillalo prima con le dita e poi con i rebbi di una forchetta. In una friggitrice o in una pentola colma d’olio, friggi due pitoni per volta. Dopo la cottura, poggiali su carta assorbente coperti con un foglio dall’alluminio per mantenerli caldi.
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a ripa di mare

oggi il ciavuru, di mare arrivava fino a casa mia, non abito distante ma stamatina si sentiva preciso come se fossi a ripa di mare. Unu s’arricria magari dopo una nottata mallitta, quest’aria mi riempie i polmoni di sale benefico. Pare di sentirmi meglio, le cose mi parunu cosicedde, cose di vento, fissarie .
pasta con ragù di triglie su macco di piselli
per 4 cristiani
scegliete una pasta callosa, io ho usato i Pici di Toscana trafilati al bronzo presi da Tastexp
340 g di pasta lunga
mezzo chilo di triglie
500 g di piselli freschi
200 g di pomodori datterino
200 g di finocchietto di montagna
mezza cipolla rossa
2 spicchi d’aglio
2 cucchiaini raso di zucchero
olio extra vergine d’oliva
50 ml di vino bianco secco

sgusciate i piselli e metteteli a stufare in una casseruola con un soffritto di cipolla tritata finemente e un cucchiaino raso di zucchero; coprite con dell’acqua e fate cuocere per almeno un’ora,  se durante la cottura l’acqua si asciuga aggiungetene dell’altra bollente. Quando, rimestando di continuo, i piselli si disfano, avrete ottenuto il macco, una sorta di purea che vi servirà da fondo per la pasta; salate e mettete da parte.
Lessate il finocchietto, lavato e mondato, in abbondante acqua bollente per una quarantina di minuti o fino a quando sarà tenero, tritatelo e mettetelo da parte. Pulite le triglie, eliminate le interiora, le pinne dorsali, le squame, le teste, le lische e quante più spine potete. Apritele a libro e tagliatele in 4 pezzi. Tritate uno spicchio d’aglio, rosolatelo con 2 cucchiai d’olio aggiungete il pesce e fatelo saltare per fare insaporire. Quando prendono colore sfumate con il vino e fate evaporare ma non completamente; aggiungete il finocchietto mescolate per insaporire e spegnete. In un tegame soffriggete uno spicchio d’aglio tritato finemente, aggiungete i pomodorini tagliati a metà, cospargete con lo zucchero e fate stufare per una decina di minuti, fino a quando appassiranno. Unite le triglie al pomodoro fate sobollire il condimento per pochi minuti, aggiustate di sale e poi spegnete. Cuocete la pasta nell’acqua di cottura del finocchietto,  scolatela al dente dentro il tegame con il condimento e fate mantecare su fuoco vivo per pochi istanti. Impiattate distribuendo sul fondo del piatto il macco di piselli e sopra la pasta.

mare di Sicilia

Bastano i raggi di un sole caldo ma lèggio di maggio, per rasserenare il mio animo; chi mi conosce sa perfettamente che d’inverno il mio umore è parecchio mutevole, diventa scurusu se la giornata appare scurusa al mio risveglio. Anche nella bella stagione capita che all’orizzonte ci siano nuvole cariche di pioggia, come oggi. Ecco, oggi il mio umore annegherà assamarato d’acqua. Meteoropatica sugnu, accussì si dice in italiano. Aspetto che cominci, per me, il periodo più bello dell’anno, caldo estivo e passate di scirocco che tolgono il fiato. AH! Finalmente, caldo e mare a tinchitè. Ma il mare smorca il pititto e cosa c’è di meglio di una focaccia da portare in ripa di mari per fare un pic-nic e, perché no, festeggiare un compleanno speciale sulla spiaggia? Buon compleanno mamà! Com’è il tempo da te?
La ‘mapanata è una focaccia di derivazione spagnola, la empanada: un pasticcio di carne, pesce o formaggio avvolto in pasta di pane. In Sicilia sono presenti due tipologie di impasti per fare le ‘mapanate, uno di pane e l’altro più simile ad una frolla. Un modo opulento di servire una pietanza, uno scrigno che cela la meraviglia delle meraviglie 😀
Quella che vi propongo, può essere servita come antipasto ma anche come secondo, accompagnata da una insalata di pomodori freschi e aglio a pezzi grossi.

‘Mpanata di alici
per 4 cristiani
per l’impasto:
500 g di semola di rimacinato di grano duro
10 g di lievito di birra fresco
2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
350 ml di acqua tiepida
un cucchiaino di zucchero
11 g di sale
per il ripieno:

500 g di di alici fresche
uno spicchio d’aglio
5 rametti di timo
25 g di capperi sotto sale
80 g di pangrattato
2 pomodorori sodi
olio extra vergine d’oliva
sale aromatizzato alle erbe
pepe macinato al momento

Preparate la pasta mettendo nella planetaria la farina e il lievito sbriciolato; accendete la macchina al minimo, impastate aggiungendo l’acqua tiepida in cui avrete sciolto lo zucchero e infine unite il sale e l’olio. Otterrete un impasto molto idratato e appiccicoso, coprite con un canovaccio e fate riposare nel boccale della macchina per mezz’ora. Nel frattempo lavate e diliscate le alici sotto l’acqua corrente, tamponatele con della carta assorbente e mettetele da parte. Infarinate, con la semola, il piano di lavoro adagiate l’impasto e, con le mani infarinate, allargatelo e fate un giro di pieghe, mettetelo in una ciotola coperta con un canovaccio umido dentro il forno spento con la luce accesa; fate lievitare per due ore.  Preparate il ripieno mescolando in una ciotola il pangrattato con le foglioline di timo lavate e asciugate, i capperi e l’aglio tritati finemente.Spolverate il piano da lavoro con abbondante semola di rimacinato, stendete l’impasto lievitato con le dita, allargandolo, poi, con il mattarello, stendete una sfoglia rotonda sottile e adagiatela sul pizza stone (o dentro una teglia  antiaderente) precedentemente spolverato con semola di rimacinato; distribuite un filo d’olio su tutta la superficie aiutandovi con pennello oppure con le dita. Su metà del cerchio di pasta, sistemate a strati metà del pangrattato aromatizzato, le alici, i pomodori tagliati a fette e un filo d’olio, salate con il sale alle erbe, finite con il pangrattato e una spolverata di pepe nero. Sovrapponete l’altra metà della pasta e sigillate la parte inferiore  su quella superiore intrecciando i bordi.Infornate in forno caldo a 190°C per 35 minuti. Sfornate e servite tiepida 

muffuletta, muffoletta, vaconza o vastedda…

sempre di panuzzi conditi con l’olio nuovo si tratta:D
è tradizione mangiare questi panini dopo la spremitura delle olive, tipicamente avveniva a ridosso delle feste di tutti i Santi e della commemorazione dei defunti.

ho cercato la ricetta in giro sul webbe e chista truvai bedda assai,
poi sono andata dal mio panettiere e con nonchalance ci dissi:
-” maaaaaaa, con che farina le fate le muffolette…tutto rimacinato?”
e iddu:
-“sissi”
e poi…:
-“maaaaa il malto lei me lo venderebbe?”
-“non saprei nemmeno quanto venderglielo io lo compro a pacchi”
io ho pensato;…e regalamelo n’anticchia no?
va be niente ci fa!

bisogna fare comunque una precisazione; questo pane lo trovate di forme diverse, a Palermo trovate le pagnottine tonde e gonfie con il sesamo e in alcuni paesi della provincia invece, sono schiacciate, senza sesamo e di diversa pezzatura.
questa è la mia ricetta:
1 kg di farina di rimacinato
10 g di lievito di birra
2 cucchiai di miele
circa 500 ml di acqua
100 ml di olio
20 g di sale

 

per il condimento:
olio extra vergine d’oliva NUOVO!!!
600 g caciocavallo fresco
sale, pepe e origano
acciughe sott’olio

nella planetaria mettete la farina e il sale, mettete in funzione la macchina al minimo e con il gancio mescolate. Aggiungete il miele continuate ad impastare, nel fattempo sciogliete il lievito nell’acqua tiepida, aggiungetela alla farina e sempre mescolando unite l’olio poco alla volta.  Realizzate le pieghe del secondo tipo di Adriano, cioè allargate l’impasto sulla spianatoia, […] si prende un lembo, si stende leggermente e lo si porta al centro, poi si prende l’angolo che si è formato a destra, si stende leggermente e lo si porta al centro. Si procede allo stesso modo con l’altro angolo che si è formato a destra. Si continua fino a chiudere il giro.[…] Desunto dal blog “Profumo di lievito” di Adriano.
Mettete l’impasto in una ciotola coperta con un telo umido, dentro il forno spento luce accesa per 2 ore o fino al raddoppio. Dopo realizzate delle piccole porzioni di pasta di circa 100 g e formate dei panetti che farete lievitare coperte ancora mezz’ora. Trascorso il tempo necessario per la seconda lievitazione, schiacciate e allargate i panetti, infornate in forno caldo a 220°C per circa 10 minuti. Questi panuzzi sono stati cotti nel forno a legna dei mie cognati in campagna, in questo caso pochissimi minuti di cottura perchè s’annunca s’abbruciano. Fate raffreddare prima di condirle con l’olio nuovo, pezzetti d’acciuga, sale, pepe, origano e il caciocavallo a fettine.

‘a frittedda

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‘A frittedda potrebbe sembrare una frittata o qualcosa di simile e invece…no!
è un piatto a base di verdure freschissime, un contorno cotto in umido facilissimo ma anche un condimento per la pasta. Forse ‘nanticchiedda camurriusu per la preparazione ma  talmente buono che ti scordi del lavoro al primo boccone. Ah! viene mangiato anche nella versione agrodolce, ma non da me.

ingredienti per 4 persone
1 kg di fave fresche
600 g di piselli freschi
un mazzetto di finocchietto di montagna
3 carciofi piccoli
2 scalogni
peperoncino a piacere
4-5 cucchiai di olio extra vergine d’oliva
sale e pepe
1 limone

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Sgrana i piselli e sgusciate le fave, se sono piccoline e tenere meglio, in caso contrario elimina la buccia dura, immergendole in acqua bollente per qualche minuto. Monda i carciofi, (qui è molto diffusa la varietà con le spine) elimina le punte, le foglie più dure e il fieno; affettali a spicchi e mettili in acqua acidulata con il limone spremuto.
In una padella fai dorare nell’olio lo scalogno affettato sottilmente, aggiungi i carciofi, le foglioline tenere del finocchietto tritate e cuoci per circa 10 minuti con mezzo bicchiere d’acqua, unisci le fave e i piselli, fai insaporire e versa ancora un bicchiere d’acqua. Aggiungi il sale e il peperoncino e cuoci a fuoco basso per circa 20 minuti con il coperchio, poi ancora altri 5 minuti senza il coperchio.
Nella versione in agrodolce, basterà aggiungere alle verdure già cotte, l’aceto mescolato allo zucchero, fai evaporare a fuoco vivace e poi fai riposare.

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i nostri morti

Altro che halloween, qua non si ha paura dei i morti ma dei i vivi ahahahah!
Qua si commemorano si, ma con delle tradizioni speciali. Quand’eravamo piccoli, i nostri genitori la sera dell’uno novembre, coinvolgevano me e mio fratello nella preparazione della tavola. Predisponevamo un piatto per uno, con i nostri nomi e la letterina con ciò che desideravamo, indirizzata ai morticini, un vezzeggiativo amorevole per ricordare chi non c’è più fisicamente tra noi. Si chiudevano le porte di accesso al salone e si andava a dormire. La mattina dopo, secondo antica tradizione del nonno Peppino (mio bisnonno), la mamma bussava alla porta chiedendo permesso alle anime che fossero in ritardo…noi eravamo elettrizzati ma non volevamo disturbare le povere anime 😉
poi era una festa! I piatti erano puntualmente pieni zeppi di frutta martorana, morticini (altri dolci tipici della festa) e regali per noi. Era bello davvero, la domanda di rito era:”che ti hanno portato i morti?”
🙂

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La frutta martorana o pasta reale è un dolce dolcissimo, tipico della tradizione siciliana, si narra che […]la frutta di Martorana sia nata perché le suore del convento della Martorana a Palermo, per sostituire i frutti raccolti dal loro giardino ne crearono di nuovi con mandorla e zucchero, per abbellire il convento per la visita del papa dell’epoca.[…]da Wikipedia
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A Palermo si prepara in casa anche per coinvolgere i bambini, è davvero divertente!

questa è la ricetta a freddo, più facile e più veloce:
ingredienti
500 g di mandorle
500 g di zucchero a velo
1 cucchiaio di glucosio
1 fialetta di aroma alla mandorla
1 fialetta di aroma alla vaniglia
1 tazzina e mezza di acqua
formine di gesso per i fruttini
coloranti alimentari in polvere
acqua o alcool per diluire i colori
Macinate le mandorle pelate e poi amalgamate la farina ottenuta con lo zucchero a velo, fate un foro al centro, aggiungete il glucosio e poco alla volta l’acqua. Impastate con un cucchiaio di legno per amalgamare ben bene e poi finite sulla spianatoia con una spolverata di farina di mandorle. Realizzate una palla velocemente perchè il calore delle mani scioglie l’olio contenuto nelle mandorle, fatela riposare mezz’ora in frigo. Foderate le formine con della pellicola, prelevate una porzione di impasto e fatela aderire nella formina con una spatola, estraetela e diponetela su una gratella per dolci, realizzate la frutta fino ad esaurimento dell’impasto e fate indurire per un giorno o due. Con dei pennelli per alimenti, sciogliete i colori che vi servono in base ai frutti scelti e rifinite la vostra pasta reale. I maestri pasticceri lucidano la frutta con la gomma arabica, sembra vera!

Ricetta a caldo:

Macinate le mandorle pelate fino a ridurle a farina. Sciogliete lo zucchero, in un tegame abbastanza grande da contenere la farina, insieme con l’acqua fredda e portate a bollore. Fuori dal fuoco aggiunte l’essenza di vaniglia e la farina di mandorle. Amalgamate bene fino a che il composto non avrà assunto una consistenza compatta, liscia e morbida che si staccherà dalle pareti del tegame.
Bagnate un piano di marmo con dell’acqua e adagiate la massa di mandorle ottenuta. Fate raffreddare leggermente e poi lavorate ancora un po’  per renderla ancora più liscia. Recuperate gli stampini in gesso; porzionate un salsicciotto sporcandovi le mani con dello zucchero a velo, realizzate una palla con la porzione dell’impasto e adagiatela dentro lo stampino, premendo bene, poi , delicatamente estraete la forma ottenuta ponetela a riposare per 24 ore prima di dipingerla, lucidarla e adornarla con piccioli e foglie decorative.

Spaccatelle melanzane e pesce spada


Altra ricetta messinese che t’acchiappa la gola in un vidiri e svidiri, che manco rinesci a dire ne’ ah ne’ bah!
😉
Semplice ma con i giusti accostamenti, un po di dolce e un po’ di salato, tutto molto ben bilanciato secondo me, e quando i pomodori, quelli veri, saranno maturi allora mi direte. Una pasta estiva, fresca ma importante, di quelle paste che realizzi quando vuoi fare una gran bella figura…quella che spero di aver fatto questa sera con il nostro ospite del NODD 🙂
allora chi faciti? pigghiate un pizzuddu di carta e na pinna
;D

Ingredienti per 4 cristiani
320 g di spaccatelle
200 g di pesce spada tagliato a cubetti e senza pelle
2 spicchi d’aglio piccoli oppure uno bello grosso
1 melanzana media lunga
600 g di pomodori rossi a grappolo
1 cipolla rossa di tropea
la punta di un cucchiaino di zucchero
1 ciuffo di prezzemolo
un mazzetto di menta
100 ml di vino bianco
peperoncino q.b.
sale
olio extra vergine d’oliva

Mondate la melanzana, lavatela ed eliminate parte della buccia. Tagliatela a cubetti e friggetela in abbondante olio caldo, poi ponetela a scolare l’unto in eccesso su un foglio di carta assorbente. Lavate i pomodori e sbollentateli qualche minuto in acqua bollente, eliminate la buccia e i semi, tagliateli a cubetti e fate scolare l’acqua di vegetazione. Con una mezzaluna tritate l’aglio, il peperoncino e la cipolla, poneteli in un largo tegame a soffriggere con un po’ di olio rimasto della frittura 😀
fate appassire e poi aggiungete i pomodori, cuocete fino a far stringere il sugo. Ponete la salsa in una ciotola, nella stessa padella sporca di sugo, mettete il pesce spada e fatelo saltare con l’unto della padella su fuoco vivace, irrorate con il vino e fate evaporare. Aggiungete la salsa e cuocete ancora 10 minuti; unite le melanzane e fate insaporire. Tritate il prezzemolo e la menta insieme, e aggiungeteli al composto di melanzane. Salate, “zuccherate” e fate riposare il tempo della cottura della pasta. Quando è al dente scolatela nel tegame su fuoco medio, con un’idea di acqua di cottura. Saltate e servite.
Abbiate cura di conservare un po’ di sugo per cospargerlo sulla pasta prima di servirla.
miii che buona
🙂

Caponata di melanzane

La caponatina, anche questo piatto potrebbe stare benissimo tra quelli “della consolazione”, uno sfiziceddu di gola in agrodolce che piace a molti. La caponata di melanzane è un piatto fritto, ah! ma che meraviglia… c’è tanto di quel fritto che il suchetto oleoso che si forma è impossibile non ‘nzupparlo col pane e poi è uno dei piatti preferiti del commissario Montalbano.
Ingredienti per 6 cristiani:
6 melanzane medie
1 cuore di sedano con le foglie
100 g di olive verdi snocciolate
20 g di capperi dissalati
350 g di passata di pomodoro
90 g di aceto di vino bianco
10 g di zucchero
una manciata di foglie di basilico
4 cipolle di Tropea
olio extra vergine d’oliva

Lavate le melanzane, eliminate il picciolo e parte della buccia, tagliatele a dadini e lasciatele per un’ora in un colapasta, cosparse di sale a perdere l’acqua di vegetazione.
Sciacquatele, asciugatele e friggetele in abbondante olio caldo. Quando saranno dorate, sgocciolatele e ponetele su carta da cucina.
In una larga padella soffriggete in un fondo d’olio, il sedano a pezzetti e la cipolla affettata a rondelle per circa 15 minuti, le verdure dovranno essere appassite; aggiungete la salsa, le foglie di basilico, le olive affettate e i capperi dissalati, aggiustate di sale se necessario, pepate e cuocete per una decina di minuti su fiamma moderata. Versate quindi l’aceto e lo zucchero; mescolate e fate parzialmente evaporare . Unite le melanzane al sugo, mescolate, fate insaporire qualche minuto e spegnete il fuoco. Mangiatela a temperatura ambiente, potete anche conservarla in barattoli, una volta in frigo si mantiene per qualche giorno. Io l’adoro tirata fuori dal frico e mangiata con una bella scanata di pane

Nelle diverse preparazioni alcuni usano passolina (uva passa) e pinoli, oppure dei pistacchi. Mi è capitato di aggiungere un cucchiaio di uva passa ammollata preventivamente in acqua tiepida e strizzata e 30 g di pinoli, aggiunti insieme con la passata di pomodoro, peccato però che al mio sposo la variante non è piaciuta. Lui un tipo all’antica è! La ricetta originale voleva, nessun upgrade. Ma non è una critica no, no, dice che lo fa per migliorare il piatto.